Arti marziali

Krav Maga a Porto Torres, organizzato uno stage per principianti

PORTO TORRES: Il club sportivo locale C.S.K.S. Masatoshi Nakayama assieme alla Asd Martial Gym di Alghero organizza a Porto Torres il 20 aprile 2024 uno stage di essenziali di Krav Maga, il metodo di difesa personale di origine israeliana. Informazioni e costi sono disponibili contattando gli organizzatori.

Dopo il successo avvenuto ad Uri il 2 marzo 2024, il Maestro Paolo Algisi assieme al suo omologo algherese Maurizio Gobbino ha organizzato un nuovo stage di essenziali di Krav Maga, che si terrà nella palestra di Padel in via Ponte Romano 99 adiacente al Comando della Guardia di Finanza, nei pressi del nuovo Centro Intermodale. Lo stage si svolgerà dalle 16:00 alle 19:00 e per partecipare non sarà necessario nessun requisito di età o di esperienza sportiva pregressa.

20 aprile 2024: lo stage dei Maestri Gobbino e Algisi

Locandina dell’evento

Lo stage di Porto Torres, che segue la prima e trionfale tappa avvenuta ad Uri ad inizio marzo dove hanno partecipato decine di atleti di ogni esperienza ed età, sarà gestito interamente dai maestri Paolo Algisi e Maurizio Gobbino.

Per questa tappa il padrone di casa sarà Paolo Algisi, artista marziale e preparatore atletico tra i più esperti e stimati in Sardegna con più di quarant’anni di insegnamento alle spalle.

Maurizio Gobbino, che nel 2018 ha fondato la Asd Martial Gym con altri esperti di fitness, è un affermato personal trainer e Maestro di arti marziali con svariati meriti in campo divulgativo e nell’insegnamento del karate, con la propria sede operativa ad Alghero.

La difesa personale metodo Krav Maga

Il Krav Maga è un sistema di autodifesa sviluppato originariamente a Bratislava da Imi Lichtenfeld. Nacque dopo l’occupazione nazista, per contrastare le aggressioni antisemite negli anni 1930. Venne in seguito adottato dalle forze di difesa israeliane e le forze di sicurezza israeliane.

Il Krav Maga deriva da una combinazione di tecniche provenienti da boxe, wrestling, aikido, judo, karate, kung-fu e combattimento da strada. Tuttavia, è considerato semplice da imparare ed efficace per una reale difesa personale. Quest’attività è utile non solo per gli adulti, ma anche per i ragazzi che si possono trovare in situazioni di bullismo e devono sapersi difendere.

A. Pitzoi Arcadu

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Porto Torres, autodifesa per le donne: Ripresi i corsi gratuiti

PORTO TORRES: Dalla data del 28 marzo 2024 sono aperte le iscrizioni per il corso gratuito a numero chiuso di autodifesa per sole donne, finanziato interamente dal Comune di Porto Torres. I corsi saranno erogati dal Maestro Paolo Algisi e l’iscrizione è effettuabile chiamando il (+39) 392 233 9517 .

Si rinnova anche quest’anno il corso gratuito di autodifesa per sole donne organizzato dal club sportivo locale C.S.K.S. Masatoshi Nakayama, dal 1982 gestito dal pluripremiato artista marziale e preparatore atletico Paolo Algisi. Le edizioni del corso si svolgono con cadenza regolare ed a numero chiuso dal 2008 e sono completamente gratuite per le partecipanti, poiché completamente finanziate da enti terze. Per quest’anno il ciclo di allenamenti, riservato per un numero massimo di 75 partecipanti, sarà completamente finanziato dal Comune di Porto Torres tramite apposito bando.

Corso autodifesa per sole donne: L’edizione del 2024

Locandina ufficiale

L’obiettivo formativo del ciclo di lezioni è quello di fornire le basi minime di autodifesa e tecniche di prevenzione a tutte quelle donne completamente prive di nozioni pratiche al riguardo. Il corso sarà gestito direttamente dal Maestro Paolo Algisi con l’aiuto dei suoi collaboratori più fidati, garantendo quindi la massima serenità e riservatezza delle partecipanti.

Lo stesso Paolo Algisi, che da poco ha festeggiato i quarant’anni di attività sportiva con relativo encomio da parte del Sindaco Massimo Mulas e della Vicesindaca Simona Fois, si riserverà personalmente di esporre nei dettagli le attività in programma e di ascoltare le eventuali necessità delle singole candidate tramite un apposito colloquio telefonico effettuabile chiamando il (+39) 392 233 9517 (il numero è aperto anche per le conversazioni Whatsapp).

Il corso è particolarmente indicato per tutte quelle donne, di qualsiasi età e preparazione atletica pregressa, che vivono in ambienti ad alto rischio di violenza di genere o si trovano per qualsiasi motivazione, sia lavorativa che non, esposte a situazioni pericolose per la propria incolumità.

La violenza di genere è un problema drammaticamente reale in Italia. Secondo il servizio analisi criminale del Ministero dell’Interno, nel 2023 sono 109 le donne rimaste coinvolte, con esiti fatali, da aggressioni perpetrate direttamente all’interno del nucleo familiare o da parte di partner ed ex partner.

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COPERTINA la speranza del karate nelle olimpiadi

[ARCHIVIO] La speranza del Karate alle Olimpiadi è morta!

Consentitemi questo piccolo sfogo di amarezza. Il titolo di questo articolo esprime chiaramente ciò che voglio intendere.

Fin dalla unificazione F.I.K – F.E.S.I.K.A ad oggi Iscritto alla F.I.J.L.K.A.M c’è un’unica speranza che ha unito tutti noi che abbiamo militato nella F.I.J.L.K.A.M, ed era che un giorno, visti gli iscritti, viste le medaglie e visto il riconoscimento del C.O.N.I, ci saremmo visti gareggiare alle Olimpiadi.

Ho molta difficoltà nell’affrontare questo argomento e probabilmente una forte delusione, nel sapere che dopo circa vent’anni di lavoro ed illusione, oggi cada tutto.

Gli sforzi del Miliardario Tatsuno, che oltre l’impegno oltre i suoi appoggi politici ha profuso denaro e mezzi arrivando quasi al successo portando il karate alle Olimpiadi ma non potendo realizzarlo a causa della sua prematura morte.

Sicuramente però una grande parte l’ha fatta la divisione tra la WUKO di Delcourt e la JTKF di Nishiyama affinché il C.I.O non prendesse seriamente in considerazione l’ingresso del Karate alle Olimpiadi.

MA NOI CI ABBIAMO CREDUTO, AVEVAMO LE CREDENZIALI A POSTO!

Le scissioni e le nuove Federazioni nate un po’ dappertutto. Sicuramente non hanno aiutato questa disciplina.

Si è tentato modificando il sistema d’arbitraggio, il livello tecnico è stato portato a livelli stratosferici, ma non è servito allo scopo.

Marcus Cyron, Table tennis at the 2018 Summer Youth Olympics

Lo stesso prof Pellicone effettuò un tentativo per farsi eleggere alla presidenza della WKF (federazione fondata da Delcourt eliminando il gruppo di Nishiyama), ma ne uscì perdente perché vinse lo spagnolo Espinos che ha fatto di tutto per rendersi antipatico ai karateka di mezzo mondo.

Il C.I.O. ha fatto la sua scelta sul Golf ed il Rugby per le Olimpiadi del 2016, lasciandoci fuori e uccidendo le ultime speranze!

Per i non addetti ai lavori può non significare niente. Per noi che abbiamo sperato, sofferto sacrificato è una situazione che ci mette KO anche perché ci avevamo veramente creduto.

Non rimane che continuare a lavorare e credere in quello che facciamo, si sa che la vita va affrontata senza farci schiacciare dagli eventi negativi.

Andiamo avanti non sarà una mancata Olimpiade a non farci sentire MAESTRI DI ARTI MARZIALI E DI VITA!!!

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Note


Sopravvivere al coltello: Gli scenari di un aggressione

Introduzione al tema

È meglio stare con i piedi per terra con questo argomento, e per stare con i piedi per terra parlando di coltelli e lame in genere, bisogna essere onesti; il che equivale essere crudi.

In questo articolo non troverai indicazioni sempre valide in ogni contesto. Non abbiamo bisogno di verità assolute ma di cose che possibilmente funzionino, e non possiamo neanche dire “ecco questo funziona sempre“.

Possiamo solo proporre e dire “ecco questo è quanto si può fare per tentare di salvarsi la pelle”.

Se si vuole, la tecnica si prova in palestra, adattato,riprovato e messo alla prova anche con amici ma tra le mura domestiche con persone amiche, stai molto attento e se ti risulta molto difficile applicare le tecniche di difesa o non riesci ad applicarle o anche se non si sente a pelle, è meglio passare ad altro.

Per quanto ne possano dire gli esperti, non esiste un programma al mondo sempre valido, esisti tu e la tua soggettività, in barba a tutte le scienze oggettiviste ed ai training ad alta intensità, quando sei davanti al pericolo, tu non sei una tecnica, sei solo tu e tu da solo con le gambe che tremano ed il cuore a cento all’ora, potresti provare una grande paura e sensazioni sgradevoli e potrebbero anche succedere delle cose che in palestra non succedono mai.

è tremendamente difficile proteggersi da un attacco portato con un’arma bianca

Quello che leggerai può farti scoprire che è tremendamente difficile proteggersi da un attacco portato con un’arma bianca, anche se se ne ha le capacità necessarie a respingere questo attacco e che non solo è possibile renderle più efficienti, ma anche che ci si può difendere acquisendo più energia durante gli allenamenti.

Parafrasando Seneca e ribaltando il suo famoso non vitae sed scholae discimus (non impariamo per la vita, ma per la scuola) possiamo dire Non scholae, sed vitae discimus (impariamo non per la scuola ma per la vita)

Così quando impariamo utilizziamolo non per lezioni tra esperti da palestra ma per preservare veramente la nostra vita, in questo campo dove la vita è in gioco, è necessario superare gli ostacoli o i limiti posti da vuote esercitazioni di estetica marziale che si atteggiano in aggressive ed inutili dimostrazioni di forza suprema.

A questo punto una considerazione è doverosa, ritornando alle verità, se nella difesa personale supponiamo che non ne esistono di verità assolute, tanto meno quelle di seguito espresse possono essere considerate tali, tuttavia quanto leggerai, rappresenta uno sforzo legato alla comunicazione non promozionale, ed è quindi inteso come un tentativo concreto di fornire indicazioni per quanto possibile precise ed utili, senza nascondere nulla che possa servire veramente a tutelare il valore insostituibile di una vita umana.


Di seguito elencheremo una serie di scenari utili ad inquadrare una tipica situazione di aggressione con arma bianca

PRIMO SCENARIO: RISSA IN UN BAR

Un gruppo di avventori bevevano tranquillamente in un bar. Tutto era tranquillo, ma improvvisamente fra due di questi avventori, sino ad un attimo prima tranquilli, scoppia una lite.

Il più minuto dei due, forse anche il più alterato, si lancia verso l’altro colpendolo con un pugno diritto. Non c’è tempo di dividerli che i due rotolano furiosamente avvinghiati a terra, ed il più grosso prende facilmente il sopravvento: seduto sopra l’altro lo tempesta di colpi.

Il più piccolo tuttavia non si arrende: sbraccia, scalcia e tenta disperatamente di divincolarsi e fuggire. Fortunatamente non passa molto che altri clienti superato lo stupore iniziale, si precipitano sui contendenti e riescono a dividerli, e solo allora nel rialzarsi il più grosso nota la macchia scura sul suo fianco destro e fatti pochi passi si accascia. Colpito da un coltello che non ha sentito e non ha visto, sopravviverà dopo il ricovero in ospedale e diversi giorni di cure .

SECONDO SCENARIO: TENTATIVO DI RAPINA

Tre malfattori hanno costretto spalle al muro un malcapitato minacciandolo con dei coltelli, esibiti con l’intento di ottenere il bottino desiderato, un portafoglio ben fornito di denari che è stato notato durante gli acquisti fatti poco prima in un negozio.

Il più deciso dei tre, forse il capo, si fa avanti ed allunga il braccio armato di un coltello con la lama leggermente curva verso il viso della vittima per fargli consegnare il portafoglio.

Improvvisamente però l’aggressore, come scottato dal fuoco, ritrae il braccio e con un salto all’indietro si allontana da quello che fino ad un attimo prima era la vittima predestinata.

Il malcapitato infatti ora invece del portafoglio ha nella mano destra un lucente coltello aperto, con il quale ha già colpito all’altezza del polso l’incredulo malvivente, recidendo di netto i flessori della mano.

Non lascia il tempo agli alti di superare lo sbandamento della sorpresa, con due passi rapidi si porta verso l’uomo alla sua sinistra e con un movimento in laterale discendente lo ferisce con un taglio secco e penetrante dietro al ginocchio, facendolo stramazzare al suolo. Quando si volta per fronteggiare l’attacco del terzo aggressore non trova però nessuno, è fuggito a gambe levate nello stesso momento in cui il secondo cadeva colpito.

TERZO SCENARIO: AGGRESSIONE IN DISCOTECA

Un giovane chiacchiera con una coetanea in discoteca circondato da altre persone che attorno a loro ballano e si divertono.

Improvvisamente tra la folla si fa largo un tizio che gli si avvicina con fare esuberante, ma tutto sommato tranquillo. Giunto a due passi dal ragazzo però cambia atteggiamento indicandolo con una mano e apostrofandolo pesantemente come un possibile rivale in amore, con l’altra estrae un coltello e colpisce il ragazzo alla gamba ed alla natica, fuggendo subito dopo tra la calca della folla.

Il ragazzo colto di sorpresa e completamente bloccato dal panico viene trasportato al pronto soccorso dagli amici. Le ferite fortunatamente non hanno prodotto un danno permanente e il ragazzo serberà due piccole cicatrici  e un brutto ricordo della vicenda occorsagli.

QUARTO SCENARIO: UBRIACO VIOLENTO

La birreria paninoteca il venerdì sera è luogo d’incontro per mangiare qualcosa, bersi una birra e ascoltare musica chiacchierando con amici.

Un tizio entra spavaldo quando il locale è già affollato, si appoggia al bancone e chiede da bere. Dopo aver trangugiato una media ne chiede subito un’altra, al rifiuto del barman che intuisce lo stato alcolico del nervoso cliente, inizia ad inveire ed urlare, poi come un lampo spazza con un braccio i bicchieri dal bancone, afferra l’ultimo rimasto, un calice da birra e con un movimento secco ne rompe il bordo sullo spigolo, lanciandosi subito dopo all’inseguimento del barista.

Questi con prontezza d’animo si chiude nel retrobottega sprangando la porta, l’energumeno allora ormai completamente partito prende il primo ragazzo che gli capita a tiro e gli pianta il bicchiere rotto alla base del collo, minacciando di sgozzarlo.

Seguono attimi di terrore, interrotti dall’arrivo dei Carabinieri, alla vista dei quali il delinquente si libera del ragazzo, ma continua a minacciare i militari con il bicchiere rotto in mano, solo dopo una trattativa ben condotta, i due carabinieri riescono a condurlo via  senza colpo ferire, il ragazzo se la cava con un grosso spavento e qualche graffio.


Conclusioni

Questi sono alcuni casi. A volte si sente dire “non ho sentito il dolore solo colpi e qualcosa che entrava nella gamba, qualche attimo dopo con i pantaloni inzuppati di sangue stavo barcollando alla ricerca di aiuto”, spesso si sentono queste testimonianze a conferma che il coltello è facile da nascondere ed essere usato da chiunque.

Una lama non è fredda solo al tatto, è fredda anche quando te la vedi davanti e capisci che può colpirti e penetrare dentro di te

Si fa un gran parlare di lame curve, dritte, corte, seghettate, a doppio filo, a un filo e mezzo, di coltelli a lama fissa, a scatto, clip ad apertura singola, di daghe e pugnali combat, ma tra persone normali, quelle per intenderci che hanno una vita divisa tra casa, lavoro, amici, famiglia, interessi e la palestra, ci si può fermare molto prima, diciamo al coltello da cucina anche piccolo.

A questo gruppo appartiene il 95% della popolazione, escludiamo il rimanente 4 % (forze dell’ordine nei vari contesti operativi) e lo 1% di coloro (e supponiamo sia già una percentuale ampiamente in eccesso) che un coltello in combattimento lo sanno maneggiare davvero, per combattimento intendiamo non una coltellata alla schiena, ma un ipotetico duello alla pari tra due armati svolto secondo delle regole prestabilite.

Nel prossimo articolo entreremo nello specifico della questione.

Note


[AUTODIFESA] Sopravvivere al coltello: I diversi tipi di aggressione

Dopo il nostro articolo precedente, entriamo finalmente nello specifico della questione


Sai cosa può fare realmente questo banalissimo coltello destinato ad usi alimentare?

Esattamente quello che stai pensando, recidere tendini, vene, arterie, muscoli, parete addominale, carotide, oppure perforare il busto o la schiena nella quasi totalità dei casi arrivando a ledere organi vitali.

Sei mai stato colpito da un oggetto tagliente, appuntito o hai subito una ferita da punta, un taglio? Sai cos’è un pneumotorace, una ferita asciutta, quanto sangue esce da una vena recisa? Sai che un uomo senza il minimo addestramento, senza l’ombra della minima attività fisica, senza nessuna conoscenza specifica, può impugnare un coltello e colpire in un corpo a corpo fino a 10 volte in cinque secondi?

Sai quanto ci impiega un aggressore armato di coltello a chiudere una distanza di 2,4,6 metri? Conosci lo stato d’animo nel quale ti troveresti se di fronte a te chi ti minaccia brandisse veramente questo comune coltello da cucina? Sai come ti attaccherebbe, con quale forza può arrivare a colpire,con quanta energia stringerebbe l’arma?

Sai che resistenza è in grado di opporre l’aggressore una volta che hai (eventualmente) preso il suo braccio armato? Riusciresti a fare quello che fai quando ti alleni in palestra con qualcuno fermamente intenzionato a tagliarti o a bucarti con un coltello?


La figura alla quale faccio riferimento non è quella di un esperto

Mentre rispondi alle domande, ricordiamoci che la figura alla quale faccio riferimento non è quella di un esperto.

Stiamo parlando di una qualsiasi persona che in preda ad un raptus violento impugna l’arma in questione (un coltello da cucina diventa arma nel momento in cui è brandito per arrecare danno fisico), con la ferma intenzione di provocare lesioni nei confronti di chi si trova davanti.

Purtroppo oltre ad una fisiologica delinquenza nostrana negli ultimi anni si è costituita una nuova struttura criminale, con connotazioni extracomunitarie (cioè composta da persone che giungono da fuori i confini europei).

Essa ha nella clandestinità, nel totale disinteresse delle leggi italiane e anche nella determinazione ad affermarsi in modo violento i propri fondamenti. Fattori che la pongono al centro di quella che è definita microcriminalità, ma che di micro per chi la subisce ha ben poco.

Non mi compete l’analisi dei fattori contingenti, ne intendo giudicare o esprimere opinioni al riguardo

Questo dato di fatto mi interessa per gli aspetti legati al porto ed utilizzo di armi bianche che sembra essere predominante nella realtà di oggi.

In questa società si è affermato per motivi diversi il coltello per varie ragioni che posso identificare nel costo minore rispetto altre armi e la facilità con cui ci si può approvvigionare di queste armi, ma anche facilità di occultabilità, di disfacimento, praticità d’uso e da non sottovalutare in caso di fermi per controlli, minore o quasi nullo indice di punibilità rispetto alle armi da fuoco.

Per quanto riguarda le figure di potenziali aggressori sono raccontate nei brevi racconti iniziali due sole di queste storie vedono coinvolti per motivi ben diversi esperti di combattimento, negli altri casi si tratta di delinquenti che definisco portatori di coltello, individui che portano l’arma e la utilizzano contro persone disarmate per vari scopi (aggressione,violenza, rapina ecc..)

Oggi è il portatore di coltello che fa la triste storia odierna, storia misera naturalmente di chi senza arte nè parte, si serve dell’arma per colpire persone inermi.

Magari anche alle spalle; il portatore di coltello è l’ultimo stadio al quale si pensa di poter opporre una difesa vitale nell’eventualità di un pericolo.

Egli ha l’arma con se quindi la conosce e premedita, sebbene non sia un combattente di coltello o un esperto, è determinato nell’utilizzarla e ne conosce le applicazioni pratiche.

Vediamo ora questa scaletta di possibili aggressori armati:

Il Rafforzatore

Il rafforzatore prende dall’ambiente (strada, macchina,bar, ecc…) qualunque strumento passi ai suoi occhi come potenziamento della sua azione offensiva.

Cacciaviti, martelli, coltelli da cucina, sono ai suoi occhi armi con le quali colpire spesso in maniera disordinata e ripetitiva la vittima.

I colpi possono essere diretti all’addome, schiena alta, torace e finiscono spesso quando portati con presa sopramano sugli avambracci della vittima che si protegge per ripararsi istintivamente dagli attacchi.

Il Raccattatore

Il raccattatore è colui che in preda ad un raptus si serve di oggetti del luogo trasformandoli in armi.

Pur alterato emotivamente seleziona in maniera analitica/istintiva armi occasionali (bicchieri e bottiglie frammentati, coltelli da banco, cacciaviti, punteruoli ecc…) che gli consentano azioni offensive incisive, colpisce di taglio e di punta sia con presa sottomano che sopra mano e i bersagli sono quelli del rafforzatore.

Il Portatore

Il portatore porta l’arma con sé, la tiene nascosta.

Che sia nei pantaloni, semplicemente in tasca o nella giacca, nel marsupio, infilata nei calzini e se con clip la aggancia spesso anche agli slip o alla cintura sul davanti o di dietro.

Ci sono stati casi di lame ricavate o innestate su fibbie di cintura o fibbie affilate, portachiavi affilati, chiavi di casa, di macchina affilate o appuntite

Nel caso di un coltello vero e proprio si tratta spesso di serramanico con lama dritta con apertura a scatto (molletta) o apribile a due mani, oppure ancora quei pericolosi apribili ad una sola mano sul modello spyderco, con lama diritta o semi-curva, spesso seghettata ed estremamente tagliente .

Il portatore, che ripeto non è un combattente di coltello, conosce comunque la sua arma e ne ha quindi una buona manualità, spesso è in grado di estrarla ed aprirla molto velocemente e non si fa scrupoli ad utilizzarla per colpire frontalmente di fianco o da dietro.

I colpi sono diretti al corpo, alle gambe e ai glutei  come azione di marcatura e in tal caso non sono dati per uccidere, oppure sono diretti di taglio al volto per segnare la vittima.

Anche in questo caso non sono colpi mortali, oppure diretti a zone specifiche come ad esempio il cosiddetto sorriso di “Allah” (bersaglio = gola, colpo di matrice araba) per uccidere come quelli ai naturali bersagli vitali compresi nel busto dalla gola all’addome.

Il portatore tuttavia può differire dalle due precedenti tipologie perché talvolta utilizza l’arma per minacciare e non sempre per colpire.

Mentre i primi due gruppi impugnano l’arma nel momento dell’ira (quando i freni inibitori per diverse ragioni vengono meno) e quindi spesso la utilizzano per colpire subito dopo, il portatore è consapevole dell’arma e la utilizza in contesti anche diversi (minaccia, intimidazione, avvertimento, colpi segnatori e per ultimo azioni letali) e con modalità diverse dai primi.

Ad esempio può estrarre l’arma e minacciare un attacco senza per questo arrivare a farlo, oppure estrarlo durante una colluttazione e colpire senza preavviso.

Queste considerazioni mi portano a valutare attentamente il contesto comparsa di un’arma, perché pur nel grande pericolo al quale ci sottopone quest’eventuale situazione, la stessa si presenta con caratteristiche diverse che vanno analizzate e studiate per conoscere i meccanismi.

Dobbiamo quindi essere in grado almeno da un primo punto di vista teorico/pratico di riconoscere non solo le armi, ma il contesto, le circostanze  e le possibili variabili, per sfuggire il pericolo dobbiamo captarne prima i possibili segnali ed essere pronti ad agire.

Note


Ridi pagliaccio… ridi! Lo spettacolo deve continuare

Continuare… nonostante tutto.

Mamma, perché quel pagliaccio piange mentre cerca di far ridere noi?”

Questo chiesi a mia madre quando avevo cinque anni e mi aveva portato al Circo Zanfretta a Carbonia.

Piange perché deve aver ricevuto una cattiva notizia, ma l’ordine è ridi pagliaccio…ridi, lo spettacolo deve continuare nonostante tutto“

Quelle parole mi rimasero come scolpite nella mente, mi chiedevo come si potesse continuare lo spettacolo mentre il cuore chiedeva di poter piangere e scappare via.

Questo ricordo comunque fu ed è il credo che ho sempre seguito nella mia vita lavorativa e sportiva.

Nel 1985 dopo due anni di preparazione, portai una mia atleta ai campionati Italiani di Karate, avevamo passato i due anni di lavoro sacrificando tante domeniche per dedicarci alla preparazione individuale.

Avevo sperimentato che nonostante la corazza che mi ero creato, mi affezionavo ad ogni allievo. Il lavorare, sudare e sacrificare assieme creava e crea un flusso che ci univa e tuttora ci unisce.

Arrivammo a Roma e vinse in titolo Italiano dopo ben cinque combattimenti. Una volta tornati a casa però non venne più in palestra, la contattai e mi disse queste testuali parole

Il mio ragazzo non vuole che continui perché se mi rompono il naso non mi vuole più“.

Piangendo mi disse che non sarebbe più venuta in palestra.

Un pezzo della mia corazza si ruppe e sentii che anche un pezzo di cuore se ne andava, fu difficile per me credere ancora in qualcuno che mi chiedeva di essere preparato per le gare, ma lo feci, iniziai a preparare altri ragazzi e una ragazza di 20 anni e 50 kg di peso.

Lavorammo sodo per diversi anni, facendo esperienza gareggiando in tornei promozionali, fino a che non venne il momento dei campionati Italiani.

Il Palalido a Roma era gremito, atleti e spettatori creavano un’atmosfera elettrizzante.

L’adrenalina era alta, quando salì sul tatami la mia atleta vi furono molte risate e fischi. I 50 kg creavano ilarità, ma quando vinse il primo combattimento vi furono più applausi che fischi, quando infine vinse, dopo cinque combattimenti il titolo Italiano, un boato scosse il palazzetto, gli applausi e le urla di incredulità del pubblico furono la gratifica per la ragazza, nonostante tutte le umiliazioni era stata caparbia e il risultato l’aveva premiata!

Maestro, devo partire per lavoro a Limone sul Garda. Mi piange il cuore, devo abbandonare la palestra!

Un altro pezzo di corazza si ruppe e un altro pezzo di cuore assieme a lei.

Continuai comunque a credere nei miei atleti, ripromettendomi però di non affezionarmi più a nessuno. Sono passati tanti anni da quei giorni, forse centinaia di atleti sono transitati in palestra, iniziai la preparazione di un ragazzetto di nove anni il quale aveva espresso il desiderio di combattere.

Campionati regionali medaglia d’oro, campionati del mondo quarto posto su 40 combattenti, campionati interregionali medaglia d’oro, mi affezionai a quel ragazzino, perfezionammo tattiche di gara, strategie che si dimostrarono vincenti, le soddisfazioni iniziavano ad arrivare, mi dicevo

Vedi, dopotutto c’è qualcuno che non demorde, che vuol continuare, che vuole essere un campione, hai fatto bene a dare ancora fiducia”.

Circa un mese fa mentre ci si preparava per i prossimi mondiali, prima dell’allenamento questo ragazzino venne con la madre la quale mi disse:

Non vuole più continuare, con grosso dispiacere anche per noi, abbiamo cercato di fargli cambiare idea ma non c’è niente da fare

Avevo dimenticato cosa si provasse, ma in quel momento sentii una mano che mi stringeva il cuore, non riuscii a dire altro che “Pazienza, ti stai portando via un pezzo del mio cuore, ma sopravvivrò!“.

Andati via. Entrai nello spogliatoio, e senza accorgermene sentii una lacrima che mi scendeva lungo la guancia.

L’asciugai, udii i ragazzi che entravano in palestra per iniziare la lezione. Era ora, mi tornò in mente: “Ridi pagliaccio…ridi, lo spettacolo deve continuare“.

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Note

Nel karate ci sono PREGIUDIZI, lo sappiamo TUTTI

Quanti Sensei sono realmente qualificati per insegnare una disciplina così difficile?

I lottatori, fuori controllo, ripresero la lotta avventandosi uno sull’altro come in una lotta tra cane e gatto. Varie cinture nere e altri assistenti saltarono allora sul ring. Quando smisero di lottare, la gente che era salita sul ring tentò di attaccare un uomo con la pelle di colore differente, come se un’onda razzista fosse sul punto di esplodere nel Karate americano. Gli organizzatori del torneo a questo punto pensarono di tenere dei tornei separati per bianchi e neri, sperando che lo spirito del Bushido restituisca la saggezza agli atleti di Karate prima che degenerasse tutto nei tornei

La filosofia del Bushido finisce sempre per apparire in discussioni accademiche di questo tipo, l’ideale sarebbe che prevalesse sempre lo spirito del Bushido, così non ci sarebbero problemi, ma quanti Sensei sono realmente qualificati per insegnare una disciplina così difficile?

Quanti oggi possono dire oggi ai loro allievi “Seguitemi ,che io vi indicherò la strada“?

Il mio Maestro “Nakaashi” una volta mi ha detto I pregiudizi sono un atteggiamento della mente, la discriminazione è un’azione”.

Uno può apparire senza l’altro, i comitati e le commissioni possono formarsi per creare un codice di condotta che elimini il pregiudizio di fondo, ma c’è un solo modo per combattere i pregiudizi: un cambiamento di carattere, aiutato ed appoggiato dalla disciplina e dal rispetto.

I Maestri di una volta avevano la risposta. Per loro, nei loro insegnamenti era l’Etica: sapevano che la natura di un uomo non cambiava perchè si vestiva con abiti civili o con il gi.

Il cambiamento del carattere deve essere fatto dall’allenamento, un allenamento con una severa disciplina

La continua ripetizione e revisione delle basi, anno dopo anno, fu pensata per fare una selezione e lasciar fuori gli allievi troppo emotivi e impazienti.

Gli istruttori il cui comportamento si basa più sulla rottura che sulle promesse non dovrebbero parlare, nessuno può negare che l’atteggiamento degli allievi rifletta l’ambiente dei Dojo nel quale si allenano, ogni Dojo è unico, ognuno ha nel suo specifico ambiente la sua specifica personalità, un Dojo è il riflesso dei Sensei, dell’organizzazione e dell’ambiente.

Generalmente, un Dojo attrae e conserva gli allievi che si inseriscono nel suo ambiente

Se un Sensei segue una traiettoria deviata, i suoi allievi seguiranno la stessa traiettoria, c’era una vecchia storia che illustra questo punto:

Perché non cammini dritto figlio mio? Disse un vecchio granchio a suo figlio, devi imparare ad andare dritto!Insegnami come, padre, rispose il giovane granchio, e quando andrai dritto, proverò a seguirti.

Un’immagine vale più di mille parole e finché i Sensei di questo paese non agiscono seguendo questo principio, il Karate sarà come il vecchio granchio che non riuscì a rispondere al proprio figlio.


Era appena finita la guerra del Pacifico e l’occupazione del Giappone era in pieno svolgimento

Una sera, dopo aver visto un film, Arai andò a camminare a Isezaki-cho, la strada principale di Yokohama, da dove provenivano grida, voci, parolacce che ascoltava ed il suono di una rissa a Negishiva, nell’unico luogo aperto tutta la notte.

Quasi tutti i giapponesi che si trovavano per strada a quell’ora erano magnaccia, prostitute, ladri e delinquenti

Era appena finita la guerra del Pacifico e l’occupazione del Giappone era in pieno svolgimento, quasi tutti i giapponesi che si trovavano per strada a quell’ora erano magnaccia, prostitute, ladri e delinquenti, il resto erano uomini delle Forze Armate statunitensi e marinai della marina mercantile che, al crepuscolo, si riunivano nel Ne gishiya per prendersi un ultimo drink o farsi uno spuntino, in questo miscuglio così eterogeneo di gente, le risse notturne erano abituali e il Negishiva era il luogo adatto a questo.

Ci fermammo a guardare e la rissa finì in piazza, di fronte all’entrata, un marinaio della mercantile stava lottando con due soldati e un bullo, il marinaio non riusciva quasi a reggersi in piedi, un gancio sinistro nello stomaco lasciò uno sei soldati a terra e un uppercut destro lasciò l’altro stordito.

Quando stava andando dal bullo, una bottiglia che qualcuno lanciò dalla folla gli colpì alla testa e lo atterrò

La folla corse verso di lui, gli diedero calci violentissimi e, come lupi intorno ad una preda indifesa, riempirono l’ambiente di suoni spaventosi. All’improvviso, Arai si avventò sulla folla per aiutare l’uomo, emise un kiai come non si è più sentito da quella notte di novembre, il suo kiai fece tacere di colpo la folla assetata di sangue e restarono pietrificati, proprio allora apparve la Polizia Militare e, all’improvviso, la folla scomparve.

La mattina seguente, prima dell’alba, Arai andò nel cortile antistante la casa e iniziò a praticare kiaijutsu, il Sensei diceva sempre “Devi tirar fuori il tuo spirito attraverso il suono“ dopo la notte precedente Arai si rese conto che il Kiai che aveva emesso era un Kiai di stordimento, era un buon kiai che utilizzato in momenti chiave del combattimento poteva pietrificare l’avversario o paralizzarlo, doveva essere una vera e propria arma.

In genere il kiai emesso durante la pratica delle arti marziali è un semplice grido dalla gola, ma il vero si tira fuori in modo esplosivo dalla zona addominale, in coordinazione con il diaframma, la posizione della lingua è importante, le diverse posizioni della lingua danno luogo a diversi tipi di kiai.


Muso Gonnosuke affermava che aveva sconfitto in un combattimento l’incomparabile Miyamoto Musashi utilizzando un bastone

La sua affermazione era difficile da credere, poiché nessuno era riuscito a battere Miyamoto in un duello con la Katana, e tanto meno con un bastone, la storia inoltre raccontava che Miyamoto aveva vinto gli avversari in sei duelli a morte, per questo l’impresa di Gonnosuke doveva sembrare incredibile.

Secondo quanto si racconta, accadde una seconda volta, Miyamoto sconfisse Gonnosuke in un primo combattimento ma gli risparmiò la vita, la seconda volta, dopo aver studiato per tre anni come battere  Miyamoto, ci riuscì con un lungo Bo di più di un metro e lasciò che Miyamoto se ne andasse risparmiandogli anch’egli la vita, così come aveva fatto lui con la sua.

Arrivava perfino a dover rifiutare nuovi allievi, poiché il suo Dojo avrebbe potuto correre il rischio di crollare

Il contributo di Gonnosuke ai posteri comunque non è questo fatto rilevante solo nelle arti marziali, ma è stato anche il primo ad introdurre i principi nel mondo dello spettacolo delle arti marziali e le rese attrazioni per un pubblico desideroso di pagare per vederle, riuscì anche a fare del suo modo di vestire un altro spettacolo, si vestiva come un pavone reale e si pavoneggiava come tale, tutti i suoi movimenti erano calcolati, come si dice nel mondo dello spettacolo, nessun artista vale più di ciò che può ottenere al botteghino, la gente accorreva in massa per vederlo lottare e vedere come muoveva il suo corpo.

Arrivava perfino a dover rifiutare nuovi allievi, poiché il suo Dojo avrebbe potuto correre il rischio di crollare, Gonnosuke era inoltre un uomo d’affari sensato ed intelligente, con una mente fredda, non faceva quello che fanno oggi molti professionisti, far salire i prezzi alle stelle.

È un peccato che non si sia scritto molto su di lui, è probabile che i tradizionalisti abbiano detestato il suo lato professionale, ma in quel momento chi poteva prevedere eventi futuri che si sarebbero verificati 500 anni dopo?

Un buon Sensei deve trasformare il potenziale di un allievo in qualcosa di reale, ogni allievo può diventare potenzialmente un Maestro ed è il Sensei che si fa carico di motivare ed indirizzare l’allievo perchè questo possa scoprire se stesso. La motivazione del Sensei ha un effetto simile al processo che fa trasformare una crisalide in una bella farfalla


Narra un atleta

Narra un atleta: eravamo da tre giorni in un programma di allenamento estivo in montagna e si stava rivelando duro, ci restavano davanti sette giorni di un corso di dieci giorni, stavamo imparando allenamento di arti marziali e sopravvivenza in montagna.

Dovevamo adattarci per ottenere cibo da Madre Natura

Era difficile sopportare il rigoroso allenamento che aveva stabilito il professore e, inoltre, dovevamo imparare tecniche di sopravvivenza, dovevamo adattarci per ottenere cibo da Madre Natura, per me non era molto complicato, ma per un mio compagno Tanaka stava diventando molto dura.

Tanaka non era una persona molto comunicativa ma, ogni volta che apriva bocca, l’unica cosa di cui parlava era del buon cibo che c’era nel quartiere cinese di Yokohama “Non credo di essere un Samurai, ora che ci penso, i miei antenati erano agricoltori, una cosa è certa, dovevano avere sempre qualcosa da mangiare “ .

Tutti finimmo col perdere peso, a volte Sensei diceva: “Vi stanno diventando grandi i pantaloni? Ricordate che quanto più lunga è la cintura, tanto più corta sarà la vita“.

Un giorno, dopo aver imparato a catturare pesci nel fiume con un arpione, Tanaka mi disse “Sai ora che ci penso, non ho mai sentito parlare di un Samurai grasso, probabilmente l’obesità gli avrebbe impedito di fare movimenti e avrebbe diminuito la sua resistenza, sto imparando a valorizzare questa esperienza, sto iniziando a capire perché il Sensei ha incluso questo tipo di allenamento.“

L’ultima notte il Sensei di diresse verso di noi e disse: “In tutta la sua vita Miyamoto Musashi partecipò a 60 combattimenti, la maggior parte mortali, il suo primo combattimento fu a 13 anni e l’ultimo quasi a 30, in seguito non tornò più a lottare e morì sul tatami, da vecchio ed in pace“.

Decisamente, fu una delle figure più importanti del Giappone, tuttavia non riuscì a trovare un successore, mentre lo trovarono figure meno abili di lui, Miyamoto ha commesso lo stesso errore che commettono molti bravi Maestri, tentò di formare un allievo a sua immagine e somiglianza.


Un buon Sensei non è colui che forma un allievo come lui, ma colui che trasforma il potenziale del suo allievo in realtà

Io sono io e tu sei tu, quando arriva il tuo momento, dovrai trasformarti in te stesso, e il modo per farlo è insegnare le arti marziali come un’esperienza totale, non come un’arte specializzata.

Note


[AUTODIFESA & SPORT] Punti di pressione: la spazzata

Nello studio dei punti di pressione, il praticante impara subito che attaccando qualsiasi punto può prodursi una perdita di controllo corporale, che porta al suolo l’avversario.

Questo succede non solo con i punti della testa, come è logico aspettarsi, bensì anche con quelli di qualsiasi parte del corpo.

Dunque, perché abbiamo bisogno di un livello di allenamento completo per insegnare specifiche spazzate?

La risposta è semplice, alcune persone per la loro professione, non sono solite utilizzare gli attacchi a molti di questi punti per far cadere l’avversario, professioni come agenti delle forze dell’ordine, tecnici del pronto soccorso medico e personale di sicurezza esigono metodi di controllo di basso livello che non si vedono di buon occhio in questa società.

Tuttavia, controllare ed annullare una persona pericolosa riduce il rischio di subire ferite, sia per noi che per le persone che ci stanno attorno, la chiave sta nel comprendere alcuni obiettivi accessibili da qualsiasi angolo e nell’allenarsi fino a trasformarli in un movimento naturale, è anche importante conoscere ciò che succede esattamente utilizzando uno di questi obiettivi, il che rappresenta contemporaneamente un vantaggio strategico per la persona che li utilizza.

Quando sappiamo come il corpo reagisce o si muove le possibilità che abbiamo e come intensificare l’attacco in caso di necessità, riduciamo gli scenari imprevisti e con questo lo stress e il panico, dopo aver acquisito dimestichezza con l’allenamento dovremo aumentare lo stress, la velocità e l’intensità dello stesso, per abituarci all’aumento di adrenalina ed ai suoi effetti, imparando a lavorare sugli stessi.

Oltre questo allenamento dovremo possedere altre due abilità: quella della neutralizzazione (in situazioni gravi d’emergenza) e quella del controllo continuo

I punti di pressione che si utilizzano sono la chiave ed il metodo più semplice per accedere al sistema nervoso del corpo.

Focalizzatevi, per esempio, sull’obiettivo del nervo mentoniano Miscellaneo della testa e del collo, il quale prevede tre modi per essere attivato, tre angolazioni principali d’accesso e tre di controllo, questo non offre solo una notevole versatilità,  ma anche delle ottime opzioni di controllo per chi le utilizza.

Premendo questo nervo verso il basso e verso il centro del collo, debiliteremo i muscoli del collo e potremo girare la testa dell’avversario e manovrarla in diverse direzioni, in avanti, all’indietro, ai lati e, specialmente, verso il basso, sfregando questo punto rapidamente si produce immediatamente la disfunzione delle gambe e del controllo corporale, neutralizzando così la minaccia con la stessa rapidità. In casi di vera necessità, colpendo questo punto possono anche provocarsi vari livelli di perdita di conoscenza, questi risultati possono essere ottenuti da davanti, di lato e perfino da dietro, il che aumenta considerevolmente la valenza di questo bersaglio, grazie a questo e a molti altri obiettivi sarà molto più facile manovrare, ridurre e persino immobilizzare un aggressore.

Benché questo punto sia molto accessibile, dovremo disporre di una gran varietà di obiettivi per ogni circostanza o necessità

Un altro obiettivo ugualmente efficace e versatile è quello che si trova dietro la mandibola e sotto il lobo dell’orecchio: il triplo riscaldatore, gli agenti delle forze dell’ordine, il personale di sicurezza militare e gli artisti marziali conoscono questo punto da molto tempo, ma quello che normalmente non si conosce è la sua fruibilità e il suo livello di disfunzione.

Per esempio, possiamo dominare l’avversario premendo alternativamente su entrambi i lati, alzando o abbassando e persino mettendo KO con un minimo sforzo, l’angolo più idoneo per colpire questo punto è verso la punta del naso, con delle leggere variazioni, sia nell’angolo che nel metodo di applicazione, per ottenere risultati differenti.

Un altro obiettivo da evidenziare si trova davanti al muscolo sternocleidomastoideo

Allo stesso livello del pomo d’Adamo, il nervo è una ramificazione del nervo iperglosale e si collega con il nervo vago, questo punto, inoltre, condivide la fruibilità del triplo riscaldatore e si può usare anche per causare asfissia.

Come si sa esistono due principali metodi per asfissiare un individuo o finalizzarlo o per fargli perdere conoscenza: tagliando la somministrazione d’aria è un metodo lungo e pericoloso, perché il praticante può essere ferito durante i minuti di lotta per la sopravvivenza, Tuttavia, per tagliare la somministrazione di sangue abbiamo bisogno solo di pochi secondi, benché continui ad esistere il suddetto pericolo, poiché l’avversario cercherà di difendersi per eliminare la minaccia, se utilizziamo correttamente il punto dello Stomaco 9, porremo fine immediatamente alla sua resistenza.

Sfregando verso il basso e verso l’interno il punto dello stomaco 9, si produce la disfunzione delle braccia (facendole cadere senza che pregiudichino il viso o la testa del praticante) e la debilitazione di tutta la funzione corporale, di modo che la sua applicazione risulta più sicura nei secondi precedenti agli effetti dell’asfissia per blocco sanguigno.

Quando le braccia dell’avversario si trovano sulle nostre in una situazione di grappling, sarà difficile raggiungere ed accedere a tutti i precedenti punti, nonostante ciò, esistono molti obiettivi accessibili che ci daranno il controllo dell’avversario, abbattendolo rapidamente e provocando la disfunzione temporanea del corpo.

Colpendo il punto dello stomaco 11, impediremo agli impulsi nervosi di arrivare ai muscoli sotto il punto nel lato del corpo dove lo applichiamo, accediamo a questo punto dalla parte esterna, ma di lato e dietro il vertice della clavicola, il nervo deve essere premuto contro la parte di dietro della clavicola e verso il basso per ottenere la disfunzione, ed il metodo migliore per attivarlo è raggiungerlo direttamente con la mano.

Sotto la presa dell’avversario contiamo anche su un paio di obiettivi facili per abbattere o provocare la disfunzione temporanea dell’aggressore, sopra la struttura pelvica

Il punto della cistifellea 26 è situato sopra l’osso dell’anca (cresta iliaca), ed è una ramificazione del nervo ileoipogastrico del polmone 1.

Premendo e colpendo questo nervo contro l’osso provocheremo un dolore acuto, la paralisi e la disfunzione dell’arto inferiore, questo farà cadere l’avversario verso il lato attaccato, permettendo al praticante di contenerlo o di scappare, in alcune persone può provocare persino nausea.

L’altro è il punto della cistifellea 23, situato due dita di lato della vertebra, appena sotto la 12à costola si trova un’altra ramificazione del nervo sub-costale, colpendo o premendo verso il basso ad un angolo di 45 gradi verso i genitali provocheremo un dolore acuto, la perdita di controllo muscolare e nausea.

Una delle caratteristiche di questo punto è che può contenere una spazzata di spalla o di anca.

Quando il judoka o un altro esperto in spazzate ruota la schiena e l’anca verso di noi per fare leva, semplicemente sfregando l’accesso a questo nervo verso il basso e l’interno, gli faremo cedere le gambe,debilitando la sua base, è necessario essere cauti durante l’allenamento, poiché la perdita della base può provocare lesioni nella parte bassa della schiena, dato che sarà li dove si applicherà ora tutta la pressione.

Un altro vantaggio di questo metodo per evitare la spazzata è che, cadendo, l’avversario rimarrà in una posizione perfetta per praticare l’asfissia per blocco sanguigno

Come abbiamo detto prima, un attacco dalla schiena o una montada, inoltre, per gli agenti delle forze dell’ordine, questo metodo è eccellente per abbattere da dietro l’avversario, per controllarlo o per guadagnare un vantaggio nel momento di introdurre il delinquente in un veicolo o in una cella.

La conoscenza dei punti di pressione servono anche per migliorare le spazzate nelle arti marziali,  se si imparano i punti di pressione è anche per provocare la disfunzione corporale al fine di inabilitare e far cadere un avversario, si praticano anche molte delle spazzate che vengono usate nelle arti marziali, queste comprendono dagli spostamenti di gambe alle chiavi articolari  e perfino movimenti di sacrificio.

I punti di pressione possono migliorare qualsiasi metodo utilizzato per far cadere o abbattere un avversario, dall’Aikido allo Shotokan.

Cominciando da una spazzata di piede tradizionale, usando un punto chiamato milza 6, all’interno dello stinco ad un palmo di distanza dall’osso della caviglia, potremo ottenere due spazzate differenti, colpendo questo punto verso l’alto, facciamo saltare la gamba verso l’alto e all’indietro, e non sarà necessario aumentare la forza o il tempo della spazzata convenzionale.

Se affrontiamo un avversario molto più grande di noi, è possibile lesionarsi la gamba o qualche articolazione sopportando il suo peso e la sua forza

Ma se utilizziamo correttamente i punti di pressione e calciamo questo punto verso l’alto con un angolo di 45 gradi, si produce il cosiddetto riflesso flessore o di ritirata, dove il suo stesso sistema nervoso farà alzare la gamba all’indietro squilibrando l’avversario.

Se attacchiamo lo stesso punto verso il basso con un angolo di 45 gradi, debiliteremo la caviglia e la parte inferiore della gamba, utilizzando il riflesso di paralisi naturale.

Qui è dove si perde il controllo di tutti i muscoli periferici che sostengono il peso, facendo collassate l’individuo, questo implica un potenziale e grave danno alla caviglia e alle articolazioni del ginocchio, durante la paralisi dei muscoli e la ricaduta del corpo in zone carenti d’appoggio, il peso viene disperso lateralmente e dato che le articolazioni non sono progettate per questo, si produce la lesione dei legamenti interni e del tessuto connettore. Persino i tendini che circondano la zona della caviglia, ad eccezione dell’osso frontale dello stinco, contengono quello che viene chiamato l’apparato di Golgi.

L’apparato di Golgi è un meccano recettore, esistono due recettori muscolari: il fuso neuromuscolare e l’apparato di Golgi, presenti ambedue in tutti i muscoli, hanno la funzione di evitare il danno muscolare

Il fuso neuromuscolare si trova all’interno del muscolo ed è sensibile allo stiramento muscolare, controlla la lunghezza del muscolo, se il muscolo si distende troppo ,il fuso neuromuscolare invia un messaggio al midollo spinale ed immediatamente si produce la contrazione del muscolo per evitare la lesione da stiramento eccessivo.

L’apparato di Golgi si trova nel tendine e misura la tensione di tale muscolo, benché possa sembrare simile al fuso neuromuscolare, non lo è, l’apparato di Golgi invia informazioni al cervello su piccole porzioni del muscolo, affinché il cervello sappia non solo quello che sta facendo il muscolo nella sua totalità, ma anche quello che sta facendo ognuna delle parti che compone quel muscolo.

Quando l’organo tendineo di Golgi capta un’eccessiva tensione sul muscolo (come stiramento prodotto dal nostro attacco sotto forma di sfregamento), invia un segnale al midollo spinale il quale, a sua volta, provoca il rilassamento del muscolo per ridurre la tensione.

La differenza principale tra l’apparato di Golgi ed il fuso neuromuscolare è che il fuso neuromuscolare obbliga il muscolo a contrarsi per evitare uno stiramento eccessivo, mentre l’apparato di Golgi obbliga il  muscolo a rilassarsi per ridurre la tensione

Dato che ambedue i recettori sono presenti in tutti i tendini, attaccando il braccio abbiamo visto come uno sfregamento (stiramento), il muscolo si rilassa e la gamba collassa.Possiamo usare i punti di pressione per attaccare la gamba, lavorando sulla stessa spazzata con due risultati completamente diversi, possiamo calciare con il tallone nel punto situato alla base del muscolo del polpaccio, dove si collega con il tendine d’Achille, calciando questo punto verso l’alto e ad un angolo di 45 gradi, faremo in modo che il riflesso di ritirata del sistema nervoso alzi la gamba (anche questo stesso punto e metodo possono essere usati per manovre per noi vantaggiose).

Si può calciare anche direttamente per abbattere direttamente un avversario da dietro, poiché la gamba salta in avanti priva di controllo così rapidamente che risulta quasi impossibile mantenere l’equilibrio ed evitare la caduta,l’altro modo per utilizzare queste due manovre è mirare verso il basso sul punto situato giusto sopra il muscolo del polpaccio sotto la parte posteriore del ginocchio.

Questo provocherà il collasso della gamba, che in certi casi può essere più sicuro dell’elevazione della stessa, poiché in quel momento l’equilibrio del praticante potrebbe essere in pericolo, più siamo vecchi, più sarà importante questo metodo per ottenere la spazzata perché i muscoli, le articolazioni e l’equilibrio si debilitano.

Conoscendo gli obiettivi dei punti di pressione, aumentiamo la versatilità e l’efficacia delle abilità che migliorano con l’età

Tenete presente che qualsiasi di questi  o di altri punti possono essere usati come metodo per realizzare una proiezione, un posizionamento, una spazzata o altri cambi di posizione possibili, e che non possono essere spiegati in un solo articolo,seguendo una progressione logica, dopo aver imparato i punti semplici di pressione , arriviamo al seguente livello di spazzate e di controllo, il praticante avrà bisogno solo di una minima forza per ottenere cadute, spazzate, controlli o riduzioni.

Alcuni degli obiettivi e dei metodi descritti in questo articolo, avranno necessità di allenamento costante e serio che ci permetta di dominare il controllo che ci fornisce la preparazione.

Allenatevi bene!

Note


Krav Maga: Discutiamone assieme

Durante il processo di creazione del Krav Maga, il fondatore Imi Lichtenfeld diceva sempre: “la parte della difesa personale del Krav Maga è adatta a tutti, ma per arrivare a essere un artista del Krav Maga è necessario qualcosa in più“.

Tra le altre cose abbiamo bisogno di provare noi stessi se siamo realmente capaci di fare tecniche diverse

Dobbiamo essere capaci di mettere il nostro avversario fuori combattimento nel modo più rapido ed efficace possibile e per questo abbiamo bisogno soprattutto di determinazione.

Quando il nemico porta qualsiasi tipo di arma, la nostra integrità fisica e la nostra vita saranno in pericolo finché il nostro avversario è in piedi o è capace di realizzare qualsiasi tipo di attacco,un solo movimento, un semplice calcio o pugno.

L’allenamento essenziale consiste nel rafforzare le diverse parti del corpo al massimo, cosa che è già molto,

Gli abitanti dell’isola di Okinawa, per esempio, hanno sviluppato la tecnica di pugno che Imi ha incluso nel programma di Krav Maga, consentitemi di fare un piccolo riepilogo di storia.

Quando i Giapponesi conquistarono l’isola di Okinawa, alcuni secoli fa, i soldati invasori indossavano armature di legno, composte da canne di bambù intrecciate tra loro, questa era la miglior difesa che la tecnologia di quell’epoca poteva offrire, in risposta a questo gli abitanti dell’isola si allenavano in segreto colpendo pietre e pezzi di legno per rafforzare le nocche dei pugni il più possibile.

Volevano essere in grado di penetrare l’armatura rompendola con un solo colpo e, normalmente, uccidevano il soldato con un solo pugno, quando Imi decise che fosse arrivato il momento di insegnare la tecnica, ha fatto le lezioni  appendendosi un pettorale di legno (all’altezza del petto), composto di tavole forti e dure, diceva di mettersi di fronte a lui ed iniziare a colpirlo ripetutamente con i pugni, così disse

“Rafforzerete le nocche dei pugni finché non sarete in grado di mettere KO il vostro avversario con un solo colpo. La vostra capacità di colpo crescerà lezione dopo lezione, sentirete che la vostra capacità di rompere cose, migliorerà e comprenderete il vero potenziale dei vostri colpi, saprete esattamente  quello di cui sarete capaci di fare e, sia voi sia i vostri futuri allievi raggiungerete un altissimo grado di fiducia in voi stessi “.

In una lotta reale, abbiamo solo un’opportunità di colpire ed è meglio essere capaci di mettere KO l’avversario con un unico colpo

Questa è una delle cose più importanti, in fin dei conti quasi tutti acquistiamo più autostima e, in una lotta reale, abbiamo solo un’opportunità di colpire ed è meglio essere capaci di mettere KO l’avversario con un unico colpo, ”e soprattutto ripeteva centinaia di volte, non dimenticate che il maestro deve dare e deve essere un esempio in tutto“

È molto facile colpire mattoni e pietre perché non restituiscono mai il colpo “, diceva sempre Imi, con un sorriso, “ma, se non lo facciamo non ci rafforzeremo, dobbiamo fare tutto con determinazione per superare i nostri avversari“.

“Quando impariamo a colpire una superficie dura con i nostri pugni , non solo li rendiamo più forti, spiegava Imi, ma creiamo un condizionamento nella nostra mente“.

Questo significava che, dopo alcune migliaia di colpi con le nocche a una tavola o a una superficie dura, questa azione si sarebbe trasformata in parte integrante dei nostri pensieri e che avremmo colpito sempre l’obiettivo istintivamente con le due ossa corrette,queste due nocche con le quali diamo i colpi di pugno, sono l’unico punto della mano che possiamo rafforzare, così come lavoriamo con i grandi muscoli della parte esterna della mano, con i quali facciamo il colpo di pugno a martello.

Imi ha insegnato come, usando i movimenti bio-meccanici appropriati e la posizione corretta, possiamo incrementare la potenza ed eliminare un nemico con un solo colpo

Anche se questi colpi non hanno la stessa forza dei pugni, Imi ha insegnato e spiegato come, usando i movimenti bio-meccanici appropriati e la posizione corretta, possiamo incrementare la potenza ed eliminare un nemico con un solo colpo, i nostri muscoli possono funzionare nella loro regolare intensità quotidiana, tuttavia, in un momento di pericolo, come allievi o artisti di Krav Maga dobbiamo sapere come farli funzionare in accordo con quei principi biomeccanici che ci permettono di raggiungere il nostro massimo potenziale.

Tuttavia se, al momento di colpire, le parti del nostro corpo non fossero pronte, potremmo provocare un danno a noi stessi anziché al nostro avversario (o avversari), per questo è così importante preparare e rafforzare le parti del nostro corpo, Quando si arriva ad un certo livello si impara a difendersi dai coltelli, pistola, bastone e fucile, è allora che il rafforzamento corporale si testa.

Imi diceva sempre che il Krav Maga come arte marziale include conoscenze sia teoriche che pratiche

Ognuno può allenarsi e insegnare il Krav Maga come meglio crede, ma solo se si insegnano tutti i segreti e i piccoli dettagli di questa arte in modo pieno e completo si fornirà al praticante la forza reale e il potenziale che sono nascosti nella creazione originale da Imi.

Il rafforzamento del nostro corpo non termina con il rafforzamento aggressivo delle nostre ossa colpendo pietre e pezzi di legno e altri allenamenti eccezionali, dobbiamo preparare ogni muscolo del nostro corpo, alcune ossa forti devono fare affidamento su muscoli forti, per esempio, facendo flessioni sulla punta delle dita, rafforzeremo il palmo della mano e lo trasformeremo in un’arma mortale e non sarebbe un’esagerazione confrontare il colpo di una persona ben allenata con il colpo di un’ascia.

Sensei Rotem fa flessioni sulle punte delle dita, rafforzando le sue dita fino al punto di essere capace di penetrare nello stomaco di qualsiasi avversario con un semplice ma deciso colpo, neutralizzandolo immediatamente, il colpo con le dita diventa anche più letale quando va indirizzato al collo, un movimento che probabilmente finirà l’avversario.

Imi spiegava sempre “il Krav Maga è un’arte marziale senza nessun tipo di violenza, noi ci difendiamo solo, ma chi tenta di attaccarci ne pagherà le conseguenze”

Questo è lo spirito del Krav Maga, che lo ha trasformato nella più letale e popolare delle arti marziali, chi voglia familiarizzare con il cammino originale di Imi e comprendere l’eccezionale spirito di lotta e sopravvivenza del popolo israeliano, deve seguire il percorso completo del Krav Maga, Imi ha costruito il suo Krav Maga come se fosse una cipolla, uno strato sopra l’altro e dobbiamo togliere ogni strato, uno dopo l’altro fino a trovare il nucleo.

Saltare una fase non ci porterà da nessuna parte, perderci una tecnica ci renderà incapaci ad imparare tecniche più difficili in futuro, per questo si da molta importanza a continuare a insegnare le tecniche di rafforzamento, per essere capaci di colpire l’avversario e finirlo, questa è la nostra autostima, questa è la nostra capacità di sopravvivenza per strada, non c’è altro modo.

Oggi si parla di “punti mortali, punti vitali“, questo significa che ci sono punti nel corpo che, quando sono colpiti, provocano la morte di chi riceve il colpo, Imi non ha mai parlato di questo per quanto riguarda il Krav Maga ma, quando qualcuno glielo chiese, la sua reazione fu di guardare con compassione la persona che gli aveva fatto la domanda, probabilmente ancora non c’era la conoscenza che c’è oggi sui predetti punti, i tempi erano diversi come sono oggi diverse le modalità per rafforzare le parti del corpo che colpiscono, ma la sua concezione era quella quindi proseguo dicendo che Imi diceva che ci si deve allenare sempre fino ad arrivare al punto di essere capaci di neutralizzare il nostro avversario in modo immediato in una lotta per strada e per questo probabilmente pensava che fosse essenziale allenarsi colpendo pietre e legno.

Per la strada non troveremo un avversario stupido

Non ci aiuterà a cercare i punti che vogliamo colpire, anche il nostro nemico sa come lottare, per questo dobbiamo essere capaci per essere sicuri di poter battere l’avversario colpendolo in qualsiasi parte del corpo, Imi spiegava: il nostro avversario è migliore di noi , solo quando lo avremo sconfitto saremo migliore di lui Il principio di difesa personale che Imi ha incluso nel Krav Maga, si applica perfettamente nella serie di difese, qui impariamo a difenderci da complesse tecniche di attacco dei nostri avversari, che  combinano pugni e calci simultanei.

Possiamo usare anche la tecnica segreta che Imi ha chiamato “Lehikanes“, la determinazione di andare all’interno. Questa tecnica nasconde tutti i segreti e la forza del popolo israeliano e del Krav Maga.

Note


[SEPPUKU] Cosa è lo Harakiri (腹切り)?

Per quanto strano possa sembrare, nessuno è in grado di precisare le origini del seppuku; questa forma atroce di suicidio.

Ma il seppuku (lettura più colta dei due ideogrammi di harakiri, “ventre – taglio“) divenne col tempo il modo di morire in quattro situazioni diverse.

Era l’ultimo rifugio per evitare un’indicibile disgrazia come quella di cadere nelle mani del nemico.

Poteva essere effettuato come JUNSHI, suicidio alla morte del proprio signore, oppure essere l’ultima risorsa per contestare un superiore di cui non si approvava il comportamento. Infine poteva essere la sentenza capitale imposta a un guerriero dalle autorità.

Lo HARAKIRI, detto anche seppuku, era naturalmente prerogativa della classe samuraica

A monaci, contadini, artigiani e mercanti non era concesso darsi questo tipo di morte.

Un nobile della corte di Kyoto, ad esempio, avrebbe preso il veleno, ciò sta a significare che lo harakiri fu scelto perché principalmente era la dimostrazione di un coraggio quasi sovrumano, qualità che insieme alla lealtà era la somma, indispensabile virtù del Samurai.

Per usare le parole di uno storico:

la scelta di tale estrema sofferenza fu senza dubbio correlata all’idea che era obbligatorio per i membri dell’elitaria classe marziale mostrare il proprio eccezionale coraggio e la propria determinazione nell’affrontare una prova così atroce che la gente comune non poteva affatto sopportare

Bisogna anche tener presente che il ventre (hara) in Giappone era considerato il centro dell’uomo, dove risiedevano il suo spirito, la sua volontà, le sue emozioni.

Chi si apprestava a fare il harakiri doveva essere pronto a esporre questa sede per dimostrare la propria sincerità. Un brano da Sole e acciaio di Mishima ci fornisce una spiegazione alquanto singolare di questa specifica concessione:

Prendiamo una mela, una mela intatta, l’interno della mela è naturalmente invisibile, così all’interno di questa mela, rinchiuso nella polpa del frutto, il torsolo si nasconde nella sua livida oscurità, tremante nell’ansiosa ricerca di sapere se è una mela perfetta.

È certo che la mela esiste, ma per il torsolo questa esistenza è ancora insufficiente, se le parole non possono confermarla, allora l’unico mezzo per farlo sono gli occhi.

In realtà per il torsolo la sola sicurezza di esistere è esistere e vedere allo stesso tempo, c’è un solo modo per risolvere questa contraddizione: conficcare un coltello ben dentro la mela, spaccarla ed esporre il torsolo alla luce, a quella stessa luce che vedeva la buccia.

Yukio Mishima, Sole e acciaio (titolo originale 太陽と鉄
Taiyō to tetsu)

Ma l’esistenza della mela finisce a pezzi, il torsolo sacrifica l’esistenza per vedere.

Col tempo si realizzò che la morte per seppuku era non solo coraggiosa, ma anche “bella“

Era considerata un’onorevole e quindi esteticamente soddisfacente fine per una vita, per quanto breve, di leale servizio.

Sin dall’inizio del Xlll secolo almeno, il seppuku come pratica comune divenne talmente parte della tradizione Samuraica, che al figlio di un guerriero gli venivano impartite già nell’infanzia istruzioni al riguardo.

In epoca posteriore il Seppuku divenne una cerimonia rituale, specie quando a un samurai veniva imposto (o dal Governo o dal suo signore feudale) il suicidio.

Già verso la fine del XVll secolo erano state codificate regole molto complicate, come il numero di tatami da usare e la loro disposizione.

I tatami erano stuoie di giunchi di circa un metro per due, usate per coprire i pavimenti delle case.

Dovevano essere bordati di bianco e su questi veniva posto un grande cuscino sul quale il guerriero che doveva fare seppuku si poneva in atteggiamento formale.

Inginocchiato e seduto eretto sui talloni, circa un metro dietro di lui alla sua sinistra, stava inginocchiato il kaishakunin, l’assistente al seppuku. Egli era un amico intimo del protagonista, che brandiva la spada nelle due mani e il suo compito era di decapitare l’amico nel momento concordato insieme prima della cerimonia.

Così a meno che non gli fosse ordinato diversamente, il kaishakunin cercava di cogliere il minimo accenno di sofferenza o di incertezza, pronto a decapitare il condannato appena questi si conficcava il pugnale nel ventre dopo averlo preso dal vassoio che gli stava di fronte.

Si dice che sovente la decapitazione avesse luogo appena il pugnale era tolto dal vassoio o addirittura al solo stendersi della mano verso di esso.

I coraggiosi che riuscivano a portarlo a termine, si tagliavano da sinistra a destra e quindi volgevano la lama verso l’alto, questa tecnica era conosciuta come jumonji, taglio traverso, poi interveniva il kaishakunin.

Note

Bibliografia

  • Yukio Mishima, Sole e acciaio (titolo originale 太陽と鉄
    Taiyō to tetsu) tradotto da Lydia Origlia, Prosa contemporanea, Guanda, 1982  ISBN 8877462159.