[MAESTRI DELLA STORIA] Bruce Lee, incontro con il TAO (道)
C’è qualcosa di misterioso e di solitario che c’era prima del cielo e della terra, è immutabile, inafferrabile.
È l’unità e il vuoto, percorre eternamente un circolo ed è inesauribile, per quella che può essere chiamata “la madre di tutte le cose”, io non conosco il suo nome, ma faccio uno sforzo e lo chiamo TAO.
Tentare di spiegare il Tao sarebbe un lavoro impossibile.
Come minimo si dovrebbe scrivere un altro libro sul TAO The King e nonostante questo non ce la faremmo, perché invece di avvicinarci al Tao ci saremmo allontanati.
Perché il Tao nella sua essenza è inspiegabile e inesprimibile, si sente o non si sente, ma non si può descrivere.
Perché per quanto si parli di lui è difficile arrivare alla sua piena comprensione, principalmente in un mondo così materialista.
Forse alcuni possono pensare che questa sia un’utopia, qualcosa di irreale, creato dall’immaginazione di alcuni, tuttavia risulta insolito che tutti i grandi Maestri abbiano descritto la stessa cosa: l’unione tra la mente e il corpo con l’ambiente circostante, qualcosa di tanto facile da spiegare, ma al tempo stesso tanto complicato da fare e, soprattutto da applicare…
Alcuni esempi storici sul TAO
MASUTATSU OYAMA
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale Mas Oyama è un 4° dan di Karate, forgiato e indurito dagli orrori della guerra e dell’occupazione, è allora che avviene un fatto che cambia completamente la sua vita e le sue motivazioni: l’avvio di una guerra civile tra il Nord e il Sud della Corea.
Questa divisione del suo paese natale lacera il cuore del giovane esiliato coreano, che non sopporta di vedere come la sua gente sia spinta a massacrarsi reciprocamente, in una lotta fratello contro fratello.
Profondamente deluso e schifato di tutto, Mas Oyama si lascia prendere dalla disperazione e dal disinteresse.
Abbandonando tutto, il mondo gli sta cadendo addosso.
Quando conosce un Maestro carismatico di Karate Goju-Kai, anch’egli di origine coreana, questo mistico personaggio gli dà solamente un consiglio, abbandonare la sua vita attuale, ritirarsi in una montagna e coltivare nella natura il suo corpo e il suo spirito, e forse così riuscirà a ristabilire il suo equilibrio emozionale.
Oyama comprende che solo un cambio radicale di esistenza può restituirgli la gioia e l’energia, perciò decide di seguire i consigli del Maestro.
Il resto è già pubblicato sulla sua biografia in un precedente articolo.
YAMAGUCHI GOGEN
Quando la Seconda Guerra Mondiale finì, il Giappone era materialmente e moralmente distrutto, davanti a questo desolante scenario, Yamaguchi Gogen pensa di ricorrere all’Harakiri.
Un giorno pregando per la purezza dello spirito prima di commettere il suicidio, ha una rivelazione che cambia il suo destino.
Visualizza la sua missione: la ricostruzione della scuola Goyu Ryu per aiutare il Giappone e il mondo.
Dopo quella visione intensifica i suoi allenamenti di Karate, ma ancor di più la meditazione e la pratica della religione Scintoista, della quale è monaco e che considera indissociabile dal suo Karate.
Lo Scintoismo era la religione ancestrale dei giapponesi, la cui base è la venerazione dei principi della natura e il contatto con essa attraverso pratiche sui monti, mari e fiumi.
Per questo motivo il Maestro era solito andare una volta al mese in montagna per mettersi in contatto con la natura e meditare nella più assoluta solitudine, oltre che per perfezionare i suoi Kata sotto le cascate d’acqua gelida cercando di mantenere il suo spirito sereno, pur essendo nel mezzo delle più severe condizioni.
MORIHEI UESHIBA
Secondo diversi racconti, dopo anni di pratica e allenamento in diverse arti marziali, un giorno ebbe una visione che cambiò completamente la sua vita.
Attraverso di essa trovò il suo equilibrio con l’universo.
Su questo ci sono molti scritti e le spiegazioni su questa fantastica visione non smettono di essere incredibili.
Alcuni raccontano che vide una specie di gnomo o folletto, il quale gli raccontò i segreti dell’Universo, in altre biografie raccontano che un giorno, meditando, contemplò come il suo spirito si fondesse in lui formando carne e anima in un unico blocco, coscienti ambedue di questa unione…
La cosa certa è che dopo aver avuto la succitata visione, cambiò completamente vita, si iniziò a chiedere a cosa servisse sconfiggere un avversario, quali benefici ne avrebbe avuto, perché se hai sconfitto una persona, prima o poi ti sconfiggerà un altro rivale, il vincitore di oggi sarà lo sconfitto di domani.
Un giorno avrebbe perduto quella vitalità e avrebbe trovato qualcuno di più giovane e con meno conoscenze che lo avrebbe sconfitto.
Morihei cercava quell’arte marziale in cui la forza bruta passasse in secondo piano e prevalesse la tecnica, nella quale esistesse un equilibrio universale e grazie alla quale qualunque persona, per quanto debole fosse, potesse sconfiggere qualunque rivale, per quanto forte o giovane fosse.
A partire dall’idea che la forza non è tutto nelle arti marziali, creò il concetto basilare dell’Aikido che è Al:unione, Ki: vita, energia e Do:via o strada.
La via dell’armonia con l’energia universale, con questo concetto cominciò a lavorare e a perfezionare la tecnica di base per due anni, fino a sviluppare quello che oggi è l’Aikido.
Tutti i grandi Maestri delle arti marziali hanno un denominatore comune: la rivelazione del TAO
Un giorno hanno un’esperienza che cambia completamente la loro vita e le loro concezioni delle arti marziali, cioè che li spinge a contemplare tutto da un’ottica diversa, da allora esiste un “prima” e un “dopo” nella loro esistenza.
Grazie a quel momento o esperienza, riescono a trovare l’equilibrio tra mente e corpo, vale a dire l’unione tra l’uomo e il suo ambiente.
Da allora acquisiscono quel grado di “intendimento” che fa si che i loro progressi nelle arti marziali siano notevoli, segnando un sentiero che altri, più tardi trasformeranno in strada.
Nel caso del Piccolo Drago non poteva essere altrimenti
Esiste uno scritto dello stesso Bruce Lee in cui spiega quel momento trascendentale della sua vita.
La cosa curiosa in questo caso è che successe quando aveva 17 anni, era molto giovane.
Tuttavia, dopo averlo letto, non vi è spazio per i dubbi, quel “momento” ebbe luogo quando navigava solo in un giunco nel porto di Victoria (Hong Kong), grazie ad esso Bruce Lee riuscì a raggiungere quello che i cinesi chiamano Tun Wu e i giapponesi Satori.
Lo Zen considera questo momento come un intendimento spirituale inaspettato o un risveglio nei sensi del quale l’uomo aderisce con la natura.
È ciò che i cinesi denominano Tao
Quell’esperienza cambiò la vita di Bruce Lee ed evidentemente anche la sua filosofia di vita.
Anni dopo il Drago descrisse questo cruciale momento con una grande quantità di dettagli e sfumature, in uno dei suoi scritti scolastici dell’università, intitolandolo “un momento di comprensione” fu scritto nel suo primo anno di facoltà, quando studiava filosofia e sorprende per la sua semplicità e la sua profondità rende comprensibile ai neofiti quella connessione tra l’uomo e il “Tao”.
Un qualcosa che altri Maestri tentarono con scritti molti più ampi e spiegazioni più estese, ma secondo la mia opinione, meno chiari.
Un altro “tocco” della genialità del “Piccolo Drago”, il Gung Fu è il tipo di pratica molto particolare un’arte splendida più che un puro esercizio fisico, l’arte consiste nel coniugare l’essenza della mente con le tecniche su cui lavorare.
Il principio del Kung Fu non è qualcosa che si può imparare come una scienza, mediante costrutti e cercando riscontri.
In sostanza infatti deve crescere spontaneamente, come un fiore, in una mente libera da emozioni e desideri, il nucleo di questo principio del Gung Fu è il Tao, la spontaneità dell’universo.
Un aneddoto del Piccolo Drago
Dopo quattro anni di duro allenamento, cominciai a capire e sentire l’essenziale, che altro non era che l’armonia di queste pratiche, l’arte di neutralizzare il rivale, minimizzando l’uso della mia energia, tutto questo deve essere fatto con calma e senza sforzo.
Tutto sembrava semplice, ma nella pratica risultava molto difficile da fare
Quando affrontavo un avversario in combattimento, la mia mente era completamente turbata e instabile, specialmente dopo aver dato e ricevuto una serie di colpi e calci, tutta la mia teoria di armonia era sparita, l’unico pensiero che persisteva era quello di dover, in un modo o nell’altro, attaccare e sconfiggere il mio avversario.
Un giorno il mio Maestro di Wing Chun, si avvicinò a me e mi disse: “Loong, rilassa e calma la tua mente, dimentica te stesso e segui i movimenti del tuo rivale, lascia agire liberamente la tua mente, senza nessun tipo di ragionamento che interferisca, soprattutto impara l’arte della separazione”.
E lì stava la soluzione: dovevo rilassarmi, tuttavia, in quello stesso momento avevo appena fatto qualcosa di contrario alla mia volontà, questo accadde nel preciso istante in cui mi dissi: “devo rilassarmi”
La pretesa dello sforzo in quel “devo” era già di per sé in contraddizione con l’idea di rilassarmi, soprattutto mentre la mia accentuata timidezza cresceva fino a quella che gli psicologi chiamano “doppio legame”, per me era terribilmente difficile farlo, allora il mio Maestro si avvicinò nuovamente e mi disse “Loong, prova a liberarti e a lasciarti trasportare dai tuoi istinti naturali, senza che tu interferisca, ricorda che non devi mai contraddire la natura: non ti opporre mai ostinatamente a nessun problema, ma cerca piuttosto di risolverlo analizzandolo, non allenarti questa settimana, vai a casa e pensaci su“.
La settimana seguente rimasi a casa, dopo aver passato varie ore a meditare e allenandomi, mi diedi per vinto e decisi di uscire in barca un momento da solo, in mare pensavo a tutto il mio allenamento passato, mi irritai con me stesso e diedi un colpo sull’acqua, giusto in quel momento mi sovvenne un’idea: non era proprio quell’acqua la vera essenza del Gung Fu?
La colpii nuovamente e non subì nessun danno, sferrai un altro colpo con tutte le mie forze e, ovviamente ancora una volta l’acqua non subì alcun danno, quindi tentai di afferrarne un po’ ma fu impossibile.
L’acqua, la sostanza più serena del mondo, potrebbe riempire qualunque recipiente acquisendone la forma, benché sembri debole, potrebbe penetrare la sostanza più grezza e dura della terra, ecco il punto!
Io dovevo essere come l’essenza dell’acqua! Improvvisamente un uccello che volava, si riflettè sull’acqua del mare, in quell’istante, mentre io ero assorto nella lezione dell’acqua, mi venne rivelato un altro significato mistico dell’enigma: non è che forse i miei pensieri e le mie emozioni di fronte al mio avversario dovessero essere come il riflesso di un uccello sull’acqua?
Questo era esattamente ciò che il professor Yip Man voleva dire quando parlava di slegarsi, non si trattava di non possedere pensieri o sentimenti, piuttosto essi non dovevano bloccarmi, dovevo in primo luogo accettarmi in relazione con la natura e non contrappormi ad essa, finalmente sentivo di essermi unito con il Tao, mi ero unificato con la natura.
Ero disteso dentro la barca e la lasciai scivolare liberamente sull’acqua in sintonia con la sua volontà, da quel momento ottenni uno stato di benessere peculiare e non ci furono più conflitti nella mia mente, la totalità del mondo è l’unità.
In virtù di quell’esperienza la mentalità di Bruce Lee cambiò
In virtù di quell’esperienza, la mentalità di Bruce Lee cambiò, forse in quei momenti non era pronto a “quello“.
Ciò che è indiscutibile è che quell’esperienza lo segnò e, come gli altri Maestri, gli indicò la strada da seguire, trasformando quella “lezione“ nel principio del Jeet Kune Do, dove impera l’adattabilità di fronte a qualunque avversario e circostanza, senza opporre resistenza, fondendosi con l’ambiente, come piegava Bruce Lee in una delle sue più conosciute massime:
Sii come l’acqua, l’acqua non ha forma e tuttavia ce l’ha.
È l’elemento più morbido della terra, ma penetra nella pietra più dura. Non ha una propria forma, ma può adattarla all’oggetto che la contiene.
In una tazza acquisisce la forma di una tazza, in un vaso da fiori adotta la forma del vaso e circonda i fusti dei fiori, mettila in una teiera e si trasforma in teiera.
Per favore, osserva l’adattabilità dell’acqua, se la comprimi a gran velocità, fluisce velocemente, se la comprimi lentamente, fluisce pian piano.
Può sembrare che l’acqua si muova in modo contraddittorio, perfino verso l’alto, ma in realtà sceglie qualunque strada libera per poter arrivare al mare, può fluire rapidamente o lentamente, ma il suo proposito è inesorabile, il suo destino sicuro…
Bruce Lee impregnò il Jeet Kune Do dell’ideologia che abbiamo appena letto
La base del JKD tratta l’individualismo, l’auto espressione e la capacità dell’uomo di imparare ad adattarsi in modo immediato e armonioso a qualunque ostacolo che possa trovarsi durante il tragitto.
Attraverso questo processo di adattamento, Bruce Lee pensava di poter superare tutte le difficoltà.
Il suo punto di vista era diverso, la sua prospettiva della condizione umana unica e, soprattutto, la filosofia della quale fu pioniere, ha indicato una via da seguire nelle arti marziali.
Sfortunatamente si è considerata solo la grande diffusione delle arti marziali che realizzò con i suoi film o i suoi eccezionali attributi fisici.
Tuttavia Bruce Lee fu, come abbiamo potuto vedere, molto più di questo.
Suppongo che trasmettere questo, in quegli anni, quando non si conoscevano nemmeno le arti marziali, fosse qualcosa di molto difficile, in ogni modo la sua eredità è li, ora è compito dei suoi allievi e praticanti di Jeet Kune Do perpetuarla e diffonderla.
Note
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Redattore presso Nuova Isola