CAGLIARI: Si terrà anche a Cagliari per il 19 aprile 2024 il corteo di sciopero per il clima indetto dai Fridays For Future. Per la data di Cagliari, organizzata assieme ad Ultima Generazione Sardegna, il punto di ritrovo sarà in via Roma nella zona antistante al Palazzo del Consiglio Regionale, a partire dalle 16:30.
Anche quest’anno centinaia di persone di ogni età, sia indipendenti che militanti delle più svariate associazioni di volontariato, si riuniranno nelle varie piazze d’Italia per partecipare allo sciopero per il climache ha come obiettivo quello di sollecitare l’abbandono del modello energetico basato sulle fonti fossili e la richiesta per un cessate il fuoco immediato e permanente in Palestina. Per lo sciopero di quest’anno, infatti, al tema della giustizia climatica si unirà quello del lavoro e della pace. Momento chiave della serie di scioperi simultanei che si svolgeranno in tutta Italia sarà la manifestazione nazionale di sabato 20 aprile pomeriggio a Milano.
Per Legambiente infatti (che fa sapere il suo pieno supporto allo sciopero) il cambiamento climatico e l’inquinamento non sono problematiche di natura esclusivamente ambientale, ma questioni che nascono da processi sociali ed economicia partire dall’enorme concentrazione di ricchezza finanziaria, dalle politiche di stampo capitalista e dall’industria della guerra.
Global Strike 2024: lo sciopero dei Fridays for Future
Al grido di «Riprendiamoci il futuro» Fridays for Future Italia torna in piazza il 19 e 20 Aprile per la difesa della giustizia climatica e sociale e contro gli interessi che generano instabilità geopolitica e conflitti armati nel Mondo. Per gli attivisti climatici infatti la mancata transizione energetica e le guerre in Medio Oriente sono argomenti strettamente collegati.
Secondo Martina Comparelli (FFF Milano) «Gli interessi delle lobby fossili continuano a finanziare gli Stati responsabili di guerre, colonialismo e genocidi, come per esempio accade nel caso del Piano Mattei di ENI voluto dal governo Meloni. La stessa ENI a fine ottobre 2023 ha firmato un accordo con chi colonizza la Palestina per esplorare giacimenti di gas nelle acque di Gaza, rendendosi a pieno titolo complice del genocidio del popolo palestinese.»
Staffer presso Nuova Isola. Tecnico della progettazione di prodotti turistico esperienziali. Studente di scienze strategiche e giuridiche della difesa e della sicurezza.
Il consorzio industriale di Sassari, dopo la decadenza del presidente delegato proveniente dal comune di Sassari e dell’esponente del Comune di Alghero, rimane senza dirigenza. Per i consiglieri di minoranza del gruppo consiliare “Porto Torres Avanti” il momento è propizio per insediare dentro un’organizzazione così importante un nome turritano. L’ultima figura dirigenziale di spicco all’interno del consorzio proveniente da Porto Torres è stato l’ex-sindaco Eugenio Cossu, negli anni novanta.
Il consorzio industriale provinciale di Sassari, nato nel 1954 per far fronte all’endemica disoccupazione nel triangolo Sassari-Porto Torres-Alghero, è l’organismo pubblico a capo delle aree industriali del nord-ovest Sardegna. Alla sua nascita il primo nucleo insediativo fu proprio il comune di Porto Torres, già interessato dai primi del novecento da piccole e medie industrie manifatturiere e traghettato tramite queste nuove riforme amministrative verso l’industria pesante petrolchimica di interesse nazionale. Allo stato attuale, la zona industriale di Porto Torres rappresenta il 90% delle aree di pertinenza del consorzio.
La ferriera sarda di Porto Torres, uno dei simboli del degrado industriale (foto Pitzoi Arcadu)
Da più di trent’anni però nei quadri dirigenziali consortili sono mancate figure provenienti dalla città portotorrese. Questo, secondo i consiglieri comunali Bastianino Spanu e Costantino Ligascitati dall’Unione Sarda, ha minato lo sviluppo mirato nella città portuale sassarese. Oltre a ciò lo sviluppo del sito è stato contemporaneamente fortemente compromesso dal fenomeno della deindustrializzazione e dai vari disastri ambientali (causati sempre dalla malagestione industriale) che hanno martoriato il territorio.
I consiglieri di minoranza chiedono perciò al Sindaco Massimo Mulas una presa di posizione ferma al riguardo. Per loro gli ultimi decenni vissuti dai portotorresi come «spettatori» devono ora essere necessariamente compensati da una nuova figura manageriale. Questa figura, con ottime competenze nel settore dello sviluppo industriale, portuale, ambientale ed energetico, dev’essere capace di risollevare le sorti di un «cimitero industriale» disseminato da eco-mostri fatiscenti un tempo grandi industrie produttive.
Staffer presso Nuova Isola. Tecnico della progettazione di prodotti turistico esperienziali. Studente di scienze strategiche e giuridiche della difesa e della sicurezza.
PORTO TORRES: In procinto della stagione estiva e dopo la buona notizia riguardante il termine dell’interdizione alla balneazione della spiaggia di Fiume Santo, a Porto Torres torna l’incubo dell’inquinamento delle acque. Attualmente sono ancora sconosciute le cause del problema.
Una lunga scia di schiuma ed acqua torbida accompagnata da un pessimo odore è apparsa nei pressi della spiaggia della Marinella, vasta area sabbiosa nei pressi della foce del Riu Mannu. Spiaggia un tempo molto frequentata, da decenni risulta completamente abbandonata a causa dell‘inquinamento dovuto alla vicina area industriale. Sempre nel sito della Marinella l’associazione «Tuteliamo il Golfo dell’Asinara» ha segnalato discariche abusive di inerti edili e rifiuti ingombranti, identificando anche la presenza di manufatti in Eternit.
L’inquinamento industriale di Porto Torres
L’inquinamento industriale di Porto Torres è un problema ricorrente nato dall’istituzione del petrolchimico nel 1963. Questo fenomeno danneggia gravemente la salute dei cittadini e paralizza tutte le attività commerciali legate all’allevamento, all’industria ittica ed al turismo. Dopo il grave incidente del 2011, che ha comportato lo sversamento in mare di decine di metri cubi di olio combustibile, l’Associazione Tuteliamo il Golfo dell’Asinara si occupa di monitorare attivamente la situazioneambientale.
Poco distante dalla Marinella inoltre è ubicata la piccola spiaggia della Minciaredda, conosciuta per la sua discarica abusiva con relativo disastro ambientale. L’area in questione, dislocata su oltre 35 ettari di proprietà del Ex-Syndial, viene chiamata la «Collina dei veleni». Nell’agosto del 2003 il movimento indipendentista Irs, con un plateale blitz all’interno della zona fino a quel momento interdetta ad occhi indiscreti, portò all’attenzione dell’opinione pubblica l’entità del danno ambientale. Solo però nel 2015 i militari del Nucleo operativo ecologico provinciale hanno messo i sigilli su tutta la zona.
Ulteriormente, secondo gli atti prodotti dall’avvocatura di Stato nel corso della decennale causa legale, si evidenzia che “le analisi chimiche, eseguite nei campioni di terreno prelevati dal suolo della discarica di Minciaredda fino alla profondità di massimo 20 metri, rilevano la presenza di idrocarburi leggeri e pesanti”.
Staffer presso Nuova Isola. Tecnico della progettazione di prodotti turistico esperienziali. Studente di scienze strategiche e giuridiche della difesa e della sicurezza.
ROMA: Associazioni ambientaliste italiane scrivono al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin segnalando lacune e greenwashing nel decreto biocarburanti del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE) e chiedendo un incontro sulla falsariga delle fonti rinnovabili.
Nella lettera le associazioni sollecitano il ministro a promuovere le rinnovabili elettriche e il biometano destinato agli usi non elettrificabili.
Cosa dice il decreto sulle fonti rinnovabili
Dal Decreto si evince che non verranno promosse le rinnovabili nei trasporti, ma verranno sostenuti solo i biocarburanti e, in futuro, i carburanti sintetici e quelli con CO2 “riciclata”, provenienti da rifiuti plastici.
Non viene, inoltre, menzionata l’elettricità da fonti rinnovabili, sia quella che alimenta le auto elettriche che il trasporto pubblico.
Cosa dicono gli ambientalisti
I biocarburanti non sono a zero emissioni e quindi non sono paragonabili all’elettricità rinnovabile.
Inoltre gli ambientalisti nella missiva ribadiscono che un quarto dei biocarburanti incentivati in “doppia contabilità” (500 milioni pagati dagli automobilisti) rappresenterebbero un vero e proprio falso biodiesel. Questo perché gli importatori di oli vegetali usati non fornirebbero una credibile certificazionedi provenienza.
Questa lacuna porta a triplicare le emissioni di CO2 e bruciare le foreste tropicali del sud-est asiatico per far posto alla coltivazione delle palme. Questo modus operandi è stato infatti già segnalato nel 2020 dagli stessi rappresentanti dei governi europei alla Commissione europea.
Secondo le stime di Transport & Environment a causa dei biocarburanti derivati dall’olio di palma e dalla soia sono a rischio 630.000 ettari di foreste.
Per porre fine all’inganno del greenwashing nell’importazione di oli esausti per le associazioni sarebbe sufficiente aggiungere o revisionare il decreto per rendere obbligatoria la certificazione della raccolta differenziata per i Comuni, i ristoranti e mense.
Se il governo italiano non controlla le importazioni, in assenza di certificazioni serie, allora è necessario che gli oli esausti di importazione siano esclusi dalla contabilità come rinnovabili e dagli incentivi di mercato.
Staffer presso Nuova Isola. Tecnico della progettazione di prodotti turistico esperienziali. Studente di scienze strategiche e giuridiche della difesa e della sicurezza.
BRUXELLES: L’Europarlamento approva una bozza di legge per rendere più chiara la vendita e la sponsorizzazione dei prodotti sul mercato. La nuova legge mira a ostacolare il fenomeno crescente del greenwashing.
Il 3 maggio 2023 l’Europarlamento ha ufficialmente iniziato i negoziati con i paesi membri dell’Unione.
544 voti favorevoli, 18 contrari e 17 astenuti. L’Europarlamento approva la proposta di legge creata per aiutare i consumatori a fare scelte più eco-sostenibili ed incoraggia i produttori ad offrire prodotti sempre più durevoli e veramente eco-friendly.
La legge prevede il ban delle pubblicità ingannevoli che includono richiami generici all’eco-sostenibilità
La proposta di legge mira ad impedire di utilizzare slogan quali “amico dell’ambiente” ,”biodegradabile” ,”eco-sostenibile” senza che vengano messe in etichetta prove dettagliate in favore di queste qualità.
Verrà impedito il richiamo fine a sé stesso alle misure sulla compensazione delle emissioni. Verrà inoltre impedito di classificare l’intero prodotto come eco-sostenibile solo perché una sua parte è tale.
Per semplificare il processo di informazione sono state ipotizzate delle certificazioni ufficiali basate su direttive prestabilite oppure rilasciate dalle autorità pubbliche.
Lotta contro l’obsolescenza programmata
Al fine di rendere i prodotti sul mercato più durevoli è stata ipotizzato un divieto che impedisca l’inserimento di un’obsolescenza programmata. Limitare le funzionalità di un dispositivo nel caso vengano utilizzati ricambi o accessori non originali (come ad esempio per le stampanti e le loro cartucce) non sarà più consentito.
Per consentire alle persone di fare scelte più coscienziose e comprare solo prodotti con una certa durabilità, i consumatori verranno informati su eventuali problematiche di riparazione dell’oggetto prima dell’acquisto.
Secondo Biljana Borzan «Le industrie non speculeranno più costruendo prodotti che si rompono appena dopo lo scadere della garanzia […] d’ora in po avranno profitto solamente i produttori che produrranno beni più durevoli»
Staffer presso Nuova Isola. Tecnico della progettazione di prodotti turistico esperienziali. Studente di scienze strategiche e giuridiche della difesa e della sicurezza.
Un reato ogni 500 metri di costa: in totale 14.544 spalmati sui 7.400 km di litorali nazionali.
E a far soffrire il mare italiano ci pensa soprattutto il cemento.
Questa la fotografia scattata dal dossier di Legambiente ‘Mare Monstrum 2009’ che racconta le storie dell’assalto alla linea di costa della penisola italiana, presentato a Roma per salutare la partenza della 24/a edizione di Goletta Verde, oggi in Friuli Venezia Giulia, da Grado.
I reati sono in aumento dell’1,6% rispetto al 2007 quando erano 14.315. Cresce anche il numero delle persone denunciate che da 15.756 passa a 16.012 mentre diminuiscono i sequestri che da 4.101 scendono a quota 4.049.
In cima alla classifica dell’illegalità costiera ci sono le regioni del sud
Con 2.776 infrazioni accertate dalle Forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto la Campania guida la classifica, seguono la Sicilia (2.286) e la Puglia (1.577).
Si registrano illeciti negli scarichi e nella depurazione: in calo del 5,5%, rimangono ancora molto elevati, con 1.810 infrazioni, 2.141 denunce e arresti (più 8,2%).
La Sardegna guida la classifica con 362 infrazioni. In aumento del 10,6% anche la pesca di frodo e quella illegale (da 5.189 a 5.741 reati) con “preoccupanti segnali di infiltrazioni mafiose” (199.896 chili di pesce sequestrato in Sicilia).
COSTE MANGIATE DA CEMENTO, PRIMO NEMICO
Il mare del Bel Paese viene mangiato dal cemento che è “il primo nemico delle coste italiane: dal calcestruzzo illegale o ‘legalizzato’ in Italia si “impasta senza sosta ai danni del mare”.
Questo il dato che emerge dal dossier di Legambiente ‘Mare Monstrum’, presentato a Roma in occasione della 24/a edizione di Goletta Verde, che conferma come il cemento sia “divoratore di litorali”.
Così, prosegue il rapporto, “tra villette, alberghi e porti turistici sono migliaia i nuovi edifici che ogni estate spuntano lungo le coste italiane”: soltanto nel 2009 a causa del mattone selvaggio si sono registrate 3.674 infrazioni, con 1.569 sequestri e 4.697 denunce.
Esempi di abusi sono quelli di Ischia, con 600 demolizioni da effettuare, e quello di Lampedusa, dove non esiste un piano regolatore. Mentre “l’assalto ai nuovi porti” deroga ai piani urbanistici per “un business da milioni di euro” ai danni delle coste.
“Abbattere diviene la parola d’ordine – dichiara Sebastiano Venneri, vicepresidente e responsabile mare di Legambiente – per vincere la guerra contro il cemento abusivo che nelle regioni del sud è diventato una vera e propria piaga”.
Legambiente ha stilato una top five degli ecomostri da abbattere: L’hotel di Alimuri a Vico Equense (Na), le palazzine di Lido Rossello a Realmonte (Ag), Palafitta a Falerna (Cz), il villaggio abusivo di Torre Mileto (Fg) e la “collina del disonore” a Pizzo Sella alle porte di Palermo.
DA LITORALE FLEGREO A CROTONE, LA LISTA DEI CATTIVI
C’è il litorale Domizio-Flegreo e la zona archeologica di Capo Colonna a Crotone: dalla Campania alla Calabria, dal Veneto all’Abruzzo e al Molise, poi Sicilia, Lazio, Toscana e Liguria.
Sono queste le bandiere nere 2009 assegnate da Legambiente ai “pirati” che hanno “danneggiato il mare e la costa”.
Ecco la lista dei ‘cattivi’ stilata da Legambiente:
Veneto
A ‘Volare Venezia’ per il progetto di villaggio turistico su palafitte nel Delta del Po, su scanno Palo, a Porto Tolle: 4-5 punti di ristoro, per la costruzione di un nuovo collegamento mobile a sud e un percorso sospeso sull’acqua verso circa 200 unità abitative poste su palafitte.
Abruzzo
Al comune di Francavilla per il resort sulla spiaggia, ora sotto sequestro della magistratura
Molise
Al comune di Termoli per la scelta di costruire un deposito ittico a ridosso delle mura medievali del borgo antico.
Calabria
Al sindaco di Crotone per il mancato abbattimento degli abusi nell’area archeologica di Capo Colonna, dove 35 manufatti abusivi permangono indisturbati, nonostante una sentenza della Cassazione dopo un iter giudiziario cominciato nel 1995.
Sicilia
Al comune di Palermo per il mancato abbattimento delle ville abusive costruite dalla mafia negli anni 70 a Pizzo Sella.
Campania
la bandiera viene assegnata per la terza volta a Regione, commissario di governo per le Acque, Arpa e diverse amministrazioni comunali e provinciali per la mancata depurazione delle acque del litorale Domizio-flegreo, per “l’ immobilismo e la pessima gestione degli impianti di depurazione campani.” Il cattivo funzionamento riguarda i cinque impianti di Cuma, Foce Regi Lagni, Acerra, Napoli nord e Caserta.
Lazio
Alla provincia di Latina e al sindaco di Sabaudia per le aggressioni al lago di Paola.
Toscana
Al comune di San Vincenzo per la speculazione edilizia nella tenuta di Ripigliano; – In Liguria alla ‘Porto di Imperia spa’ per aver realizzato uno degli approdi più grandi, con oltre 1000 posti barca, una mega speculazione con un danno pesante al territorio costiero e all’ambiente marino.
La salvezza del Pianeta non va in vacanza. Per questo, il cittadino, nemmeno in ferie dovrebbe dimenticare che non bastano solo gli accordi dei leader per ridurre le emissioni di CO2 ma che anche le singole azioni possono fare la differenza.
Essere ‘verdi’ anche in vacanza sembra più facile ora grazie ai consigli che il viaggiatore può trovare con sempre più facilità da agenzie turistiche e siti internet che indirizzano verso scelte il più eco-possibili.
Il sito britannico Carbon friendly flight finder ad esempio, funziona come un comparatore di prezzi dei voli aerei, ma oltre ai prezzi dei viaggi fornisce le tonnellate di CO2 emesse nella tratta prescelta.
Per volare da Roma a Londra ad esempio, non tutte le compagnie sono uguali in quanto a emissioni, e per semplificare la lettura, i voli a basse emissioni sono visualizzati in varie gradazioni di verde, quelli più inquinanti in rosso.
STOP EMISSIONI: Il primo passo verso un viaggio ecosostenibile comincia dalla valigia
Regola numero uno, viaggiare leggeri
Come suggerisce il sito Carbon Consultancy. Gli studi hanno dimostrato che ridurre il bagaglio riduce le emissioni legate a ogni passeggero.
Una volta arrivati a destinazione poi, ecco alcuni consigli di Carbon Consultancy, con cui concorda anche il WWF: Per ridurre le emissioni non necessariepreferire i mezzi pubblici ai taxi per muoversi, meglio ancora sarebbe noleggiare la bici, ecologica e economica.
Attenzione però a rispettare l’ambiente, restare sui sentieri e sui percorsi segnalati, soprattutto all’interno delle aree protette.
Non pensare solo alle emissioni. Non lasciare mai rifiuti di alcun genere e comunque preferire le bottiglie di vetro a quelle di plastica per dissetarsi
E ancora, una volta tornati in albergo, per ridurre le emissioni limitare al necessario l’uso di energia elettrica inclusa quella per l’aria condizionata e per la produzione di acqua calda, spegnere le luci e assicurarsi di aver chiuso i rubinetti quando si esce dalla stanza d’albergo.
Rinunciare al cambio quotidiano degli asciugamani e delle lenzuola fa già molta differenza al nostro ambiente così malato.
Alcuni souvenir costano in termini ecologici molto più di quanto li si abbia pagati
E da ultimo, portare a casa un ricordo del viaggio è sempre bello ma attenzione, alcuni souvenir costano in termini ecologici molto più di quanto li si abbia pagati: pensiamoci due volte quindi, prima di acquistare qualunque oggetto naturale, fatto con parti di animali o piante.
SARDEGNA: Sul tema della speculazione energetica interessi da ogni parte più o meno occulti esacerbano il dibattito.
Si parla da una parte di grandi multinazionali al quale parrebbero interessare solo i profitti milionari senza ricadute benefiche sul territorio. A fare da burattinaio poi l’invadente governo centrale, al quale interesserebbe solo adempire agli obblighi dell’agenda 2030 senza se o ma. Infine gli ambientalisti coscienti che la transizione energetica non sia un pranzo di gala che premono, nel rispetto dell’impatto ambientale, a non cambiare rotta.
In aggiunta, ad attizzare la folla gli interessi politici delle opposizioni che, come è lecito che sia, hanno il compito di accusare la presidenza regionale di subordinazione ai potenti.
Rimane il fatto che in maniera non chiara spuntano rapidamente nuovi impianti eolici e fotovoltaici e la gente comune vorrebbe chiarezza.
I motivi dell’opposizione alla “speculazione energetica”
Per i critici è sostanzialmente la parte della vicenda dove certe decisioni sono state calate dall’alto che ha provocato un meccanismo di autodifesa, non un’opposizione ottusa al progresso.
Questa opposizione nasce dall’esperienza storica, non dal negazionismo climatico o dalla retorica NIMBY. La gente di Sardegna teme di essere nuovamente spettatrice in casa propria. La modernizzazione passiva dell’industria petrolchimica ed il malaffare degli anni Sessanta in puro stile Angelo Rovelli ha lasciato cicatrici ambientali e psicologiche incalcolabili.
La “transizione” di allora, caratterizzata da un impatto ambientale devastante e ritorni economici e sociali, almeno per i sardi, ridotti al minimo1Il lavoro sporco della prima raffinazione dell’industria petrolchimica toccava alla bassa manovalanza autoctona, mentre la creazione del prodotto finito di valore aggiunto veniva effettuata altrove da parte di addetti specializzati ai quali inoltre l’azienda spendeva economicamente nella formazione continua, con ricadute sociali ben più positive, lasciò i moderni Sherdana cornuti e mazziati in casa propria una volta scoppiata la bolla.
Volendo fare altre digressioni, già in epoca più remota gli antichi romani definivano la Sardegna “Il granaio di Roma”. L’appellattivo derivava proprio dalla loro politica di sfruttamento spregiudicato della ricchezza locale in loro esclusiva funzione. I sardi perciò temono, ancora una volta, di venire sfruttati dal potente di turno e dai suoi emissari e di ritornare ad essere una colonia2Il termine “colonialismo” in relazione alla subordinazione forzata della Sardegna allo stato centrale venne utilizzato dagli intellettuali isolani nell’Ottocento già in epoca preunitaria . Nella storia sarda, sia antica che contemporanea, la prevaricazione dall’alto è stata un fenomeno ricorrente.
I motivi di una transizione così perentoria
Per la transizione energetica in Sardegna occorrerebbe una rivoluzione radicale, con un cambio di visione ed abitudini. La Sardegna ha il più alto livello di emissioni pro capite di CO₂ connesse ai consumi di energia. La maggior parte dell’energia elettrica è prodotta dal carbone, il più inquinante combustibile fossile in circolazione.
L’esigenza di uno sviluppo intensivo del settore nascerebbe quindi dal cambiamento climatico e dalla de-carbonizzazione, mai pienamente compiuta in Sardegna. Per gli attivisti climatici di trincea non esiste una soluzione facile o semplice. L’unica priorità é azzerare la produzione energetica da risorse fossili (ancora molto alta in Sardegna) per passare completamente a quelle rinnovabili. Alessandra Todde ritiene questo obiettivo possibile solo entro il 2040, data che però viene ritenuta oltre i termini prestabiliti per evitare danni climatici irreversibili.
Le associazioni per la transizione energetica, in aggiunta, segnalano che la polemica dietro la cosiddetta speculazione energetica, effettivamente reale in mancanza di un’efficace supervisione, verrebbe gonfiata da fakenews e campagne di disinformazione.3Comunicato stampa Legambiente 13.08.24 “Mare e laghi italiani non godono di ottima salute”: […] Senza dimenticare le numerose opposizioni regionali e locali che si sviluppano intorno a questi progetti (progetti sull’eolico offshore, n.d.r) supportati da fakenews e campagne denigratorie […}
Uno sviluppo così serrato del rinnovabile deriverebbe infine dal fatto che, oltre al fabbisogno elettrico attualmente consumato, si deve per il futuro calcolare tutta l’energia impiegata nel trasporto pubblico e privato, negli impianti di riscaldamento e nell’industria che oggi non è elettrica ma dovrà diventarlo.
L’obiettivo finale sarebbe rendere la Sardegna autosufficiente nel lungo termine e 100% green.
Lo sviluppo, se incontrollato, non é progresso
Dal punto di vista della qualità, a parte il devastante spettacolo delle aree suburbane, la vita in Sardegna è forse la migliore che un uomo possa augurarsi […] I sardi, a mio parere, deciderebbero meglio se fossero indipendenti all’interno di una comunità europea ma anche mediterranea
Fabrizio De André
La transizione energetica é un passo necessarioenon semplice, così come transizione e speculazione non sono per forza due facce della stessa medaglia. Tuttavia la storia della Repubblica Italiana insegna che uno sviluppo convulso ed incontrollato calato dall’alto porta inevitabilmente alla speculazionee al malaffare, con danni ingenti a lungo termine e ricadute benefiche solo apparenti. Pertanto, senza una supervisione attiva da chi ha veramente a cuore l’interesse del territorio, qualsiasi sviluppo artificioso e pilotato porterà solamente adanni ed a conseguenze disastrose molto profonde.
I sardi non temono il progresso, ma di diventare ospiti a casa loro. Ad aver allertato la coscienza collettiva è stata la scarsa trasparenza ed il mancato coinvolgimento attivo delle realtà territoriali tipico dei disastrosi piani industriali su larga scala della Prima Repubblica, non la prospettiva di una nuova realtà che avanza.
Staffer presso Nuova Isola. Tecnico della progettazione di prodotti turistico esperienziali. Studente di scienze strategiche e giuridiche della difesa e della sicurezza.
Con una dettagliata analisi della Lista rossa (Red List) delle specie minacciate, a ridosso del countdown 2010 fissato dai governi per ridurre la perdita della biodiversità, il rapporto ‘Wildlife in a changing world’ dell’Iucn parla chiaro: “l’obiettivo del 2010 non sarà raggiunto“.
“La vita sulla Terra è in grave pericolo“, e “nonostante l’impegno dei leader del mondo a invertire la tendenza”, la crisi della natura è “peggiore della crisi economica“: è lo scenario descritto nel rapporto redatto dall’Unione mondiale per la conservazione della natura (International union for conservation of nature).
I segnali sono evidenti e sotto gli occhi di tutti: oceani e mari senza pesci, la perdita di oltre un quarto delle barriere coralline, niente insetti impollinatori, cambiamenti climatici che “mangiano” ecosistemi e il 25% dei mammiferi sulla strada dell’estinzione.
Obiettivo 2010 – Per il vicedirettore del programma specie dell’Iucn, Jean-Christophe Vie:
È il momento di riconoscere che la natura è la più grande società di lavoro sulla Terra, a vantaggio del 100% di tutta l’umanità. I governi dovrebbero sforzarsi nel risparmiare la natura come nell’economia
Fino al 2010, dice il direttore generale della Red list dell’Iucn, Craig Hilton Taylor, “la comunità mondiale deve usare saggiamente questa relazione“, mentre per il presidente dell’Iucn species survival commission, Simon Stuart.
Se non affrontiamo le cause di insostenibilità del nostro Pianeta, i nobili obiettivi dei governi per ridurre il tasso di estinzione non contano nulla
Sos natura – La relazione, pubblicata ogni quattro anni, analizza 44.838 specie della Red list
Lo studio mostra che 869 specie sono estinte e come si arrivi a 1.159 aggiungendo le 290 specie a rischio di estinzione contrassegnate come probabilmente estinte.
Nel complesso, almeno 16.928 specie sono minacciate di estinzione.
Considerando che è stato analizzato solo il 2,7% degli 1,8 milioni di specie descritte, è “un numero che fornisce una sottostima, ma offre un utile quadro di ciò che sta succedendo a tutte le forme di vita sulla Terra“.
Oceani senza pesci e cambiamenti climatici – I cambiamenti climatici, in parte, contribuiscono alla perdita di habitat ‘mangiando’ le caratteristiche principali dei diversi ecosistemi.
Con una quota significativa di specie che non sono attualmente minacciate di estinzione ma che sono sensibili ai cambiamenti climatici
Questo include il 30% di uccelli non minacciati, il 51% di coralli non minacciati e il 41% dei non-anfibi minacciati. Viene segnalato anche un rapido declino per i coralli.
Secondo la relazione in Europa, per esempio, il 38% di tutti i pesci sono minacciati e il 28% in Africa orientale.
Negli oceani, il quadro è altrettanto “desolante”: una vasta gamma di specie marine stanno vivendo “una potenziale irreversibile perdita” dovuta a pesca eccessiva, cambiamenti climatici, specie invasive, sviluppo costiero e inquinamento.
Almeno il 17% delle 1.045 specie di squali, il 12,4% di cernie e 6 tartarughe marine su 7 sono minacciate di estinzione.
Il 27% delle 845 specie di coralli sono a rischio, il 20% è minacciato da vicino e per il 17% deve esser valutato.
A rischio il 25% dei mammiferi – La relazione dell’Iucn mostra come quasi un terzo degli anfibi, più di uno su otto, siano uccelli e quasi un quarto dei mammiferi sono minacciati di estinzione.
La distruzione degli habitat, attraverso agricoltura, disboscamento e sviluppo, sono la principale causa.
Per i mammiferi, è insostenibile la caccia, che è la minaccia più grave dopo la perdita di habitat. Questo, sta avendo un grande impatto in Asia, dove la deforestazione ha un tasso molto rapido.
La fame nel mondo raggiunge un nuovo record: Per la prima volta nella storia umana, oltre un miliardo di persone in tutto il mondo risultano sottonutrite.
Lo rende noto la Fao, che ha rivisto al rialzo le stime per il 2009 sul numero di persone che soffrono la fame, indicando la cifra di 1,02 miliardi.
Tale cifra supera di oltre 100 milioni il livello dell’anno scorso e rappresenta circa un sesto della popolazione mondiale.
Questo aumento della fame a livello mondiale – spiega la Fao – non è la conseguenza di raccolti insoddisfacenti, ma della crisi economica mondiale che ha ridotto i redditi e aumentato la disoccupazione.
E anche nelle nazioni sviluppate la denutrizione è divenuta un problema crescente, riguardando 15 milioni di persone.
La fame nel mondo ha mostrato un trend di lenta ma continua crescita nell’ultimo decennio
Deb Haaland – Raccolta alimentare in Nuovo Messivo (2019)
La fame nel mondo – sottolinea l’agenzia delle Nazioni Unite – ha mostrato un trend di lenta ma continua crescita nell’ultimo decennio.
Quest’anno il numero di persone vittime della fame è previsto crescere globalmente dell’11%, secondo le stime della Fao basate su analisi del Dipartimento per l’Agricoltura degli Stati Uniti.
Quasi l’intera popolazione sotto-nutrita vive nei Paesi in via di sviluppo ma una fetta di 15 milioni riguarda i Paesi sviluppati.
In Asia e nel Pacifico circa 642 milioni di persone soffrono di denutrizione cronica; nell’Africa Sub-Sahariana 265 milioni; in America Latina e nei Caraibi 53 milioni; nel Vicino Oriente e nel Nord Africa 42 milioni.
La situazione di crisi economica di alcuni Paesi in via di sviluppo – nota la Fao – è anche aggravata dal fatto che i trasferimenti monetari (le rimesse) degli emigrati nei loro Paesi d’origine sono diminuiti sostanzialmente nel corso di quest’anno, causando una notevole riduzione delle riserve estere e dei redditi familiari.
La diminuzione delle rimesse, insieme al previsto declino degli aiuti ufficiali allo sviluppo, ridurrà ulteriormente la capacità dei Paesi di avere accesso al capitale necessario a sostenere la produzione e a creare reti di sicurezza e schemi di protezione sociale per i poveri.
Mentre i prezzi alimentari sui mercati internazionali sono diminuiti nel corso degli ultimi mesi, i prezzi interni nei Paesi in via di sviluppo sono scesi assai più lentamente e sono rimasti più alti in media del 24% alla fine del 2008 rispetto al 2006.
DIOUF, ADOPERARSI TUTTI CON URGENZA PER SRADICARLA
La Fao nota infine che i prezzi dei generi alimentari di base, sebbene siano diminuiti, restano ancora più alti del 24% rispetto al 2006, e del 33% rispetto al 2005.
“Questa silenziosa crisi alimentare costituisce un serio rischio per la pace e la sicurezza nel mondo. Abbiamo urgentemente bisogno di creare un largo consenso sul totale e rapido sradicamento della fame nel mondo, ed intraprendere le azioni necessarie ad ottenerlo”.
Lo afferma il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, commentando la stima dell’agenzia Onu di un livello record di oltre 1 mld di persone affamate nel 2009.
L’attuale situazione dell’insicurezza alimentare nel mondo non ci può lasciare indifferenti
“L’attuale situazione dell’insicurezza alimentare nel mondo non ci può lasciare indifferenti – aggiunge Diouf – Le nazioni povere devono essere dotate degli strumenti economici e politici necessari a stimolare la produzione e la produttività del loro settore agricolo”.
“Gli investimenti in agricoltura – conclude Diouf – devono aumentare, perché per la maggioranza dei Paesi poveri un settore agricolo in buone condizioni è essenziale per combattere i problemi della fame e della povertà, ed è un prerequisito indispensabile per la crescita economica generale”.
Direttore responsabile presso Nuova Isola. Dottore tributarista. Ex giornalista pubblicista.
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