Arti marziali

La nuova era del Ju Jitsu

Agli albori del Ju Jitsu lo Shogun, riscontrando nel periodo antecedente alla restaurazione dell’era Meiji (1868) la presenza di circa 1000 Ryu differenti, alcuni con migliaia, altri con poche decine di Ryusha, per conferire loro ordine e ufficialità impartì nel 1843 l’ordine di redigere il Bu Jutsu Ryu soroku (il trattato sulle scuole dell’arte del combattere) in cui si evidenziavano i 159 Ryu più importanti dell’epoca.

Ancora oggi le autorità giapponesi preposte scelgono ogni anno 46 Ryu per rappresentare i vari Ryugi nel Taikai (manifestazione sulle arti marziali tradizionali) che si svolge nel Budokan (il luogo dove si studiano e si praticano le arti marziali) di Tokyo.

I Ryu di Ju Jitsu sono in continua evoluzione tecnica e lo studio e il perfezionamento degli stili non deriva solo da uno spirito di miglioramento, ma anche dall’esigenza, come nel passato, di chi deve usufruire di quest’arte per compiti specifici, come nel caso della polizia o dei corpi speciali.

Negli ultimi anni il Ju Jitsu si è infatti affermato come valido supporto tecnico a chi vuole affrontare lo studio della difesa personale

A questo proposito è interessante sapere che già nel 1947 gli esperti della polizia giapponese avevano creato il Taiho Jutsu (un metodo per l’attacco e la difesa), un insieme di tecniche desunte dal Ju Jitsu e da diverse discipline marziali appropriate pe l’uso degli interventi di ordine pubblico e in azioni contro la criminalità.

Esso comprende inoltre tecniche di Taihen Jutsu (l’arte di muoversi silenziosamente), di Keibo Soho (le tecniche di bastone corto attinenti alla difesa), di Tokushu Keybo (il bastone telescopico) e molte altre ancora che vengono continuamente aggiornate e perfezionate.


IL JU JITSU IN ITALIA

Il Ju Jitsu, o “lotta giapponese“ come allora era denominato, fece la sua prima apparizione in Italia nel 1908 nel corso di una dimostrazione, a cui presenziò la famiglia Reale.

Fu tenuta da due sottufficiali della regia marina, il cannoniere Raffaele Pizzola e il timoniere Luigi Moscardelli, che lo avevano appreso durante il loro servizio in Estremo Oriente.

Questa esibizione suscitò grande interesse, ma rimase fine a se stessa, come una semplice curiosità orientale

Quello che non riuscì ai due pionieri, riuscì ad un altro sottufficiale cannoniere, Carlo Oletti, che frequentò gli stessi corsi dei due colleghi già rimpatriati.

Egli praticò il ju jitsu sotto la guida del Maestro Matsuma, campione della marina militare nipponica, approfondendolo nei Ryu di Nagasaki, Miatsu, Hokodate e Tauruga.

In Italia si riparlò di Ju Jitsu nel 1921, quando si istituí alla Farnesina la Scuola centrale di educazione fisica per l’esercito

Il colonnello comandante inserì tra gli sport anche il Ju Jitsu, chiamando a dirigere i corsi proprio il sottufficiale Carlo Oletti che tenne l’incarico fino al 1930.

In questi dieci anni si qualificarono 150 ufficiali esperti e 1500 sottufficiali istruttori.

La “lotta giapponese“ comparve per la prima volta in un circolo sportivo civile nel 1923, presso la palestra Cristoforo Colombo di Roma.

Nel 1925, gli esperti cultori di Ju Jitsu, che sino ad allora avevano praticato presso enti militari e in circoli sportivi civili, si riunirono con quelli del Judo e fondarono la Federazione Italiana JU Jitsu e Judo.

Poco più tardi assunse il nome di Federazione Italiana Lotta Giapponese, il primo presidente fu Giacinto Pugliese.

Dopo la seconda guerra mondiale numerosi Dojo di Ju Jitsu erano presenti in tutta Itali

Dopo la seconda guerra mondiale e la forzata interruzione delle attività federali dovuta alle traversie degli avvenimenti politici e bellici dell’epoca, numerosi Dojo di Ju Jitsu erano presenti in tutta Italia, sostenuti da molti appassionati di questa disciplina.

Nel 1947, il Judo si staccò dalla federazione perché integrato dal CONI come disciplina sportiva della FIAP (Federazione Italiana Atletica Pesante).

Il Ju Jitsu manteneva invece i presupposti prettamente legati allo spirito originale della disciplina: la difesa personale e il combattimento.

Tra le scuole italiane si distinse quella del Maestro Gino Bianchi

Esperto e studioso di quest’arte, codificò un programma tecnico ad uso dei praticanti:il cosiddetto “metodo Bianchi“.

Nel corso dei decenni in Italia, il Ju Jitsu ha subito diverse vicissitudini politico-sportive che lo hanno portato solo nel 1985 a far parte di nuovo di una federazione olimpica:la FILPJK (Federazione Italiana Lotta Pesi Judo Karate.

Negli ultimi anni si sono affiliate alla federazione nazionale più di 200 società con un significativo incremento del numero dei praticanti tesserati, anche grazie al lavoro della Commissione Tecnica Nazionale Ju Jitsu FIJLKAM (Sigla aggiornata nel 2000, Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali), che ha riorganizzato e sviluppato il programma tecnico basato sul menzionato “metodo Bianchi“ e inserito lo stile della scuola tradizionale HONTAI YOSHIN RYU.

Allo studio e approfondimento della disciplina, deciso dal Consiglio Federale per non alterare lo spirito del Ju Jitsu, negli ultimi anni si è venuto ad affiancare lo sviluppo della forma agonistica che, seguendo le regolamentazioni internazionali JJIF (Ju Jitsu International Federation), prevede un sistema di combattimento sportivo denominato “Fighting System“ e un sistema dimostrativo denominato “Duo System“

Attualmente in Italia la diffusione del Ju Jitsu, oltre che dalla principale FIJLKAM-CONI , è portata avanti anche da organizzazioni di tipo privatistico che, oltre all’attività agonistica, studiano metodologie tradizionali o moderne derivate da scuole in auge in altre nazioni.

Note


[STORIA CONTEMPORANEA] La MORTE di BRUCE LEE

La morte di Bruce Lee è uno di quegli episodi capace di muovere la macchina che crea i miti, un episodio di caratura mondiale .

Fiumi di inchiostro sono stati consumati sulla questione, ma ancora oggi si sente ogni tipo di stupidità al riguardo.

Esistono tuttavia molti aspetti che sono rimasti oscuri e che oggi dopo una valida ricerca voglio chiarire attraverso questo articolo che per il suo contenuto offre a chi legge la chiara sequenza di avvenimenti che riguardano la sua morte.

In definitiva  questo è il risultato di un lavoro giornalistico impressionante di un famoso esperto in materia: il Maestro Pedro Conde, ma andiamo ai fatti.

Negli studi di doppiaggio di Hammer Hill, Kowloon ( Hong Kong ), si lavora sulla sonorizzazione degli ultimi rulli del film “Operazione Drago“.

L’edificio somiglia più ad un granaio che ad uno studio di registrazione, la giornata è calda, il lavoro pesante, si è scollegata l’aria condizionata per evitare i rumori di fondo.

Lo studio è, virtualmente una sauna, tutto il team è esausto e di cattivo umore per dover lavorare in condizioni simili.

I nervi sono a fior di pelle, Bruce Lee risente della fatica dei mesi precedenti, in una pausa va in bagno per rinfrescarsi, una volta lì sente un fortissimo dolore alla testa, cade a terra, ma non perde conoscenza.

Quando era a terra ho sentito dei passi, non volevo preoccupare nessuno, ho finto, ho iniziato a tastare  il pavimento come se stessi cercando qualcosa“ (commento di Bruce Lee alla moglie Linda poche ore dopo).

Si alza, sente di nuovo quel dolore pungente e cade a terra, questa volta perde completamente conoscenza

Immediatamente comincia a vomitare e ad avere convulsioni, il tecnico del suono dello studio, signor Win, dichiara quanto segue :

”Abbiamo sentito grida provenire dal piano superiore, abbiamo visto qualcuno sdraiato vicino al water, era Bruce Lee . Lo abbiamo raccolto e portato nella sala di doppiaggio, dove lo abbiamo disteso su un divano, gli tremava la bocca come se avesse un attacco di epilessia”

Un operatore corre per i corridoi fino all’ufficio di Raimond Chow, il socio di Bruce Lee. Questi manda a chiamare un medico e si dirige precipitosamente nello studio di incisione.

Bruce Lee mostrava difficoltà respiratorie ed emetteva un suono rauco dalla gola nel momento stesso in cui aveva le convulsioni”.( R. Chow).

Trasportato Bruce Lee al vicino ospedale Battista, Linda Lee si presenta alla clinica dopo pochi minuti, sono avvertiti altri tre medici, tra essi il dottor Peter Woo, in clinica Bruce Lee continua a soffrire di accessi convulsivi alternati a periodi di calma. Suda copiosamente e sembra che ogni respiro sia l’ultimo.

Gli occhi rimangono aperti ma fuori fuoco.

Poco prima delle cinque chiamarono dalla Golden Harvest portarono qualcuno dello studio che si era sentito male, apparentemente aveva qualcosa a che vedere con Bruce Lee, quando arrivarono vidi che si trattava proprio di Bruce Lee, sembrava molto grave. La sua respirazione era molto irregolare, sudava moltissimo, la sua pelle aveva un colore cadaverico, gli occhi rimanevano aperti ma fuori fuoco. Sembrava letteralmente morto” (Dott. Langford )

Per la sua grande forza fisica è quasi impossibile trattenerlo durante le convulsioni

Il personale medico si preparò per eseguire una tracheotomia, nel caso smettesse di respirare, la sua grande forza fisica rende difficile il lavoro, dal momento che è quasi impossibile trattenerlo durante le convulsioni.

Bruce continua a non reagire, il neurochirurgo nota qualcosa di strano: il cranio è troppo voluminoso.

Gli fu somministrato del Mannitolo per ridurre il gonfiore del cervello, man mano che lo facevamo, il suo stato cominciò a migliorare

Dott. Langford

Prepararono la sala operatoria nel caso il Mannitolo non faccia effetto, ma le convulsioni iniziano ad essere meno frequenti e violente, l’infiammazione si riduce nel giro di due ore  Bruce Lee  riprende i sensi.

All’inizio riusciva a muoversi poco, poi aprì gli occhi e fece dei segni, non riusciva a parlare, riconobbe sua moglie e le fece un sorriso, poco a poco recuperò la parola e, quando fu trasferito, scherzava e cominciava a ricordare quello che era successo

Dott. Langford

“Un’analisi del sangue aveva evidenziato un possibile mal funzionamento dei reni, appena potemmo muovere il paziente, lo trasferimmo all’Ospedale Santa Teresa, poiché dispone di impianti migliori.Io avevo intenzione di praticare un elettroencefalogramma e fare delle radiografie del sistema vascolare del cervello iniettandogli una sostanza radio opaca, ma il signor Lee non volle che gli facessimo questo controllo, preferì essere trasferito a Los Angeles per sottoporsi ad un approfondito esame medico

Dott. Peter Woo

Con il Dottor Woo, per la prima volta, viene alla luce il tema del consumo di cannabis da parte del Drago:

Ci disse che, mentre stava lavorando al doppiaggio aveva masticato delle foglie “hascisc” che gli avevano dato, dopo di ciò, ebbe le vertigini e iniziò ad avere nausea e a vomitare fino ad entrare in coma. Raccogliemmo un campione di quello che aveva vomitato e trovammo una quantità importante di hascisc, quindi la nostra diagnosi fu che aveva avuto un’overdose di tale sostanza o che era molto sensibile alla stessa o a qualcuno dei suoi componenti, dal momento che questa era la causa del problema che aveva avuto

Dott. Peter Woo

Secondo quanto racconta Linda, la moglie di Bruce Lee, dopo essersi ripreso Bruce Lee le dice

Mi sono sentito molto vicino alla morte… ma mi sono detto che l’avrei combattuta, ne sarei uscito, non mi sarei dato per vinto, sono sicuro che senza questa predisposizione sarei morto

Il dottor Rersbord diagnostica tale evento come: episodio convulsivo, del tipo più grave di epilessia, la cui causa è sconosciuta.

Una settimana dopo, Bruce Lee va a Los Angeles, un team di medici, guidato dal dottor David Rersbord, lo sottopone ad un’accurata esplorazione cerebrale e realizzano uno studio dei liquidi cerebrali senza trovare alcuna anomalia.

La diagnosi dei dottori fu che Bruce Lee aveva sofferto di un edema cerebrale

Questo Edema è caratterizzato da un’infiammazione anormale, dovuta all’infiltrazione di siero nella cavità cerebrale, sotto la pelle, che provoca alterazioni morfologiche e funzionali .

Può essere il risultato di un’ipertensione capillare, di un ostacolo nei (vasi) linfatici o di un aumento della permeabilità capillare.

Nel caso del “Piccolo Drago” non si trova niente di anormale nel suo organismo, anzi il dott. David Rersbord rimane sorpreso dal fisico di Bruce Lee.

A 33 anni ha un fisico e una vitalità paragonabile a quella di un ragazzo di 18 anni, i medici concludono che Bruce Lee aveva sofferto del “Grande Male“

L’epilessia è una malattia caratterizzata da crisi convulsive con perdita di conoscenza, allucinazioni sensoriali o turbe psichiche, che corrisponde allo scarico funzionale di un gruppo di cellule nervose del cervello.

Si manifesta in tre quadri clinici diversi: Grande Male, Piccolo Male ed Epilessia Parziale.

Il Grande Male è caratterizzato da crisi convulsive generalizzate insorte all’improvviso, senza preavviso. Il malato di solito, grida e cade, la crisi si sviluppa in tre fasi :

  • Fase tonica (il corpo si irrigidisce, gli occhi si socchiudono, si serrano le mandibole);
  • Fase clonica (violenti movimenti agitano il corpo e la testa in tutti i modi);
  • Fase risolutiva (coma profondo, che scompare in un quarto d’ora o meno), il malato non ricorda nulla.

Durante le crisi sono frequenti il morso alla lingua e l’incontinenza degli sfinteri, con la conseguente uscita di urina, per combattere questa malattia, il trattamento normale consiste nel prescrivere una droga che calma l’attività cerebrale.

Questo Edema è caratterizzato da un’infiammazione anormale, dovuta all’infiltrazione di siero nella cavità cerebrale, sotto la pelle, che provoca alterazioni morfologiche e funzionali .

Può essere il risultato di un’ipertensione capillare, di un ostacolo nei (vasi) linfatici o di un aumento della permeabilità capillare.

Nel caso del “ Piccolo Drago” non si trova niente di anormale nel suo organismo, anzi il dott. David Rersbord rimane sorpreso dal fisico di Bruce Lee.

A 33 anni ha un fisico e una vitalità paragonabile a quella di un ragazzo di 18 anni.


I medici concludono che Bruce Lee aveva sofferto del “Grande Male“ (Epilessia)

L’epilessia è una malattia caratterizzata da crisi convulsive con perdita di conoscenza, allucinazioni sensoriali o turbe psichiche, che corrisponde allo scarico funzionale di un gruppo di cellule nervose del cervello.

Si manifesta in tre quadri clinici diversi: Grande Male, Piccolo Male ed Epilessia Parziale. Il Grande Male è caratterizzato da crisi convulsive generalizzate insorte all’improvviso, senza preavviso. Il malato di solito, grida e cade, la crisi si sviluppa in tre fasi :

  • Fase tonica (il corpo si irrigidisce, gli occhi si socchiudono, si serrano le mandibole);
  • Fase clonica (violenti movimenti agitano il corpo e la testa in tutti i modi );
  • Fase risolutiva (coma profondo, che scompare in un quarto d’ora o meno), il malato non ricorda nulla.

Durante le crisi sono frequenti il morso alla lingua e l’incontinenza degli sfinteri, con la conseguente uscita di urina, per combattere questa malattia, il trattamento normale consiste nel prescrivere una droga che calma l’attività cerebrale.

È importante rilevare che nessuno dei suoi familiari soffrì mai di epilessia

A Bruce Lee fu prescritto Dilantino, è importante rilevare che nessuno dei suoi familiari soffrì mai di epilessia, neanche nella sua forma più benigna e nemmeno lui ne soffrì.

Attacchi simili a quelli provocati dall’epilessia possono essere causati dalla mancanza di zucchero o di ossigeno nel sangue, dall’uremia, da lesioni cerebrali che tardano a manifestarsi o da meningiti.

L’epilessia non mostra mai questi precedenti, semplicemente arriva e, anche se apparentemente è il risultato di qualcosa che va male nella chimica del cervello, non se ne conosce il motivo.

Dopo il controllo non si conoscono le cause di tale episodio clinico, alla fine di maggio la famiglia Lee ritorna ad Hong Kong, Bruce Lee torna a lavoro.

Il 20 luglio, alla 13,00 Linda deve andare a fare shopping, più tardi si accorda per mangiare con un’amica, dà un bacio a Bruce per salutarlo.

Questo le comunica che avrebbe dovuto vedersi con Raymond Chow per parlare del progetto del film “L’ultimo combattimento di Chen“ , le dice che probabilmente non sarebbe tornato per cena.

Raymond Chow venne a casa verso le 14,00 e lavorò con Bruce Lee fino alle 16,00, poi andarono a casa di Betty Ting Pei, che avrebbe avuto un ruolo importante nel film” (Linda Lee) .

Poi, i due  vanno a casa dell’attrice, poco tempo dopo Raymond Chow se ne va, alla sera hanno entrambi un appuntamento in un ristorante con l’attore Gorge Lazenby, secondo il portinaio dell’edificio di Betty Ting Pei, arrivano verso le 15:00 e Raymond Chow se ne sarebbe andato approssimativamente un’ora dopo.

Quando termina il suo turno, verso le 20:00, non vede uscire Bruce Lee

Secondo le dichiarazioni dell’attrice,  stavano parlando del film quando Bruce Lee comincia a sentirsi male, Betty Ting Pei gli offre Equagesic, un noto anegelsico che prendono migliaia di cinesi senza ricetta, qualcosa di simile all’aspirina in Occidente, e gli dice di distendersi un po’ sul letto.

Secondo una versione, verso le 21,30 Raymond Chow telefona dal ristorante, ma Betty Ting Pei gli dice che stava ancora dormendo, dopo un po Betty gli telefona dicendo che aveva tentato di svegliarlo e che gli sembrava privo di conoscenza. Chow decide di tornare all’appartamento, sono ancora recenti i fatti del 10 maggio, li trova Bruce Lee incosciente, quindi chiamano d’urgenza un dottore.

Esiste un’altra versione nel ristorante Chow riceve una chiamata da Betty Ting Pei che aveva tentato di svegliare Bruce Lee senza riuscirci, Chow, allarmato, si dirige all’appartamento dell’attrice.

In quel periodo Bruce e Betty si vedono molto spesso e già iniziavano a circolare certe voci di una possibile relazione tra di loro

Raymond Chow vuole evitare lo scandalo a ogni costo, quando arriva all’appartamento tenta di svegliare Bruce Lee, ma questi non reagisce, allora Betty chiama il dottor Eugene Chu, suo medico di famiglia.

Lo trovai sdraiato a letto, sembrava che stesse dormendo, gli feci una visita veloce, aveva le pupille molto dilatate, sembrava che il cuore non battesse, tentai di rianimarlo per almeno dieci minuti,vedendo che non reagiva, chiamai un’ambulanza. All’inizio non diedi importanza al  tempo che passava, non potevo immaginare una situazione così critica. Quando fu trasferito all’ospedale Regina Elisabetta, alle 22,30, i medici tentarono inutilmente di farlo uscire dal coma con ossigeno e massaggi cardiaci “ (Dott. Eugene Chu)

Raymond Chow chiama Linda Lee per comunicarle quello che è successo : ”mi allarmai immediatamente, erano ancora freschi nella mia memoria i fatti del 10 maggio“ . Subito si dirige direttamente all’ospedale, i due si incontrano nella sala d’attesa.

Alle 23,30 i medici danno loro la notizia: “È morto”

Pochi minuti dopo la notizia circola per le strade. Ancora oggi si mescolano diverse teorie, tutte di rimprovero verso le persone che furono con Bruce Lee nei suoi ultimi minuti di vita. Se Betty Ting Pei  avesse chiamato direttamente il dottore, forse sarebbe ancora vivo, il dottore Eugene Chu mandò l’attore al migliore ospedale, ma non al più vicino, si perse tempo prezioso .

Il fatto è che Bruce Lee morì e non ha importanza “quello che poteva essere fatto,ma non si fece“, quello che è successo è passato e non esiste la possibilità di cambiarlo.

Il Re delle Arti Marziali è morto

La notizia si accese come un rigoletto di polvere da sparo, “Il re delle Arti Marziali è morto“ Bruce Lee aveva cambiato l’immagine del popolo cinese nel mondo, era una celebrità in tutto il sud-est asiatico, quindi non fu strano che suscitasse tante aspettative tra i giornalisti  e che tutti tentassero di ricavare più informazioni possibili.

Note


[ARTI MARZIALI] Karate Buyo, le danze marziali di Hiroko Ogido

I parallelismi tra il Karate e alcune danze tradizionali di Okinawa, come accadde nell’antico Kobudo, servirono allo scopo della perpetuazione delle arti in determinate epoche, frutto della mescolanza di quelle danze con il Karate e con il Kobudo.

L’esperta Hiroko Ogido diede vita in seguito a quello che si chiamò Karate Buyo

Molti esperti sono giunti a capire, naturalmente, che le danze tradizionali di Okinawa contengono tecniche di Karate, oltre ad un ovvio utilizzo di armi come il bo, nunchaku, sai, eku, tonfa.

È un tema molto interessante e che, senza dubbio, fa parte della cultura contenuta nelle tradizionali Arti Marziali giapponesi, quella cultura che ancora oggi si conserva.

La maggiore rappresentante attuale di questa mescolanza di Karate e Danza chiamata Karate Buyo è senza dubbio Hiroko Ogido, una veterana allieva di Karate e Kobudo del Gran Maestro Shinpo Matayashi, forse molti conoscono Hiroko attraverso il documentario del National Geographic Channel, dove Hiroko Sensei appariva mostrando la sua Arte di Karate e Danza.

Il fatto che Hiroko Sensei fosse stata allieva del Maestro Masauoshi e che dalla morte di questi nel 1997, si fosse incaricata lei del Dojo del Maestro, gli dette la possibilità di coltivare e perfezionare quest’arte.

Hiroko Ogido è una donna matura molto dinamica, si muove molto ed è molto interessata alla divulgazione di quest’Arte, la sua missione ideale è aiutare il più debole e che il suo Karate Buyo deve migliorare il carattere dei suoi praticanti, enfatizza il fatto che non è uno sport e che si tratta di preservare l’arte tradizionale.

Racconta che le danze antiche tradizionali di Okinawa si chiamano Odoro, la loro fusione con il Karate e il Kobudo forma la nuova arte da lei creata

In realtà quest’arte ha una storia recente , poiché non nasce in quanto tale prima degli anni 50  anche se, logicamente, le sue origini risalgono a secoli fa.

La bellezza dell’arte di Ogido Sensei risiede nelle emozioni contenute che in modo sottile ed elegante affiorano attraverso i movimenti di Danza e Karate , il potere dei suoi movimenti, non esenti del Kime del karateka, è forse progettato specificatamente per le donne, manifestando una grazia particolare attraverso la danza.

È difficile che le donne penetrino in un mondo di uomini, ma Ogido rifiuta di pensare che sia perché non sono all’altezza, poiché altrimenti sarebbero perdute, non bisogna nemmeno dimenticare che questo è il Giappone e che qui, storicamente, la donna è stata rispettata in quanto tale, ma attribuendole compiti molto concreti e molto diversi da quelli dell’uomo, ma forse le differenze sono da apprezzare in alcuni casi, poiché la grazia di una donna è degna di essere vista, non dimentichiamo che nell’antichità gli originali kata potevano benissimo essere danze in onore degli dei.

La mitologia giapponese ci insegna che quando la dea Amaterasu si rifugiò nell’antro della Grotta Celeste lasciando il mondo nella penombra , le danze che fecero i paesani all’ingresso, risvegliarono la sua curiosità e la fecero uscire

Danze che, a quanto pare, avevano qualcosa di simile al kata Rohai del Karate, ma questa è un’altra storia, la cosa certa è che la danza Okinawese, e la sua in parte fusione con il Karate, ha fatto parte della cultura Okinawese da sempre, cosa che la rende un interessante argomento di conoscenza, storicamente, come il Kobudo, permise di utilizzare in allenamento come armi gli utensili da lavoro della vita quotidiana, rendendo così l’arte marziale una pratica segreta, clandestina, dissimulata, in modo simile, anche se con le sue evidenti differenze, anche la danza apportava questa possibilità alla Capoeira Brasiliana.

Nel documento della BBC inglese che a metà degli anni 80 mostrava la vita di Hiroko Ogido offre sul tatami ogni tipo di spiegazione su quello che fa, per prima cosa si osserva kata di bo realizzati da una bambina di appena 5 anni, poi Ogido fa vedere varie dimostrazioni di Karate Buyo.

Le danze okinawesi, come se volessero mostrare il significato del Karate, sono dure e morbide allo stesso tempo

Definendo così quasi l’originale Goju Ryu (duro e flessibile), le posizioni, gli spostamenti, la coordinazione con i movimenti di mano, la posizione della schiena, la distribuzione del peso ecc… sono attentamente vigilati in entrambe le arti.

Ma ci sono altre curiosità di kata di Karate che provengono dalle danze okinawesi, alcuni dei suoi caratteristici kamae (guardie) e varie forme speciali di spostamento sono alcune di queste, in stili okinawesi di karate, spostamenti di kata come per esempio Seishan, si realizzano iniziandoli sui bordi esterni dei piedi e non piantando contemporaneamente tutta la loro superficie.

Questa forma caratteristica che negli stili giapponesi in seguito si è in parte perduta (anche se alcuni la mantengono nel nostro Wado Ryu come l’ha insegnata Ohtsuka Sensei), proviene nella realtà dalla danza e si chiama Sansoku, la speciale collocazione delle caviglie durante lo spostamento, apporta una posizione più favorevole all’articolazione e le da un’azione furtiva.

Si dice che Funakoshi Yoshitaka e altri suoi contemporanei si allenassero in modo così intenso negli spostamenti del Karate (con potenti pestoni a volte fuori luogo) che Gichin dovette far loro vedere che non si trattava di rompere le tavole del tatami ma, al contrario, di essere capaci di spostarsi sopra la carta bagnata senza romperla.

Il dualismo forza e morbidezza, potenza e leggerezza, è sempre esistito nella tecnica del Karate, facendo acquistare alla danza okinawese importanza vitale

Apportando la sottigliezza alla rudezza teorica del Karate, l’eleganza e il controllo necessari per elevare la tecnica alla categoria di arte, facendo un confronto con l’arte della tauromachia, potremmo dire che, così come in questa, non si tratta unicamente di eludere gli attacchi del toro, ma di farlo con eleganza, tecnica e cultura, anche la tecnica del Karate è molto di più di un semplice scambio di legnate.

Le danze di Hiroko Sensei includono non solo tecniche a mani nude ma anche con armi come nunchaku, sai, bo, i vistosi abiti che Ogido indossa nelle sue dimostrazioni, nel più puro stile okinawese, non tralasciano i tradizionali gi e hakama del Karate e del Kobudo, ma la forza di Ogido Sensei non la allontana dalla simpatia che sprigiona.

Note


Taiji Kase: Il X dan Maestro karate Shotokan

Taiji Kase è stato un Karateka e maestro di Karate giapponese

Fu uno dei maestri più preparati e più conosciuti nell’ambito del Karate, considerato come uno dei combattenti migliori ed esecutori di Kata grazie alla sua abilità tecnica, alla sua esplosiva velocità e alla sua potenza.

Nel 2000 gli fu conferito il grado di 10° Dan, a conferma del suo immenso valore

Inizia la pratica delle arti marziali a soli sei anni, il maestro Kase tuttavia, non inizia con la pratica del Karate, ma con lo judo, è all’età di quindici anni che inizia a praticare il Karate alla scuola Shotokan di Tokio.

È stato allievo diretto dei Maestri Gichin e Yoshitaka Funakoshi fa la sua comparsa sulla scena Europea nel 1965, inviato con altri giovani Maestri nel continente dalla Japan Karate Association e da quel momento, se si escludono i brevi periodi del soggiorno Belga, è sempre vissuto a Parigi.

In Europa viene subito apprezzato per le qualità sia umane che prettamente tecniche.

Ciò che sorprendeva in lui era l’atteggiamento pacato e la disponibilità che dimostrava in ogni occasione con i suoi allievi, sia che si trattasse di campioni di alto grado o semplici cinture nere.


Nasce il 9 febbraio 1929 a Chiba, in Giappone, e inizia la pratica delle arti marziali a soli sei anni. Il maestro Kase tuttavia, non inizia con la pratica del Karate, ma con lo Jūdō.

È all’età di quindici anni che inizia a praticare il Karate alla scuola Shotokan di Tokyo. È stato allievo diretto dei maestri Gichin e Yoshitaka Funakoshi.

Il maestro Kase fa la sua comparsa sulla scena europea nel 1965.

Fu inviato con altri giovani maestri nel continente dalla Japan Karate Association. Da quel momento, se si escludono i brevi periodi del soggiorno belga, è sempre vissuto a Parigi.

In Europa viene subito apprezzato per le qualità sia umane che prettamente tecniche

Ciò che sorprendeva in lui era l’atteggiamento pacato e la disponibilità che dimostrava in ogni occasione con i suoi allievi. Sia che si trattasse di campioni di alto grado o “semplici” cinture nere.

La caratteristica principale del suo insegnamento è quella di separare completamente la pratica sportiva dal Karate-dō.

Il Karate-dō è una via, un percorso di formazione e crescita che il maestro Kase intendeva insegnare secondo i precetti del suo maestro e fondatore del Karate Gichin Funakoshi. Era l’incarnazione dello spirito del Karate-dō al quale ha dedicato tutta la sua vita e tutto sé stesso.

Nel 1989 fonda la W.K.S.A. (World Karate Shotokan Academy) oggi S.R.K.H.I.A. (Shotokan Ryu Kase Ha Instructor Academy), l’Accademia che si propone di unire praticanti di diversi paesi che seguendo il suo programma di insegnamento si impegnano a diffondere la vera essenza del Karate-dō Shotokan.

Era di casa anche in Italia, invitato spesso dal maestro Hiroshi Shirai per condurre al suo fianco stage e seminari.

Tutti gli appassionati ricordano le dimostrazioni dei grandi maestri giapponesi al Palalido di Milano, nelle quali il Maestro Taiji Kase era sempre fra le più acclamate punte di diamante.

Durante la permanenza in Francia, ha scritto vari libri sulle arti marziali, tra i quali 5 Heian:

  • Katas, Karaté, Shotokan (1974);
  • 18 kata supérieurs: Karate-dô Shôtôkan Ryû (1982);
  • Karaté-dô kata: 5-Heian, 2-Tekki (1983).

Per i suoi atleti è l’espressione più alta del Karate Tradizionale

Sono la rettitudine del suo comportamento, la sua lealtà e la profonda umanità che erano proprie di questo grande Sensei che lo fanno apprezzare da tutti i praticanti di Karate e non solo. Al di là dei diversi stili e delle singole federazioni.

Note


[COMBATTIMENTO] L’evoluzione storica del Jujitsu

L’inizio della codificazione delle forme di lotta a mani nude, come il Chikara Kurabe (la prova di forza), o del Bu Jutsu (l’arte del combattimento), non ha in Giappone una data certa.

È evidente che il suo sviluppo fu, come purtroppo in ogni altra parte del mondo, legato all’accrescimento delle necessità belliche, sia d’offesa che di difesa, del popolo stesso.

Nel corso dei secoli si è avuta dunque un’evoluzione di queste arti di combattimento e un loro affinamento dal punto di vista tecnico, con un’interdipendenza molto forte e tipicamente orientale dall’aspetto etico, religioso e filosofico.

Questa molteplicità di nozioni tecniche e di regole di vita ha portato sin dall’origine ad una codificazione necessaria per poter essere tramandata nel tempo; nell’epoca feudale, per tutto il periodo del Medioevo giapponese, sino al decreto imperiale del 1876 che privava i Samurai del diritto di portare la katana e il Wakizashi.

La definizione del Jujitsu si attribuiva genericamente alla forma di combattimento a mani nude ed in alcuni casi con armi

Essa era praticata all’interno di una moltitudine di Ryu (le scuole di arti marziali) disseminate per il Giappone.

Le scuole di arti marziali studiavano e tramandavano dal fondatore del Ryu (il Shodai o Soke) e successivamente dal Maestro del Ryu (il Sensei).

Al discepolo migliore della scuola il Libro o Documento Segreto (il Densho) del Ryu, che racchiudeva le spiegazioni delle tecniche segrete di combattimento lasciate in eredità dagli antichi Bushi (i guerrieri).

Il contenuto di questo libro poteva essere reso noto dal Soke solo agli adepti della scuola, era gelosamente custodito dal clan, anche a costo della vita dei suoi appartenenti e aveva diversi livelli di divulgazione anche all’interno del Ryu stesso.

I discepoli più fidati potevano accedere agli Okuden (i segreti) più reconditi, mentre gli altri allievi avevano accesso all’Omote (la parte più semplice e superficiale delle nozioni).

Frequentemente il Juko Gashira era il figlio dello Shodai o del Sensei e prendeva in conseguenza di ciò il titolo di Waka Sensei (Giovane Maestro).

I metodi di combattimento dei vari Ryu erano molteplici e davano la possibilità ai seguaci della scuola di specializzarsi nelle tecniche di Toshunobu (difesa a mani nude con aggressore disarmato), in quelle di Bukinobu (difesa a mani nude con aggressore armato) o nel Bugei (l’arte del combattimento con le armi).

Vi erano anche ulteriori distinzioni all’interno di ogni Ryu e delle suddivisioni in branche dette Ha che generavano altri Cryugi (stili di pratica).

Ogni Ryu professava la sua invincibilità nel combattimento e non era raro che i vari clan si sfidassero in incontri detti Dojo Arashi (la tempesta che si abbatte dove si studia il metodo)

Tutti i praticanti di un Ryu si recavano presso un altro Ryu rivale con il loro Sensei e si battevano per saggiare l’efficacia del proprio stile, il Ryu sconfitto era così disonorato ed i suoi adepti lo abbandonavano per seguire quello del vincitore.

La codificazione più antica di una forma di combattimento in Giappone riguarda il Sumo, la tradizionale lotta legata ai riti dello Shinto (la religione priva di divinità superiori che venera i principi della natura come Il sole, la terra , la pietra, le piante etc), ma nell’epoca Kamakura (1115 – 1333) i Bushi rielaborarono delle tecniche di combattimento senza armi efficaci anche contro un’avversario che ne fosse stato provvisto, derivanti dall’antica arte del Kumi Uchi (tecnica del contatto, dell’afferrare per iniziare il combattimento) e dal Tai Jutsu (l’arte del corpo), di cui non di hanno notizie certe, che presero appunto la denominazione di Jujitsu.

In pratica il jujitsu serviva al Bushi o meglio al Samurai per giungere all’annientamento fisico dell’avversario e spesso alla sua morte senza l’uso delle armi

Questo metodo di combattimento si aggiungeva a quelli riguardanti le armi specifiche, tra cui il Ken Jutsu (l’arte della sciabola) che prese ad avere una parte predominante nell’addestramento dei Bushi e dei Samurai in partire dal X secolo.

Pur avendo come bagaglio tecnico il Kyuba no michi (l’arte del tiro con l’arco e dell’equitazione), i Ryusha nei vari Ryu avevano un addestramento specifico in qualche forma particolare di combattimento che veniva contraddistinto da varie denominazioni e traeva origine molto spesso dall’abilità del Soke in quello specifico stile.

Note


Le tecniche della Muay Boran: dalla tradizione ai giorni nostri

Ai giorni nostri la Muay Thai tradizionale si è sviluppata fino a diventare un popolare sport da ring, diffuso in tutto il mondo. Nonostante il nome quest’ultimo differisce molto dalla Muay Boran; che andremo oggi proprio ad analizzare.

Questo grande sviluppo ha fatto si che si creasse confusione tra il Muay ancestrale e lo sport della Thai,non tutti ricordano che la Box Thailandese, professionale o dilettantistica, deriva dalla applicazione di regole e limiti tecnici imposti alle forme di combattimento studiate in passato in Thailandia come Arti di guerra.

Un chiaro esempio delle azioni pericolose bandite dal contesto sportivo sono tutte le tecniche in stile marziale impiegate nella Muay Boran, come ad esempio i calci nelle parti basse, i pugni a martello, i pugni con le nocche e il dorso della mano, le pressioni sulle parti molli (occhi- gola-genitali), i colpi di gomito alle vertebre o alla nuca, gli attacchi frustati a mano aperta, i colpi di palmo, le testate, molte prese di lotta come quelle alle gambe, numerosi tipi di proiezioni, le leve agli arti, al collo e gli attacchi alla spina dorsale, i soffocamenti ecc …

In un remoto passato, i Maestri di Muay dell’antico Regno del Siam misero a punto un sistema di lotta adattato alle diverse esigenze locali

Nel combattimento sportivo pur estremamente duro e impietoso, per fini di salvaguardia dei contendenti, “solo” i colpi di pugno portati con il guantone da pugilato, i calci, le gomitate e le ginocchiate ed un numero limitato di prese e proiezioni sono attualmente ammesse come azioni offensive, ritenendo molte tecniche praticate nella Muay tradizionale troppo pericolose e potenzialmente letali.

In un remoto passato, i Maestri di Muay dell’antico Regno del Siam, pur se sparsi in regioni del Regno lontane tra loro, grazie alle occasioni di incontro pubbliche, misero a punto un sistema di lotta basato sui principi comuni, adattato alle diverse esigenze locali con il risultato di ottenere uno stile di combattimento molto variegato e sofisticato.

Gli stessi nomi dati alle tecniche di combattimento potevano differire perché assegnati ad un dato movimento da Maestri provenienti da diverse regioni, ma in realtà si riferivano a principi ed azioni analoghe

I pilastri su cui si fondava ogni corrente stilistica e conseguentemente l’intero “corpus” della disciplina erano e sono tuttora rappresentati dalle forme base dette Mae Mai Muay e le forme accessorie dette Look Mai Muay.

Tutto il bagaglio fondamentale di principi, strategie, tattiche ed azioni offensive e difensive del Muay è contenuto nelle forme suddette codificate nel corso dei secoli nel numero standard di 15 Mae Mai e 15 Look Mai, le forme base ed accessorie vengono sempre studiate con un gran numero di varianti estremamente importanti, portando il numero totale a 108 tecniche.

Oltre alle fondamenta  del sistema, ogni Maestro del passato remoto più recente ha nel tempo affinato, testato ed in seguito codificato un numero variabile di tecniche indispensabili per apprendere l’uso delle armi naturale del corpo, dette Chern Muayed

Un numero in continua evoluzione di difesa e contrattacco avanzate, dette Kol May Muaythai, il livello più alto da raggiungere per ogni praticante di Muay Boran è rappresentato dallo studio e dall’applicazione delle Kon Mai Muay, attraverso le quali è possibile raggiungere le radici di ogni corrente stilistica, sia sotto l’aspetto teorico che sotto quello dell’aspetto pratico.

I colpi particolari portati con varie parti della mano, chiusa o aperta, gli attacchi portati con le anche,le spalle, gli avambracci ,così come le torsioni o le rotture  articolari o i colpi multipli (due o tre attacchi contemporanei) eseguiti direttamente o con salti, sono solo una parte dell’enorme bagaglio tecnico offerto dalle Kon Mai, anni di studio e di pratica appassionata sono necessari per tali movimenti complessi parte integrante degli automatismi del vero combattente di Muay.

Oltre alle difficoltà intrinseche di tali tecniche avanzate, come le forme base ed accessorie, anche per le Kon Mai la nomenclatura può rappresentare in prima battuta un notevole ostacolo all’apprendimento, i nomi complessi utilizzati traggono origine dal poema epico Ramakien (versione Thai del Ramayana indiano) o in altri casi dalle azioni tipiche degli animali reali o mitologici, o semplicemente da atti di tutti i giorni, facili da ricordare.

Certamente non per un thailandese, ma per un appassionato straniero la confusione creata da tali nomi non è da sottovalutare

Inoltre, come avviene per le Mae Mai, anche nel caso delle Kon Mai ad uno stesso nome non necessariamente corrisponde la stessa tecnica, nella interpretazione di due diverse scuole , un esempio per tutte è la Kon Mai detta Narai Ban Sian che, per alcuni Maestri rappresenta un colpo di pugno alla tempia, mentre per altri indica un calcio circolare al collo.

E come detto questo non è un caso unico, da tutto ciò, quindi, deriva la necessità imprescindibile di studiare queste tecniche avanzate sotto la continua guida di un Kru Muay esperto, con il rischio in caso contrario di essere indotti continuamente in errore acquisendo difetti gravi difficili da correggere.

Ai fini di una reale completezza l’lMBA ha da sempre voluto inserire nei propri programmi tutte le impostazioni stilistiche provenienti dalle varie regioni del Siam, al fine di fornire ai praticanti di Muay Boran un panorama completo delle possibilità tecniche offerte dal Muay tradizionale, e le tecniche Kon Mai Muay non fanno eccezione a questa regola.

Come si usa dire in Thailandia, il combattimento interpretato nel Muay è come una cascata di gocce d’acqua che cade sulle foglie di loto, le gocce d’acqua seguiranno il contorno delle foglie in maniera armonica e fluida, giungendo inesorabilmente al loro obiettivo da tutte le direzioni.

È questo che deve fare il combattente di Muay, adottando tutti i micidiali mezzi tecnici di cui dispone per aggredire e sconfiggere l’avversario.

Note


Morio Higahonna, il Gran maestro ed eterno allievo

Il 5 settembre 2007, il Maestro Anichi Miyagi concesse a Morio Higaonna il 10° dan di Karate, con il beneplacito di Shuichi Arakaki.

Morio nacque a Naha il giorno 25 Dicembre del 1938

Cominciò a praticare il Karate a 13 anni con suo padre, un poliziotto okinawense praticante di Shoin Ryu,.

Un paio di anni più tardi si allena sotto la guida di un allievo del Maestro Chojun Miyagi, il quale però lo incoraggia a praticare il Goju Ryu ed entra così nel Dojo del Maestro Anichi Miyagi, dove in realtà ad impartire le lezioni era proprio il Maestro Chojun.

Nonostante non fosse conosciuto come Maestro, la tecnica di Anichi era molto pura rispetto a quella di Chojun Miyagi.

Kina Sensei normalmente diceva che i movimenti di mano di Anichi erano molto simili a quelli di Chojun Miyagi e che le sue espressioni e il suo modo di parlare erano esattamente uguali,

Lui era molto preciso nei suoi movimenti, per questo motivo il suo Karate era molto puro in relazione a quello che aveva imparato da Chojun.

Li Morio Higaonna perfezionò la sua tecnica e strinse il legame ancor di più con Anichi Miyagi.


Racconta Morio:

Arrivavo al Dojo verso le 07:00 ed entravo come tutti dal retro.

Normalmente arrivavo per primo e dopo aver salutato la moglie di Chojun Miyagi, mi mettevo a lavorare  mi cambiavo i vestiti e mi mettevo a pulire il Dojo.

Scopavo e lo inumidivo leggermente, per evitare scivoloni durante l’allenamento, quindi tiravo fuori gli attrezzi per l’allenamento che conservavamo dentro riempivo le anfore d’acqua.

Nel giardino del dojo di Chojun, la moglie si incaricava di riscuotere le quote, ma non passò molto tempo che la quota di Morio venne eliminata, come premio dei suoi sforzi, della sua costanza e dei suoi progressi.

Mia madre pagava la mia quota mensile nel Dojo, ma dopo alcuni mesi Myazato Sensei, vedendomi allenare con serietà e duramente, non volle che pagassi più.

Quando portai il denaro a mia madre, lei mi rimandò di nuovo a pagare, ma Myazato non accettò, decisi allora di partecipare di più all’attività del Dojo, insegnando ai nuovi, pulendo ecc…

A volte, Anichi Sensei veniva a casa mia di domenica, affinché se potevo, andassi con lui a casa di Chojun Miyagi, per riparare il makiwara, pulire o qualunque altra cosa fosse necessaria.

Anichi dedicava tutto il tempo libero al dojo del Sensei Chojun Sensei.

“Quando finivamo, la moglie di Chojun normalmente ci dava una tazza di tee e qualche pasticcino, e quando ce ne andavamo ci dava delle borse di arance affinché le portassimo a casa nostra“


Chojun Miyagi muore nel 1953. Sono anni molto difficili per Higaonna Sensei

Chojun Miyagi muore nel 1953, sono anni molto difficili per Higaonna Sensei, perchè deve lavorare su vari fronti, senza trascurare la sua pratica personale.

Nel 1959 Anichi ha bisogno di denaro per mantenere la sua famiglia e si arruola nella marina mercantile.

Assunto da una compagnia petrolifera, Morio perde per il momento il suo quotidiano insegnamento e ad esempio,egli stesso racconta:

Quando Anichi entrò nella Marina Mercantile, logicamente lasciai il Dojo, non mi sentivo più a mio agio, inoltre me ne andai a Tokyo per studiare all’università ed insegnare il Karate, poiché lì c’era uno dei miei compagni, che sostituii nelle lezioni quando lui se ne andò via. Fu un periodo in cui mi allenavo ed insegnavo tutto il giorno, fu un bel periodo!

L’arrivo a Tokyo

Nel 1960 Morio si trasferisce a Tokyo per entrare all’università, recandosi ad Okinawa un paio di volte all’anno come minimo, il che gli permise di non staccarsi dal Karate della piccola isola.

Molto presto inizia ad impartire lezioni di Karate a Takushoku che era un’università con un importante club di Karate Shotokan.

In effetti, a causa di un tremendo scontro in cui uno dei suoi membri si era visto coinvolto, l’università aveva proibito il Karate.

Ciò diede l’opportunità a Morio di iniziare nuove lezioni di Karate, questa volta di Goju Ryu

Poco dopo essersi stabilito nella sua nuova dimora, ed ebbe un gran successo.

Il 30 dicembre 1960 si fecero i primi esami multi-stile di passaggio di Dan ad Okinawa.

I principali istruttori furono promossi 5° Dan, ma M° Morio era contrario ai gradi, pensava che non portassero altro che problemi.

Dopo la laurea in economia Morio inizia ad impartire lezioni di Karate in altre università della capitale del Giappone, e la sua fama crebbe ancor di più.

Questa sua fama gli creò non pochi nemici nell’ambito del Karate

Uno con cui ebbe a che fare per diversi anni fu Eichi Miyazat.

Morio gli chiese anche la collaborazione per mettere fine alle diatribe, ma Eichi rifiutò accusando Morio di tentare di cambiare la storia del Goju Ryu attraverso un suo libro.

La partenza da Tokyo negli Stati Uniti per motivi economici

Giudicando impossibile vivere di solo Karate, Morio si trasferì negli Stati Uniti. Non ci resistette per molto, e tornò ad Okinawa per poter continuare ad apprendere il Karate.

Considerandosi non un Maestro, ma un allievo pronto ad imparare tutto ciò che altri Maestri potessero insegnarli, ancora insegna ed impara.

Il suo Kata preferito è Seishan, continua ad insegnare in un Dojo tipico Okinawense, piccolo, di legno, con un’entrata diretta dalla strada, senza ornamenti, ma solo ricordi.

Note


Il KAMAE (構え): la corretta POSIZIONE di un ARTISTA MARZIALE

Questa parola di origine Giapponese che significa posizione è senza dubbio l’inizio e la fine di ogni tecnica che viene eseguita nelle arti marziali classiche

Kamae: La forma corretta

Questa parola di origine Giapponese che significa “Postura” è senza dubbio l’inizio e la fine di ogni tecnica che viene eseguita nelle arti marziali classiche, nel momento in cui respiriamo ed esaliamo anidride carbonica all’esterno del nostro organismo, la postura sarà senza dubbio il tramite di una traiettoria di successo o sconfitta.

Osservando la posizione corporale si possono scorgere in maniera lampante alcune interpretazioni: l’individuazione di tratti della personalità, la descrizione di alcune malattie e l’identificazione di stati emozionale.

Osservando il KI come un’energia continua che interagisce con tutto questo universo interiore, non è una novità che i dolori siano i risultati di un malessere situato nel lato opposto del nostro corpo.

Per rendere l’idea, una spalla dolorante può essere il risultato di una distorsione della caviglia avvenuta anni addietro, apparentemente una cosa non ha niente a che vedere con l’altra, ma in realtà, quando qualcuno zoppica a causa di una distorsione,finisce per deviare l’anca irrigidendo la spalla.

Quando il problema scompare, è possibile che l’anca, la colonna e le spalle continuino ad avere la posizione sbagliata.

In relazione alla linea di gravità del corpo, i muscoli posturali sono quasi tutti posizionati posteriormente, in congiunzione dalla nuca discendono fino alle dita del piede, dove garantiscono il nostro equilibrio, i muscoli situati davanti alla colonna sono i più deboli.

Nell’addome si trovano gli addominali che potenziano movimenti quali: piegare, girare,ed alzare, alleviando la tensione alla base della schiena e sostenendo gli organi interni.

La posizione corporale eretta (in movimento o ferma) si ottiene mediante l’equilibrio tra le forze che agiscono nel centro di gravità

Spingendo il corpo verso terra, e la forza dei muscoli antigravitazionali che fanno lo sforzo nel senso contrario.

Se quei muscoli cedessero, il corpo si piegherebbe, per effetto della forza di gravità, il fatto che i nostri muscoli siano organizzati come una catena, ci obbliga a considerare la meccanica corporale in maniera complessiva e simultanea, coloro che tengono il petto in fuori e la spalle parallele, sono in genere persone coraggiose, decise ed energetiche, quando si presentano così stanno dicendo chiaramente “sono pronto e non ho paura”.

La posizione del collo è determinata dai piedi, dalle ginocchia, l’asse corporale e l’equilibrio del bacino con le spalle, il collo deve essere allineato con la colonna, non deve cadere in avanti e tanto meno all’indietro, ma essere perfettamente equilibrato all’interno dell’asse corporale, se il collo fosse allungato verso l’alto, anche il tratto laringeo dovrebbe esserlo, costringendoci a lavorare in condizioni precarie, se fosse schiacciato sul petto, rimarrebbe parimenti imprigionato e senza possibilità di realizzare i suoi caratteristici movimenti.

Se a livello di massimo allungamento le articolazioni sono molto tese, è molto probabile che l’allievo incontri dei problemi nell’esecuzione dei movimenti, pertanto risulta fondamentale eseguire quotidianamente il rilassamento delle articolazioni e dei muscoli.

Un tipo di esercizio che può essere eseguito, indipendentemente dall’analisi, è la liberazione delle articolazioni con movimenti rotatori lenti

Partendo dal collo, spalle, braccia, fino alla vita, ginocchia e caviglie, la respirazione è alla base di tutta la tecnica della spada e della resistenza del praticante, l’aria, entrando per il naso, subisce un processo di riscaldamento dovuto ad una grande concentrazione di vasi sanguigni ivi localizzati e che si modificano secondo la mutazione climatica esterna.

Quando la temperatura esterna è bassa, i vasi sanguigni che irrigano la regione si contraggono, assicurando la circolazione sanguigna per più tempo, dando la sensazione che il naso all’interno sia gonfio, con questo procedimento, la cavità nasale rimane molto più calda, è come una stufa che continua a permettere che l’aria passando attraverso il naso, possa ricevere il giusto riscaldamento per il buon funzionamento dell’organo.

Tuttavia, se il giorno è caldo, i vasi sanguigni permetteranno una circolazione più attiva, come se il naso fosse più ampio, tale regolazione calorica lavora molto a beneficio del cantante che deve solo permettere l’entrata buco- nasale di aria in ambienti chiusi.

Quando è all’aperto, l’entrata di aria deve essere fatta attraverso il naso, soprattutto se fa freddo, evitando il più possibile che l’aria gelata danneggi la mucosa della laringe.

Il diaframma è un grande muscolo a forma di cupola, con una concavità inferiore, che separa la cavità toracica da quella addominale, quando inspiriamo, il diaframma si colloca verso il basso, diminuendo la cavità addominale e ampliando così la cavità toracica, i muscoli intercostali invece dilatano le costole, promuovendo una compressione negativa nei confronti dell’ambiente, introducendo l’aria all’interno dei polmoni, una buona respirazione è fondamentale per l’assorbimento del KI.

Tutto il processo respiratorio influenza l’allenamento in maniera diretta, in questo caso, è importante evidenziare che la percezione è strettamente correlata alla concentrazione, noi lavoriamo con due tipi di memoria: la memoria fotografica e la memoria motoria.

La memoria fotografica registra i fatti, mentre quella motoria ripete semplicemente ciò che registriamo

Quanto più siamo concentrati su un fatto, tanto questo verrà assimilato e la memoria motoria agirà più rapidamente,per questo motivo è importante che al momento dell’utilizzo della memoria fotografica, l’oggetto di studio, sia una sequenza o una tecnica e  venga registrata senza errori.

Questo non vale solo nella percezione, ma anche nell’incorporazione della respirazione, delle articolazioni e delle tecniche di canto che devono essere studiate in brevi periodi e varie volte al giorno e sempre con regolarità e disciplina affinché producano effetto.

Secondo Souchard, una postura sbagliata porta ad un “appiattimento” dell’individuo, ossia ad una posizione comoda e confortevole, l’aumento di questa “comodità“, porta ad un aggravamento delle curve vertebrali, i nostri muscoli posteriori si accorciano, diminuisce la mobilità articolare, favorendo le fratture (artrosi, ernia discale, tendinite ecc…), compaiono mal di testa, del collo, delle spalle e accorciamento dei muscoli pettorali e vi è una perdita di altezza per l’eccessiva tensione muscolare.

Tutto ciò influenza negativamente il processo di apprendimento di qualunque arte marziale, viviamo in uno stato di continuo squilibrio fisico e la nostra postura continua ad alternarsi inconsciamente per compensare quello squilibrio.

Tesi realizzate da eminenti scienziati hanno concluso che parte della nostra posizione corporale è ereditata e una parte è copiata, ciò significa che affinché gli allievi possano mantenere una posizione perfetta e adeguata, il Maestro deve mostrarla continuamente, senza permettersi posizioni sbagliate che rischiano di essere imitate dagli allievi, anche inconsciamente.

La posizione corporale è di vitale importanza anche nella vita

Perché a partire da essa l’individuo si mette in relazione con il mondo, con la persone, così si usano diversi termini per esprimere certi atteggiamenti psicologici, tali come “tenere la testa alta“ oppure “Stare fermi “, queste espressioni a volte sono interpretazioni di linguaggio corporale.

Soprattutto dopo una pratica di anni, l’uomo è in grado di percepire la posizione e il movimento del proprio corpo e delle relative parti, la percezione della posizione e del movimento del corpo è misurato da sistemi i cui recettori sono localizzati nei labirinti ossei della testa e nelle articolazioni e tendini.

Le strutture sensoriali associate alla differenziazione della posizione e al movimento del corpo sono denominate sistemi propriocettivi e questo aspetto della percezione è chiamato propriocezione, è difficile separare i ruoli delle strutture nel labirinto uditivo e nelle articolazioni e tendini.

Quando un individuo cambia la propria posizione o si muove, questi due gruppi di strutture sono coinvolti inoltre da quelli situati nella pelle e negli organi interni, quando si adotta una posizione modificata, non si altera solo l’orientamento del corpo, ma anche gli organi interni assumono posizioni differenti, oltre a questo, la distribuzione di tensioni in varie aree della pelle varia man mano che il corpo cambia la posizione complessiva.

L’immagine corporale si definisce come un’immagine visiva e mentale del corpo dell’individuo, che include i sentimenti che riguardano il suo corpo, soprattutto in relazione alla salute e alla malattia

Lo schema corporale si riferisce ad un modello posturale del corpo, compresa la relazione delle parti corporali, una con l’altra e la relazione del corpo con l’ambiente.

Analizzandolo sotto forma di insegnamento, senza un’impronta strategica,dico che il corpo è una mappa fedele della nostra storia personale, in esso è riportato tutto ciò che viviamo, tutte le emozioni… non riconoscere ciò che i movimenti corporali rivelano è non riconoscere la memoria del nostro passato, che è parte del nostro presente.

Il corpo è uno specchio altamente rivelatore dell’inconscio, mostra flash della personalità, espone credenze, valori, preconcetti, forze e fragilità del carattere, non ci permette di mentire e rivela i segreti più intimi… In questa legge naturale, dove il più forte e/o abile trionfa, l’uomo deve acquisire per forza uno sviluppo generalizzato delle proprie strutture e funzioni e dotarsi di abilità e destrezze specifiche.

L’uomo è il cervello e muscoli in un equilibrio perfetto, i messaggi che emettiamo attraverso il nostro corpo, rappresentano ciò che abbiamo di più vero e sostanziale.

Il linguaggio corporale, se ben utilizzato, aiuta a dire le cose indicibili, a dare forma a un sentimento e a concretizzare le immagini delle emozioni più VERE!!!

Note


[MAESTRI DELLA STORIA] «Adeus» Hélio Gracie

Hèlio Gracie era un uomo autosufficiente per quanto riguardava la salute, era una roccia per gli anni che aveva e sapeva come badare a se stesso attraverso l’alimentazione e i suoi rimedi naturali.

Questa volta, però, la cosa era molto più seria di una semplice tosse… Poco dopo il ricovero al pronto soccorso per grosse difficoltà respiratorie, gli venne diagnosticato un polmone allagato e un’estesa infezione.

Hèlio lottò contro la febbre alta per tutta la notte, ma il suo organismo non la superò, i più grandi guerrieri sanno che c’è una battaglia che non vinceranno, ma non per questo abbandonano la lotta prima che sia giunto il momento giusto, quel momento in cui l’unica vittoria possibile diventa il sapersi arrendere totalmente e il lasciarsi andare.

Hèlio non solo derise la morte per un lunghissimo periodo di tempo, molto al di sopra della media delle persone normali, la cosa più importante è che visse una vita notevole ed intensa e come egli stesso voleva.

Il suo nome rimarrà per sempre impresso nell’immaginario collettivo come il padre della rivoluzione

Popolò la terra di figli, una dinastia di campioni dediti alla causa, insegnò a migliaia, che insegnarono a milioni e la sua visione marziale oltrepassò frontiere, culture ed ideologie, il suo passaggio in questa terra lascerà un segno nella storia delle Arti Marziali.

Il suo nome rimarrà per sempre impresso nell’immaginario collettivo come uno dei grandi Maestri, come il padre della rivoluzione Gracie e dell’avvento dei combattimenti senza regole, l’importanza di saper lottare nella più corta distanza e della maestria nel grappling.

La sua forte personalità, le sue idee autorevoli, dirette, proprie di una persona forte e territoriale, colpirono come potenti trapani i praticanti per molti anni, il Gran Maestro ha sempre detto alle persone a lui più vicine che voleva riposare nella sua proprietà.

Mentre si fanno i passi delle sue ultime volontà, suo figlio Royce, che era presente e ha seguito da vicino il suo funerale, probabilmente si impegnerà per ottenere il più presto possibile il trasferimento dei suoi resti, ma sempre seguendo i desideri del defunto, il funerale doveva essere immediato.

Se ne va il Maestro, ma rimangono i suoi insegnamenti, le opere sono i figli dell’uomo, rimane anche il suo seme biologico, una lunga prole, figli e nipoti, orgogliosi rappresentanti di una saga infinita, come lo spirito che animava il suo creatore, rimangono i suoi figli spirituali.

Quelli che praticamente adottò ed educò come veri e propri figli, quegli allievi che anticamente si chiamavano UCHI DESHI in Giappone, come il Gran Maestro Mansur.

Il giorno 29 gennaio 2009 ci è arrivata la notizia del decesso di Hèlo Gracie, a 95 anni, a causa di una polmonite

A furia di ascoltare le storie del superuomo brasiliano, si cominciava a credere alla sua immoralità, ma, sfortunatamente, il giorno 29 gennaio 2009 ci è arrivata la notizia del decesso di Hèlo Gracie, a 95 anni, a causa di una polmonite.

Dei nove figli solo Royce e Rolker hanno avuto il tempo di arrivare alle esequie, gli altri erano sparsi tra gli Stati Uniti e l’Europa,

“Due giorni fa, mia madre mi chiamò e mi disse che papà non sarebbe rimasto con noi per molto, allora mi misi immediatamente in viaggio, sembrava stesse aspettando, appena sono arrivato, se ne è andato.“

Questa la dichiarazione di Royce venuto direttamente in volo da Los Angeles. Ma vediamo di percorrere quella che fu la vita di questo Grande Maestro di Jiu Jitsu.

Nato il 1 Ottobre 1913, il più piccolo dei cinque figli maschi di Gasato e Cesalina

Hèlio Gracie passò la sua adolescenza a Belem, una cittadina dove suo padre conobbe il giapponese Conte Koma , l’amicizia tra i due spinse Koma ad insegnare il suo Ju Jitsu a Carlos, figlio maggiore di Gasato.

Il giapponese che aveva girato il mondo facendo presentazioni, sfide e insegnando il suo Ju Jitsu, trovò in Belem, nella persona di Carlos, il suolo fertile di cui aveva bisogno per perpetuare il suo Ju Jitsu che, allora in Giappone già cominciava a cedere il passo al Judo.

Durante parte della sua infanzia e della sua adolescenza, Hèlio soffriva di problemi di salute e perdeva inspiegabilmente conoscenza, problemi che non gli furono mai diagnosticati con precisione.

Il medico di famiglia non gli permetteva di fare sforzi e gli aveva proibito di allenarsi, nel frattempo, osservava distintamente le lezioni e gli allenamenti dei suoi fratelli, nel 1922, Carlos va a vivere a Rio e nel 1925 apre la prima Accademia Gracie di Ju Jitsu nel quartiere di Flamenco.

Per mezzo di sfide pubblicate nei giornali, insieme ai fratelli, dimostrava l’efficacia del Ju Jitsu, ottenendo così i suoi primi allievi .

Un giorno, quando Hèlio aveva già 15 anni, suo fratello Carlos ritardò ad una lezione e il giovane Hèlio decise che egli stesso avrebbe diretto quell’allenamento, con sorpresa di tutti, la lezione fu un successo e da allora, non abbandonò più gli allenamenti e non soffrì più di quella strana patologia di cui era affetto.

Negli anni 20 i Gracie dovettero usare un Marketing aggressivo chiamato “Gracie Challenge“

Per stabilire il suo stile in Brasile, negli anni 20 i Gracie dovettero usare un Marketing aggressivo chiamato “Gracie Challenge“, lanciando sfide attraverso i giornali al fine di attirare l’attenzione della gente su quell’arte dal nome strano, gli annunci dicevano:

“Se vuoi farti rompere un braccio contatta Carlos Gracie a questo numero di telefono“ e fu esattamente provando l’efficacia del suo stile contro rappresentanti del Karate, del Pugilato, della Lotta Libera e della Capoeira che i fratelli Carlos, Gorge, Oswaldo e Hèlio fecero si che il nome Gracie fosse rispettato in Brasile.

Negli anni 90 arrivò il turno di Corion, il figlio maggiore di Hèlio, che usò la stessa strategia per mostrare il valore del Ju Jitsu brasiliano negli USA, insieme ai suoi fratelli e cugini, Corion vinse centinaia di sfide in garage, all’università e perfino nei seminari, fino a riuscire a convincere un allievo milionario a pagare la produzione dell’UFC, uno spettacolo che dimostrò praticamente a tutto il mondo, l’efficacia del Gracie Ju Jitsu in combattimenti con campioni di tutti gli stili di lotta.

Le impressionanti vittorie di Gorge, Carlos e Oswaldo, nelle prime sfide di Vale-Tudo di quell’epoca, spingevano rapidamente il nome Gracie.

A poco a poco Hèlio cominciò a farsi notare negli allenamenti

A poco a poco Hèlio cominciò a farsi notare negli allenamenti e a 18 anni, il 16 gennaio del 1932 , suo fratello maggiore lo accompagnò per la sua prima prova del fuoco nelle regole del Vale-Tudo, contro il campione brasiliano di Boxe Antonio Portugal.

Nonostante il naturale nervosismo del debutto, Hèlio sconfisse l’avversario con tanta rapidità che alcuni pensarono che la lotta fosse un imbroglio.

Il Gracie deviò il primo jab lanciato da Portugal e lo proiettò al suolo, a terra lo finalizzò con una chiave al braccio in 40 secondi.

Dopo la prima vittoria, Hèlio cominciò a condividere gli spazi nei mezzi di comunicazione con i suoi fratelli maggiori già famosi.

Hélio era un uomo autosufficiente

Hélio era un uomo autosufficiente per quanto riguardava la salute, era una roccia per gli anni che aveva e sapeva come badare a se stesso attraverso l’alimentazione e i suoi rimedi naturali.

Questa volta, però, la cosa era molto più seria di una semplice tosse… Poco dopo il ricovero al pronto soccorso per grosse difficoltà respiratorie, gli venne diagnosticato un polmone allagato e un’estesa infezione.

Hélio lottò contro la febbre alta per tutta la notte, ma il suo organismo non la superò.

I più grandi guerrieri sanno che c’è una battaglia che non vinceranno, ma non per questo abbandonano la lotta prima che sia giunto il momento giusto, quel momento in cui l’unica vittoria possibile diventa il sapersi arrendere totalmente e il lasciarsi andare.

Hèlio non solo derise la morte per un lunghissimo periodo di tempo, molto al di sopra della media delle persone normali, la cosa più importante è che visse una vita notevole ed intensa e come egli stesso voleva.


Popolò la Terra di campioni

Popolò la terra di figli, una dinastia di campioni dediti alla causa.

Insegnò a migliaia, che insegnarono a milioni e la sua visione marziale oltrepassò frontiere, culture ed ideologie.

Il suo passaggio in questa terra lascerà un segno nella storia delle Arti Marziali, il suo nome rimarrà per sempre impresso nell’immaginario collettivo come uno dei grandi Maestri, come il padre della rivoluzione Gracie e dell’avvento dei combattimenti senza regole, l’importanza di saper lottare nella più corta distanza e della maestria nel Grappling.

La sua forte personalità, colpirono come potenti trapani i praticanti per molti anni

La sua forte personalità, le sue idee autorevoli, dirette, proprie di una persona forte e territoriale, colpirono come potenti trapani i praticanti per molti anni.

Il Gran Maestro ha sempre detto alle persone a lui più vicine che voleva riposare nella sua proprietà, ma le leggi degli stati moderni sono così spesso complicate da apparire assurde e invece di dipingere la segnaletica delle strade o qualunque cosa utile, i politici si mettono a legiferare su temi che concernono la libertà dell’individuo, come per esempio quello di scegliere il posto della sua ultima dimora.

Mentre si fanno i passi delle sue ultime volontà, suo figlio Royce, che era presente e ha seguito da vicino il suo funerale, probabilmente si impegnerà per ottenere il più presto possibile il trasferimento dei suoi resti, ma sempre seguendo i desideri del defunto, il funerale doveva essere immediato.

Se ne va il Maestro, ma rimangono i suoi insegnamenti

Le opere sono i figli dell’uomo, rimane anche il suo seme biologico, una lunga prole di figli e nipoti, orgogliosi rappresentanti di una saga infinita, come lo spirito che animava il suo creatore.

Rimangono i suoi figli spirituali, quelli che praticamente adottò ed educò come veri e propri figli, quegli allievi che anticamente si chiamavano UCHI DESHI in Giappone, come il Gran Maestro Mansur.

A furia di ascoltare le storie del superuomo brasiliano, si cominciava a credere alla sua immoralità

Sfortunatamente però, il giorno 29 gennaio 2009 ci è arrivata la notizia del decesso di Hélio Gracie, a 95 anni, a causa di una polmonite.

Dei nove figli solo Royce e Rolker hanno avuto il tempo di arrivare alle esequie, gli altri erano sparsi tra gli Stati Uniti e l’Europa, questa la dichiarazione di Royce venuto direttamente in volo da Los Angeles:

Due giorni fa, mia madre mi chiamò e mi disse che papà non sarebbe rimasto con noi per molto, allora mi misi immediatamente in viaggio, sembrava stesse aspettando, appena sono arrivato, se ne è andato

Vediamo di percorrere quella che fu la vita di questo Grande Maestro di Jiu Jitsu

Nato il 1 Ottobre 1913, il più piccolo dei cinque figli maschi di Gasato e Cesalina.

Hélio Gracie passò la sua adolescenza a Belem, una cittadina dove suo padre conobbe il giapponese Conte Koma. L’amicizia tra i due spinse Koma ad insegnare il suo Ju Jitsu a Carlos, figlio maggiore di Gasato.

Il giapponese che aveva girato il mondo facendo presentazioni, sfide e insegnando il suo Ju Jitsu. Trovò in Belem, e nella persona di Carlos, il suolo fertile di cui aveva bisogno per perpetuare il suo Ju Jitsu che, allora in Giappone già cominciava a cedere il passo al Judo.

Durante parte della sua infanzia e della sua adolescenza, Hélio soffriva di problemi di salute e perdeva inspiegabilmente conoscenza, problemi che non gli furono mai diagnosticati con precisione.

Il medico di famiglia non gli permetteva di fare sforzi e gli aveva proibito di allenarsi, nel frattempo, osservava distintamente le lezioni e gli allenamenti dei suoi fratelli.

Nel 1922, Carlos va a vivere a Rio e nel 1925 apre la prima Accademia Gracie di Ju Jitsu nel quartiere di Flamenco, per mezzo di sfide pubblicate nei giornali, insieme ai fratelli, dimostrava l’efficacia del Ju Jitsu, ottenendo così i suoi primi allievi .

Un giorno, quando Hélio aveva già 15 anni, suo fratello Carlos ritardò ad una lezione e il giovane Hélio decise che egli stesso avrebbe diretto quell’allenamento, con sorpresa di tutti, la lezione fu un successo e da allora non abbandonò più gli allenamenti e non soffrì più di quella strana patologia di cui era affetto.

Le “Gracie Challenge“

Per stabilire il suo stile in Brasile, negli anni 20 i Gracie dovettero usare un Marketing aggressivo chiamato “Gracie Challenge“, lanciando sfide attraverso i giornali al fine di attirare l’attenzione della gente su quell’arte dal nome strano.

Gli annunci dicevano: “Se vuoi farti rompere un braccio contatta Carlos Gracie a questo numero di telefono“ e fu esattamente provando l’efficacia del suo stile contro rappresentanti del Karate, del Pugilato, della Lotta Libera e della Capoeira che i fratelli Carlos, Gorge, Oswaldo e Hélio fecero si che il nome Gracie fosse rispettato in Brasile.

Negli anni 90 arrivò il turno di Corion, il figlio maggiore di Hèlio, che usò la stessa strategia per mostrare il valore del Ju JItsu brasiliano negli USA, insieme ai suoi fratelli e cugini, Corion vinse centinaia di sfide in garage, all’università e perfino nei seminari, fino a riuscire a convincere un allievo milionario a pagare la produzione dell’UFC, uno spettacolo che dimostrò praticamente a tutto il mondo l’efficacia del Gracie Ju Jitsu in combattimenti con campioni di tutti gli stili di lotta.

Le impressionanti vittorie di Gorge, Carlos e Oswaldo, nelle prime sfide di Vale-Tudo di quell’epoca, spingevano rapidamente il nome Gracie.

A poco a poco Hèlio cominciò a farsi notare negli allenamenti e a 18 anni, il 16 gennaio del 1932 , suo fratello maggiore lo accompagnò per la sua prima prova del fuoco nelle regole del Vale-Tudo contro il campione brasiliano di Boxe Antonio Portugal.

Nonostante il naturale nervosismo del debutto, Hélio sconfisse l’avversario con tanta rapidità che alcuni pensarono che la lotta fosse un imbroglio.

Il Gracie deviò il primo jab lanciato da Portugal e lo proiettò al suolo. A terra infine lo finalizzò con una chiave al braccio in 40 secondi.

Dopo la prima vittoria, Hèlio cominciò a condividere gli spazi nei mezzi di comunicazione con i suoi fratelli maggiori già famosi.

Note


Mas Oyama, l’ideatore del Kyokushinkai

Una delle figure più impressionanti della storia del Karate Moderno. Controverso e leggendario, la figura di Mas Oyama ha segnato un prima e un dopo. Analizziamo la sua storia, quella dell’uomo e quella del mito.

In genere quando si parla di grandi Maestri di arti marziali, si tende sempre o quasi a parlare dei loro pregi o difetti come Maestri e la loro storia inizia sempre con fatti che riguardano il Dojo e gli allievi.

In questo excursus del Maestro invece affronteremo la sua vita dall’inizio e cercheremo di capire tutto ciò che c’è stato prima che l’arte marziale costruisse un Maestro.

Chi è Masutatsu Ōyama

Hyung Yee, meglio conosciuto col suo nome giapponese Masutatsu Ōyama, nasce in Corea del Sud nel 1923 da una famiglia nobile.

Come la maggior parte dei grandi Maestri, è un bambino con una salute abbastanza cagionevole, e per porvi rimedio, suo fratello maggiore tenta di iniziarlo a molteplici sport come calcio, atletica e nuoto.

Ma sarà un lavoratore proveniente dalla Corea del Nord assunto da suo padre che, su sua richiesta, comincia ad insegnarli Kenpō (una sorta di boxe cinese) all’età di 9 anni.

Al piccolo Masutatsu però non interessa molto quest’Arte poiché ha una mente sognatrice e fantasiosa, incapace di concentrarsi e di sacrificarsi.

Presto riconosce di non aver fatto quasi nessun progresso nel Kenpō e rivolge il suo interesse verso le convulsioni politiche e ideologiche che sta soffrendo l’oriente negli anni 30.

L’impegno militare ed il trasferimento in Giappone

Viene dichiarata la guerra sino-giapponese e la penisola coreana forma il suo primo pilota militare, SHIN, che si trasforma in un eroe nazionale e in un esempio che tutta la gioventù coreana vuole seguire.

Nel 1938 parte per il Giappone alla ricerca della migliore formazione

Alla vigilia della seconda guerra mondiale il giovane Masutatsu si vede così coinvolto in questa febbre nazionalista e, cosciente del fatto che se voleva arrivare a qualcosa doveva compiere degli studi,a 15 anni nel 1938 parte per il Giappone alla ricerca della migliore formazione in un’accademia militare della prefettura di Yamanashi.

Un’altra versione meno romanzata della sua partenza per il paese del Sol Levante è che deve abbandonare la sua casa obbligato dalle circostanze, dopo aver picchiato suo padre poiché quest’ultimo aveva fatto lo stesso con la madre.

Ma con la velocità con cui si svolgono i fatti, non ha il tempo né l’opportunità di procurarsi del denaro.

Ancora non si sa come sia riuscito a raggiungere la costa per imbarcarsi, i suoi problemi finanziari aumentano a causa del costo del biglietto, quindi sbarca in Giappone praticamente senza soldi.

Nel Sol Levante conoscerà subito quanto è duro essere immigrato e povero in un paese nazionalista e xenofobo

Nessuno vuole affittargli una stanza né dargli lavoro, questo inizia a forgiare nel giovane una determinazione incrollabile, cresce di fronte alle avversità, poiché si rifiuta di tornare in Corea sconfitto.

Dopo alcune settimane durissime durante le quali si vede costretto a dormire in strada e ad accettare qualsiasi lavoretto occasionale che gli permettesse di mettere qualcosa sotto i denti.

Alla fine riesce a prendere in affitto una piccola stanza a Tokyo, dove si iscrive all’Università di Takushoku e trova un lavoro come lattaio che gli permette di pagarsi sia la stanza e gli studi.

Nonostante il miglioramento della sua situazione, Oyama si sente solo e demoralizzato in un paese ostile e cerca un’attività che gli permetta di sfogarsi e di essere motivato.

All’inizio si interessa al Judo ma poco dopo scopre il Karate, a quei tempi ancora un’Arte sconosciuta

All’inizio si interessa al Judo e si iscrive al Kodokan di Igoro Kano, ma poco dopo scopre il Karate, che a quei tempi era ancora un’Arte praticamente sconosciuta, dal momento che Funakoshi l’aveva introdotta in Giappone appena 15 anni prima.

Per Lui quest’arte è una rivelazione, quindi desidera prendere lezioni dal miglior Maestro, e si reca proprio nella scuola del fondatore dello Shotokan, Gichin Funakoshi, e si sottopone alla guida di uno dei suoi figli, Yoshitaka Funakoshi.

Oyama si dedica al Karate anima e corpo, giorno e notte, tanto che, nel giro di un anno, a soli 17 anni ottiene la sua prima cintura nera 1° Dan.

Il suo impegno e la sua devozione per il Karate si riflette in un fisico impressionante e si dedica ad indurire le mani e gambe con rotture spettacolari.

Rimane poco dell’immagine del bambino malaticcio che aveva caratterizzato i primi anni della sua vita

Scoppia la Seconda Guerra Mondiale e Oyama a 18 anni si arruola nell’esercito imperiale, ed alla fine della guerra è un 4° Dan forgiato e indurito dagli orrori del conflitto e dell’occupazione, è allora che accade un fatto che cambia completamente la sua vita e la sue motivazioni.

Si tratta di uno Stato Coreano indipendente (fino a quel momento la penisola coreana era stata sempre occupata dai due giganti espansionistici dell’estremo Oriente: Cina e Giappone), ma quello che colpisce maggiormente Oyama è la dichiarazione di guerra civile tra il Nord e il Sud della Corea.

Questa divisione del suo paese natale strazia il cuore del giovane esiliato coreano, che non sopporta di vedere come la sua gente, manipolata dagli interessi della politica internazionale, sia portata a massacrarsi a vicenda.

Fratello contro fratello, tutto questo lo porta a diventare membro di un’organizzazione politica che lotta per l’unione delle due Coree, ma la vita gli riserva un altro duro colpo, poiché nel giro di poco tempo si rende conto che quella organizzazione non è mossa da ideali, ma piuttosto da interessi economici che si possono ricavare da intrighi internazionali.

L’auto esilio

Profondamente deluso e disgustato da tutto, Mas Oyama si lascia prendere dalla disperazione e dal disinteresse.

Abbandonando tutto ciò che aveva raggiunto fino a quel momento, il mondo gli sta crollando addosso quando conosce un carismatico Maestro di Karate chiamato So-Nei-Chu anche lui di origine coreana e adepto di una setta chiamata Nichiren.

Questo personaggio mistico gli dà solo un consiglio: abbandonare la sua vita attuale, ritirarsi in montagna e coltivare nella natura il suo corpo e il suo spirito, forse così sarebbe riuscito a ristabilire il suo equilibrio emozionale e a raddrizzare la tormentata traiettoria della sua vita.

Oyama comprende che solo un cambio radicale di esistenza può riportargli l’entusiasmo e l’energia, quindi decide di seguire i consigli e si stabilisce sul monte Kiyozumi, nella prefettura di Chiba, sulle rive dell’oceano pacifico.

Lo accompagna nel ritiro un suo allievo che si chiama Yashiro, e insieme costruiscono una capanna di legno in un luogo isolato e comincia la loro nuova vita in simbiosi con la natura selvaggia.

Si alzano alle prime luci dell’alba per correre lungo i monti scoscesi, praticano le rotture colpendo alberi, rami e pietre con i piedi e pugni nudi, lavorano sulla tecnica in coppia e colpiscono un sacco pieno di sabbia.

Sono allenamenti estremamente duri, interminabili ed estenuanti

Se si sopravvive, prove di questo tipo forgiano spiriti e corpi di ferro, infatti Yashiro non riesce a tollerare questo stile di vita per molto tempo e una notte esce dalla capanna per non ritornarvi mai più.

Mas Oyama resta da solo ed inizia a dubitare del senso di tutto ciò, scrive a So-Nei-Chu esponendogli la sua titubanza e questi gli risponde con una frase semplice ma ad effetto

Quello che sembra impossibile può essere realizzato solo da uno spirito perseverante, PERSEVERA! E tutto ciò che ora ti sembra assurdo acquisterà un nuovo significato

Questo infonde nuove forze al morale di Oyama che intensifica gli allenamenti, esigendo da se stesso sempre di più e aumentando l’austerità della sua esistenza.

Alimentandosi fondamentalmente di erbe e qualche altro alimento che gli forniva madre natura, sceglie un pino bello grosso e si propone di dargli 200 pugni prima di ogni pasto, “quando l’albero cadrà sarò pronto a ritornare”.

Dopo diversi mesi, rompe l’albero con un colpo inferto con la mano (shuto) nella parte più indebolita e logorata del pino dai colpi precedenti.

In quel momento ricorda la leggenda di un maestro di Karate che fu in grado di uccidere un toro con un unico colpo, questo sarà il nuovo obiettivo che si darà Oyama: ripetere questa impresa.

E così dopo un anno e mezzo di isolamento, decide di tornare alla civiltà e di mettere alla prova i suoi progressi.

Mentalmente è un uomo nuovo

Mentalmente è un uomo nuovo che è riuscito a cicatrizzare le ferite che gli aveva lasciato la divisione della sua patria, fisicamente dimostra la sua netta superiorità su qualsiasi avversario, radendoli letteralmente al suolo nel primo campionato di Karate aperto a tutti gli stili che si tiene a Tokyo nel 1947.

Il primo incontro con il toro

Continua a ronzargli per la testa l’idea di uccidere un toro con un solo pugno, quindi un giorno si reca in un mattatoio un fuori Tokyo e dopo una lunga spiegazione alle sorprese autorità, queste gli danno il permesso di affrontare un toro di 500 chili.

Oyama gli sferra un pugno secco sul muso e il toro fugge insanguinato ma vivo.

Riesce solo a rompergli un corno, piuttosto scoraggiato decide di rinunciare al proprio desiderio e di dedicarsi a promuovere il Karate in tutto il mondo.

In giro per il Mondo

Nel 1957 Mas Oyama è invitato da un judoka 6° Dan chiamato Kokoshi Endo a fare un giro di dimostrazioni per gli Stati Uniti, fanno più di trenta esibizioni ed Oyama sfida molti professionisti di lotta libera e di boxe vincendo sempre per K.O. arrivando ad apparire fino a nove volte nella televisione americana, poi torna in Giappone coperto di glorie e con le tasche piene di denaro.

Il secondo incontro con il toro

Con il morale alto, decide di ritentare il suo sogno di uccidere un toro con un solo colpo, studia attentamente le abitudini di lotta dei tori e allena con enfasi speciale lo sprint per riuscire a scappare dalla carica di un toro furibondo, quindi aumenta la sua resistenza fisica correndo quasi 8 chilometri al giorno, oltre alle sue solite cinque ore di allenamento giornaliero.

Una società cinematografica gli propone di filmare l’incontro e Oyama accetta, nel 1953 tutto sembra pronto perché tenti di sconfiggere un toro da 625 chili con corna da 40 centimetri, il duello avrà luogo in un piccolo villaggio di pescatori chiamato Tateyama, nella prefettura di Chiba, e sarà filmato.

Il toro viene liberato e carica Oyama

Questi lo evita con un giro e lo afferra per le corna con lo scopo di atterrarlo e ucciderlo, ma, con una forza impressionante, il toro scuote la testa e Oyama viene lanciato in aria, si rialza immediatamente in piedi con il busto coperto di sangue e torna ad afferrare il toro per le corna.

Davanti allo sguardo attonito degli spettatori, dopo una lunga resistenza Oyama riesce a buttarlo a terra, dove lo fulmina con uno Shuto sul muso, Oyama  ha appena raggiunto l’obiettivo che si era prefissato anni prima durante la sua vita da eremita, ha ucciso un toro a mani nude.

L’incontro è durato 35 minuti, tre anni dopo Oyama decide di ripetere l’impresa, questa volta allo stadio Denen di Tokyo.

Dal momento che la società giapponese per la protezione degli animali gli ha proibito in modo legale di uccidere pubblicamente un toro, Oyama decide di rompergli semplicemente un corno per metterlo fuori combattimento.

In questo secondo incontro riesce a mettere K.O. un toro in tre minuti, in totale Oyama affronta 52 tori nel corso della sua vita, dei quali 48 finiscono con un corno rotto e 4 muoiono.

Il trasferimento in Thailandia

Oyama non è famoso solo per i suoi incontri con i tori, nel 1954 si trasferisce nel sud-est asiatico, in Thailandia.

Lo scopofu di sconfiggere il miglior Thai-Boxer e così ripristinare l’onore di alcuni Karateka giapponesi che erano stati sconfitti dai tailandesi.

Oltre a ciò è guidato anche dal proposito di mostrare l’efficacia delle sue tecniche di Karate e di promuovere così la sua arte.

Il combattimento si tiene in una calda serata, un gran numero di persone si accalcano intorno al ring quando Mas Oyama sale nel suo angolo.

Suona la campana indicando l’inizio del primo round.

Mentre gira intorno all’avversario studiando i suoi movimenti, il tailandese chiamato Black Cobra lancia all’improvviso un velocissimo calcio circolare che raggiunge Oyama in testa e lo atterra.

Con gran sorpresa del pubblico rumoroso, il coreano si alza prima che l’arbitro finisca di contare e, avendo bene imparato la lezione continua a studiare il suo avversario.

Il thai-boxer torna ad eseguire un altro potentissimo calcio circolare cercando la mandibola di Oyama, ma questi para il colpo, sbilancia il suo avversario e lo fa rotolare a terra sferrandogli un calcio circolare, il tailandese si rialza sorpreso, mentre il pubblico tace.

L’attacco successivo questa volta è di Oyama, che lo sconfigge con un pugno fratturandogli la mandibola, Oyama si ferma alcuni giorni per affrontare tutti i tailandesi che vogliono salire sul ring con lui e, dopo aver vinto tutti i combattimenti torna in Giappone.

La nascita del Kyokushinkai

D’ora in poi è stato un continuo divulgare il suo stile in tutto il mondo, battezzato da egli stesso nel 1961 Kyokushinkai.

Scrisse libri ed aprì scuole negli stati uniti oltre che in Giappone esegue diverse dimostrazioni con successi clamorosi anche al Madison Square Garden.

Solo a Tokyo si stimano 20.000 praticanti dello stile Kyokushinkai, e questo stile è rappresentato in 43 paesi.

Sono state pubblicate centinaia di autobiografie, e nel 2004 fu realizzato un film sulle imprese di Oyama intitolato FIGHTER IN THE WIND .

La morte ed il ricordo postumo

Masutatsu Oyama muore il 23 aprile 1994 all’età di 70 anni per un cancro ai polmoni, il suo stile ora si pratica in più di 120 paesi superando i 10 milioni di praticanti.

Il Presidente del Sud Africa Nelson Mandela dichiarò:

Finché lo stile di Oyama continuerà con la sua espansione inarrestabile, lo stesso Mas Oyama vivrà nelle mente e nei cuori dei suoi praticanti.

Questa è stata la vita di un grande Maestro, forse non tutti conoscono l’intera vita di questo combattente prima Maestro dopo.

Questo deve insegnarci a non arrenderci mai ma trovare sempre la strada della vittoria nell’arte, come nella vita.

Note