Dom. Mar 9th, 2025

Cronaca (estero)

Cronaca estero

Iran, precipita elicottero. Disperso il Presidente iraniano Raisi

Il Presidente iraniano è scomparso. È precipitato nel pomeriggio di domenica 19 maggio 2024 l’elicottero sul quale viaggiava il Presidente della Repubblica Islamica Ebrahim Raisi. Secondo la TV di stato iraniana citata da varie fonti, l’elicottero ha avuto un «incidente» e ha dovuto effettuare un «atterraggio duro». Ebrahim Raisi, di 63 anni, è alla guida dell’Iran dall’agosto 2021.

Lo schianto sarebbe avvenuto al confine con Azerbaigian. Nonostante le prime false speranze che dichiaravano la cosa come un «nulla di grave», i contatti con il velivolo presidenziale e la sua scorta si sono interrotti subito dopo l’incidente per non venire più ripristinati, rendendo la situazione da subito preoccupante. Gli ultimi attimi del presidente iraniano Raisi sono stati immortalati in un video divulgato pubblicamente.

La rispota dei soccorsi

Decine di mezzi di elisoccorso assieme a squadre di droni, cani ed ambulanze sono stati subito dispiegati, finora senza successo. I media iraniani parlano anche di un dispiego delle forze armate in supporto dei mezzi di ricerca e soccorso.

Al calare della notte Ebrahim Raisi risulta ancora disperso, così come il ministro degli Esteri Hossein Amir-Abdollahian che viaggiava con lui. Di conseguenza, ufficialmente il presidente iraniano risulta ancora scomparso.

Su richiesta di Teheran l’Unione europea ha attivato l’assistenza Copernicus, ovvero il servizio di mappatura satellitare di risposta rapida per aiutare i soccorsi complicati dalle condizioni meteo avverse.

In risposta a questa crisi Giorgia Meloni, lunedì 20 maggio, presiederà una riunione con il vicepremier e ministro degli esteri Antonio Tajani, il ministro della difesa Guido Crosetto, il ministro dell’interno Matteo Piantedosi, il sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano ed i vertici dell’intelligence. Altri capi di stato hanno fatto sapere il loro intento di seguire la vicenda con attenzione.

L’Ayatollah Ali Khamenei ha dichiarato nel frattempo alla nazione iraniana «Speriamo che Dio riporti l’onorevole presidente e i suoi compagni tra le braccia della nazione. Tutti preghino per la salute di questo gruppo di servitori dello Stato»

Perchè il presidente iraniano si trovava in elicottero

Ebrahim Raisi era stato in Azerbaigian questa mattina per inaugurare una diga assieme al suo omologo azero Ilham Aliyev. Rimessosi in volo per tornare nella capitale, il mezzo sul quale viaggiava si è trovato colto da condizioni meteo proibitive.

Superato il confine i mezzi sarebbero infatti entrati in un’area con scarsa visibilità, a causa della quale si sarebbe verificato l’incidente. Gli elicotteri della scorta presidenziale, secondo i soccorritori, dovrebbero essere caduti vicino alla città di Jolfa, nello specifico in una zona montuosa non lontana dal confine con l’Azerbaigian.

(in copertina immagine di repertorio Wikimedia Commons)

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Iran, TV di stato conferma: Il Presidente Raisi morto nello schianto

Il Presidente della Repubblica Islamica Ebrahim Raisi, conferma la Mezzaluna rossa iraniana, sarebbe morto nello schianto del suo elicottero. L’incidente era avvenuto nel pomeriggio di domenica 19 maggio presso una località montuosa al confine con l’Azerbaigian. Assieme al Presidente sarebbero morti tutti i membri della scorta ed i suoi accompagnatori, incluso il ministro degli Esteri Hossein Amir-Abdollahian. Le cause dello schianto sarebbero dovute al maltempo incontrato dal velivolo.

Nonostante l’ampio numero di risorse dispiegate, non ci sarebbe stato nulla da fare fin dal principio. Non sono ancora noti il luogo e l’ora della cerimonia funebre. Sono inoltre ancora in corso le operazioni definitive di identificazione dei corpi carbonizzati.

Secondo i soccorritori che hanno ritrovato la carcassa dell’elicottero, quest’ultimo sarebbe infatti bruciato subito dopo lo schianto, bruciando vivi tutti i passeggeri. Già al primo approccio ai rottami i soccorritori avevano comunicato fin da subito al campo-base l’assenza di alcun segno di vita, scoprendo in seguito i resti umani analizzando lo scenario.

RETTIFICA: Inizialmente si parlava di aver perso il contatto con l’intero convoglio presidenziale. Contrariamente, riferisce RAI news, dei tre gli elicotteri del convoglio solo in due sono poi arrivati regolarmente a destinazione, lasciando quindi disperso solamente quello con a bordo il Presidente.

La TV di stato iraniana ha definito il defunto presidente «martire del servizio». Comunque ancora non si sa se il velivolo sia caduto o costretto ad un atterraggio d’emergenza.

La macchina gerarchica iraniana non si è scompigliata troppo però. Secondo la costituzione vigente, Il vicepresidente dell’Iran Mohammad Mokhber, è il primo nella linea di potere dopo il presidente Ebrahim Raisi «nel caso di morte, licenziamento, dimissioni, assenza o malattia superiore a due mesi» di quest’ultimo.

Con un messaggio pubblico, l’Ayatollah Ali Khamenei, guida suprema del paese, ha assicurato inoltre che non ci saranno vuoti di potere. In una nota ufficiale del governo riportata da Ansa viene dichiarato: «Assicuriamo alla nazione leale che, con l’aiuto di Dio e il sostegno del popolo, non ci sarà la minima interruzione nell’amministrazione del Paese».

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Genocidio in Ruanda, morti gli ultimi ricercati dalle autorità ruandesi

Stando alle ricerche sarebbero morti (sfuggendo alla giustizia) gli ultimi ricercati per il genocidio del 1994 in Ruanda. Si trattava di due uomini d’affari, uno conosciuto solo col nome di Ryandikayo e l’altro invece chiamato Charles Sikubwabo.

Stando agli uffici preposti, nella lista dei ricercati non ci sarebbero più fuggitivi di grosso calibro nei registri dell’ICTR (International Criminal Tribunal for Rwanda) e l’ICTY (International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia), ovvero i tribunali internazionali creati negli anni novanta per investigare e perseguire i criminali di guerra ruandesi e dell’ex-Jugoslavia. Tuttavia, le autorità della Repubblica del Ruanda, sostengono di stare ancora cercando circa 1.000 altri fuggitivi da processare per il genocidio.

Entrambi gli uomini erano accusati di istigazione e partecipazione ai massacri delle persone di etnia tutsi. Il genocidio del Ruanda, perpetrato dal 6 aprile fino alla metà di luglio del 1994, è noto per aver massacrato, secondo le stime ufficiali, almeno cinquecentomila persone. Le stime sul numero delle vittime però col tempo sono cresciute, fino a raggiungere cifre fino ad un milione di vittime dei massacri. La fine delle indagini a loro carico l’ha dichiarata, dopo 29 anni, l’International Criminal Tribunal for Rwanda (ICTR). Entrambi i criminali, stando alle indagini, sarebbero però morti già dal 1998.

«Il mio Ufficio ed Io siamo lieti che oggi il nostro lavoro è stato portato a termine con successo» – affermava il 15 maggio 2024 Serge Brammertz, procuratore capo dell’International Residual Mechanism for Criminal tribunals (IRMCT)

Le attività del tribunale internazionale

Fin dal 2020, la squadra di localizzazione dei latitanti dell’Ufficio del pubblico ministero dell’ICTR ha localizzato tutti gli otto supericercati dal tribunale internazionale del Ruanda. Queste operazioni hanno poi portato all’arresto due dei latitanti: Félicien Kabuga, a Parigi nel maggio 2020, e Fulgence Kayishema, nella città di Paarl in Sudafrica a maggio 2023. Il pubblico ministero dell’ICTR ha infine confermato la morte di altri sei latitanti: Augustin Bizimana, Protais Mpiranya, Phénéas Munyarugarama, Aloys Ndimbati e gli stessi Ryandikayo e Charles Sikubwabo.

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Corte dell’Aia: Stop offensiva a Rafah, «Rischio genocidio»

La Corte internazionale di giustizia dell’Aia ordina ad Israele di fermare la distruttiva offensiva militare a Rafah. Pur non qualificando con tale termine l’offensiva, viene ordinato ad Israele di prendere una serie di misure per prevenire «Nel rispetto della convenzione internazionale per la prevenzione del genocidio».



Il caso contro Israele all’Aia è stato aperto a gennaio dopo l’accusa presentata dal Sudafrica. Negli ultimi giorni la stessa aveva chiesto nuovamente alla Corte di ordinare lo stop alle operazioni militari. Con questi ultimi provvedimenti, il Sudafrica ha accolto con favore la decisione definita «più forte» della Corte.

La decisione della Corte è stata presa con una maggioranza schiacciante di 13 voti contro 2. La Corte dell’Aia ha poi chiesto ad Hamas la liberazione «immediata e incondizionata» degli ostaggi ancora prigionieri a Gaza dal 7 ottobre 2023.

Il giudice Nawaf Salam ha dichiarato che la situazione è cambiata da quando la Corte ha emesso i suoi precedenti ordini di misure cautelari e dunque possono essere richieste nuove misure di emergenza.

Stop offensiva a Rafah, le reazioni all’ordinanza

Per il ministro israeliano per la Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir (citato dal giornale israeliano Ynet e riportato da Open.online): «L’irrilevante sentenza della Corte antisemita dell’Aia dovrebbe avere una sola risposta: l’occupazione di Rafah, l’aumento della pressione militare e la completa distruzione di Hamas, fino al raggiungimento della completa vittoria nella guerra».

Hamas ha accolto invece con favore la decisione della Corte, aggiungendo però che quanto da essa ordinato non è ancora abbastanza.

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Somalia, 3.000 terroristi uccisi negli ultimi 6 mesi

MOGADISCIO: Il presidente della Repubblica federale somala Hassan Sheikh Mohamud ha annunciato che le forze federali governative hanno ucciso più di 3.000 terroristi di Al-Shabaab. Oltre a ciò circa altri 3.700 terroristi sono stati feriti dall’inizio delle operazioni militari guidate dal suo governo.

Il governo federale della Somalia sta compiendo passi da gigante nella battaglia contro il terrorismo da quando il nuovo presidente somalo si è insediato a partire dal 15 maggio 2022.

Stando ad un rapporto del Ministero della difesa, le forze governative hanno liberato dalle forze terroristiche circa 70 città. Questo è stato possibile grazie all’azione sinergica fra le forze armate somali e la popolazione locale.

Questo traguardo giunge in concomitanza alla seconda fase dell’offensiva militare contro la stessa Al-Shabaab. Quest’ultima, negli ultimi decenni, ha messo a ferro e fuoco l’intera Somalia accanendosi particolarmente contro la stessa popolazione somala.

Al-Shabaab ha subito nell’ultimo periodo svariate sconfitte in tutto il territorio federale. A causa di ciò il governo somalo ha pianificato un’ulteriore operazione di sicurezza nella capitale. Lo scopo di questa azione sarà assicurarsi che i terroristi in rotta non causino danni ai civili ed alla città come rappresaglia.

Il ministro della sicurezza interna Abdullahi Mohamed Nur ha aggiunto al riguardo che l’operazione messa in atto ha come scopo la protezione dei civili e della città affinché niente e nessuno venga disturbato durante il mese sacro del Ramadan.

Sempre dal governo infine viene assicurato che l’impegno nella battaglia contro il terrorismo avviene nel pieno rispetto delle leggi internazionali e locali in materia di condotta bellica e dei diritti umani.

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Note


Israele prende di mira le zone umanitarie di Gaza

Con un lancio capillare di volantini lo Stato di Israele ha ordinato lo sgombero di alcune zone popolate del centro della Striscia di Gaza. I bersagli erano stati in precedenza definiti come «safe zone umanitarie» o comunque zone di interdizione ai combattimenti. Le aree interessate sono la zona nord di Khan Younis e la parte orientale di Deir al-Balah.

Gli esperti della IDF fanno sapere di avere identificato delle aree che sarebbero utilizzate dai miliziani palestinesi per il lancio di razzi sul territorio israeliano. Oltre a ciò, i promulgatori del diktat non hanno fornito ulteriori prove alla loro tesi. Stando alle fonti, agli occupanti civili della zona (svariate migliaia con a carico bambini) non verrà fornita alcuna assistenza per facilitargli lo sgombero.

Profughi palestinesi estranei alla violenza vengono continuamente sgomberati dalle zone umanitarie per “ragioni di sicurezza” dagli inizi del conflitto. Per chiunque si rifiutasse verrebbe inevitabilmente coinvolto negli scontri. Gli sfortunati finirebbero infine per perire sotto le bombe israeliane. Una storia simile è accaduta al marito di Amal Abu Yahia, madre di tre figli, morto nella sua stessa casa nel quartiere di Khan Younis.

Stando ai resoconti locali, i soldati della IDF continuano a ritornare a rastrellare zone dichiarate precedentemente “liberate” bombardate a tappeto all’inizio del conflitto riducendole in polvere. Secondo il commissario dell’UNRWA Philippe Lazzarini, il sistema dei campi profughi risulta estremamente insufficiente, costringendo migliaia di sfollati ad accatastarsi i zone umanitarie che in poche giorni diventano sovraffollate.

Il ruolo di Russia e Stati Uniti nel conflitto di Israele

Il principale alleato israeliano, gli USA, comunicano tramite Kamala Harris di stare costantemente lavorando per un cessate il fuoco. Per la vicepresidente candidata alle presidenziali «Israele ha il diritto di contrastare i terroristi di Hamas, però, come ho già detto molte volte, ha anche un’importante responsabilità nell’evitare vittime civili». Anche la Russia tenta ad incentivare una distensione del conflitto. Già a febbraio si sono tenuti a Mosca colloqui diplomatici per tentare di riunificare il fronte palestinese, diviso in diverse fazioni politiche e militari (le principali la stessa Hamas ed il partito Fatah guidato dall’attuale Presidente della Palestina Mahmūd Abbās). Sempre il Presidente della Palestina ha comunicato che incontrerà presto Vladimir Putin per proseguire i colloqui di riconciliazione.

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L’Aia: Sinwar (Hamas) e Netanyahu colpevoli di crimini di guerra.

La Corte penale internazionale dell’Aia emette alcuni mandati d’arresto per «Crimini di guerra». Oltre che per il capo di Hamas (gruppo considerato dall’Unione Europea e da gran parte dell’Occidente un’organizzazione terroristica), Yahya Sinwar, spicca anche un secondo nome: Benjamin Netanyahu.

Secondo il procuratore capo della Corte penale internazionale Karim Khan i capi d’accusa (ad entrambi i leader) sono per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Se si contesta al leader di Hamas la strage del 7 ottobre 2023, l’Aia contesta al premier Netanyahu la campagna militare distruttiva lanciata nella Striscia di Gaza. Secondo gli osservatori, non è mai successo prima d’ora che il tribunale dell’Aia prendesse di mira un Paese alleato degli Stati Uniti (un provvedimento del genere era stato emesso di recente contro Vladimir Putin per la sua condotta in Ucraina).

Nello specifico, le accuse contro Netanyahu sono di «aver causato lo sterminio, usato la fame come metodo di guerra – inclusa la negazione degli aiuti umanitari – e preso di mira deliberatamente i civili durante il conflitto». Nello specifico anche il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant è accusato di crimini simili.

La sentenza dev’essere obbligatoriamente riconosciuta da tutti i firmatari del trattato di adesione alla Corte (Tutta l’UE, Italia inclusa). Israele e gli Usa però attualmente non hanno firmato il Trattato di adesione alla Corte.



L’Aia contro Netanyahu e Hamas, le reazioni alla sentenza

Netanyahu, furioso ed oltraggiato dal decreto, ha affermato che questa presa di posizione «non fermerà nè me nè noi». In generale, gran parte della scena politica israeliana, opposizione inclusa, si è detta offesa dalla sentenza. Neanche Hamas ha gradito l’editto, poiché «Mette sullo stesso piano la vittima e l’aggressore». Secondo il leader dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, Wasel Abu Youssef, la mossa della Corte penale internazionale «fa confusione su chi sia realmente la vittima. Il popolo palestinese ha il diritto di difendersi».

Infine secondo Joe Biden, formalmente amico di Israele ma anche lui sempre più in contrasto per la condotta di guerra spregiudicata operata finora,  «La richiesta del procuratore della Corte penale internazionale di mandati di arresto contro i leader israeliani è vergognosa»

(in copertina immagine di repertorio Wikimedia Commons)

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