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Israele intensifica attacchi a Gaza, ignorando pressioni USA

La visita di Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale statunitense, non è bastata per placare gli attacchi israeliani nella Striscia di Gaza.

La Casa Bianca ha di recente inviato il consigliere americano (che non ritiene che quello che succede a Gaza sia un genocidio) per interfacciarsi con i leader israeliani. L’obiettivo principale di Sullivan era quello di convincere la leadership dello stato di Netanyahu a condurre attacchi più mirati contro Hamas ed evitare aggressioni distruttive su larga scala (ovvero quelle finora perpetrate).

Al 19 maggio 2024, stando a fonti di Al Jazeera, gli scontri armati hanno ucciso più di 35mila palestinesi, incluse donne e bambini.

I colloqui e la situazione a Gaza

Sullivan ha parlato con il Presidente della Repubblica Isaac Herzog ed avrebbe dovuto anche incontrare il premier Benjamin Netanyahu. Il premier israeliano si ritrova ad essere il massimo esponente della linea dura contro Hamas-Palestina. Netanyahu infatti ha dichiarato di voler proseguire gli attacchi a Rafah anche senza il sostegno degli USA. Per questo motivo, subisce fortissime pressioni in patria, con numerose proteste nelle maggiori piazze israeliane. In suo aiuto arriva Joe Biden che, nonostante lo abbia ufficialmente ammonito dal continuare l’assalto a Rafah, continua a fornire supporto bellico e diplomatico ad Israele.

L’attacco su larga scala a Rafah ha provocato, secondo le Nazioni Unite, un’emergenza profughi di più di 800 mila palestinesi. Il governo israeliano, sordo contro ogni condanna, continua a difendersi sostenendo che tali operazioni così distruttive sono assolutamente “necessarie” per distruggere ogni roccaforte di Hamas.

L’IDF (Israel Defense Forces) ha condotto incessantmente operazioni militari via terra e via aria. La stessa IDF, con la sua condotta spregiudicata, è arrivata a colpire anche dei campi profughi (come accertato per il campo profughi di Nuseirat).

A testimonianza il giornalista di Al Jazeera Hani Mahmoud, inviato sul luogo degli scontri. Egli riferisce di come edifici residenziali che ospitano intere famiglie di profughi sono indistintamente presi di mira dalle bombe. Come conseguenza, questi vengono rasi al suolo, uccidendo gli occupanti.

Residenti di Jabalia, città a 4 chilometri da Gaza City, parlano invece di come i militari ritornino a rastrellare più e più volte aree fuori dagli scontri precedentemente dichiarate libere.

In conclusione, la condotta cieca e distruttiva di Netanyahu sembra per gli osservatori non prendere minimamente coscienza di un dopoguerra con conseguente ricostruzione (anche diplomatica e sociale) della Palestina. Di conseguenza è prevedibile come le situazioni di contrasto decennali della delicata questione palestinese saranno in futuro più gravi che mai.

(in copertina immagine di repertorio Wikimedia Commons credit: Saleh Najm e Anas Sharif)

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43° Seminario di Ventotene. «Giornate di confronto e dibattito»

Si è concluso sull’isola di Ventotene il 43° seminario di formazione federalista organizzato dall’Istituto di studi federalisti Altiero Spinelli con il patrocinio del Comune di Ventotene e della Provincia di Latina. Il Movimento Federalista Europeo (MFE) e la Gioventù Federalista Europea (GFE) hanno inoltre fornito un aiuto indispensabile all’evento. Presenti anche i rappresentanti della GFE locale di Cagliari.

Il presidente della GFE Cagliari Emanuele Palomnba interviene nel dibattito
Il presidente della GFE Cagliari Emanuele Palomba interviene nel dibattito (foto Pitzoi Arcadu)

Sull’isola di Ventotene (LT) si è svolto anche quest’anno, dal’1 al 6 settembre 2024, la 43° edizione del seminario di formazione federalista di Ventotene. Altiero Spinelli organizzò questo evento per la prima volta nel 1982. Numerosi ospiti e relatori, fra i quali Josep Borrell, Guy Verhofstadt, Pier Virgilio Dastoli, Vincenzo Camporini e Stefano Spoltore.


Presenti per tutte le giornate i militanti ed i rappresentanti della GFE di tutta la penisola di ogni colore politico. L’obiettivo comune è stato quello di gettare le basi concrete per avviare le riforme necessarie per uno stato federale europeo e di riflettere sul futuro dell’Europa.

In concomitanza si è svolto inoltre il quarantesimo seminario internazionale (il Ventotene International Seminar). Quest’ultimo, promosso dalla Young European Federalists (JEF), ha portato sull’isola ragazzi e giovani adulti provenienti da Europa, Nord America e Medio Oriente. In aggiunta a ciò un dialogo politicamente trasversale, intergenerazionale ed interculturale, con momenti istituzionali e ricreativi di continuo scambio, ha caratterizzato tutte giornate di lavoro presso l’ex isola di confino.

In alto Pier Virgilio Dastoli che commemora Altiero Spinelli, in basso Stefano Castagnoli che ripone dei fiori nella tomba di Luciano Bolis
In alto Pier Virgilio Dastoli che commemora Altiero Spinelli, in basso Stefano Castagnoli che ripone dei fiori nella tomba di Luciano Bolis (foto Pitzoi Arcadu)

Assieme al seminario, come ogni anno, è stata effettuata la rituale visita alla tomba di Altiero Spinelli e di Luciano Bolis, sepolti al cimitero di Ventotene.

(in copertina immagine di repertorio ufficio stampa UEF credit: Davide Negri)

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Cinghiali alla Maddalena, proteste per l’ordine di abbattimento

Il comune della Maddalena avvia, dopo il caso di aggressione da parte di un cinghiale selvatico contro un bambino, le operazioni per l’abbattimento della fauna selvatica dichiarata “particolarmente pericolosa”. Il provvedimento emanato dal primo cittadino Fabio Lai contro i cinghiali della Maddalena non scenderebbe però troppo nei particolari, e lascerebbe quindi agli operatori una certa discrezionalità nel decidere quali animali siano effettivamente pericolosi e quali no.

Dopo l’aggressione avvenuta contro un bambino di 9 anni il 18 agosto 2024, il comune ha deciso, non senza critiche, di prendere provvedimenti. Dopo una tavola rotonda con gli enti competenti il municipio sardo ha deciso, al fine di tutelare l’incolumità di locali e turisti, di attuare il pugno di ferro contro la fauna selvatica locale.

Per molte associazioni ed opinionisti esterni fra i quali Selvaggia Lucarelli (riportata anche dalla Nuova Sardegna) però il problema sarebbe alla base: nella suddetta meta turistica sarebbero infatti le cattive abitudini dei vacanzieri la causa del problema. I turisti, non rispettando l’indole degli animali, ne violerebbero continuamente gli spazi sbarcando in massa e bivaccando, arrivando a dargli perfino da mangiare e trattandoli “come cagnolini”.  

Per Piera Rosati (LNDC Animal Protection) il documento emanato dal Sindaco sarebbe un «Ennesimo inutile spargimento di sangue, con provvedimenti violenti e non risolutivi.». Per l’avvocato Michele Pezone invece «Nel provvedimento del Sindaco si fa riferimento nello specifico a cinghiali particolarmente pericolosi, per cui non si comprende quali criteri saranno stabiliti dai tiratori scelti per la mattanza i soggetti da abbattere». LNDC Animal Protection fa sapere inoltre di aver inviato una diffida al primo cittadino de La Maddalena per annullare immediatamente le operazioni di abbattimento.

Guerra ai cinghiali della Maddalena. Le dichiarazioni di LNDC Animal Protection

Come con gli orsi in Trentino anche qui, leggendo l’ordinanza del sindaco della Maddalena, saranno uccisi gli animali pericolosi, quindi quelli che secondo le Autorità sarebbero stati protagonisti dei casi di aggressione all’uomo e dell’ultimo avvenuto a Cala Corsara. Una nuova sanguinosa e sterile operazione che dimostra l’incapacità della politica di investire in soluzioni di medio e lungo periodo che siano rispettose della fauna, dell’ambiente e in generale della vita di altri esseri viventi, come l’educazione delle persone e dei turisti per una reciproca e rispettosa convivenza con gli animali che abitano semplicemente la ‘loro casa’, o difendono i propri cuccioli da azioni umane che reputano minacciose. Abbiamo letto altresì la recente ordinanza emanata dall’Ente Parco che vieta alle persone di dare da mangiare ai cinghiali: un po’ tardi, rispetto al programma di caccia in agenda tra poche ore, per attuare concretamente un’azione di comunicazione che possa essere efficace. Ci batteremo perché la cruenta operazione in programma oggi pomeriggio sia annullata e si valutino altri tipo di provvedimenti sul medio e lungo periodo per mettere al sicuro persone e animali.

Piera Rosati, 30 agosto 2024

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Seminario Ventotene 2024, incontro di formazione politica

Dal 1 al 6 settembre 2024 si terrà presso l’omonima isola di Ventotene (LT) la 43° edizione del seminario di formazione di Ventotene. L’evento viene organizzato dal Comune di Ventotene e dall’Istituto di studi federalisti Altiero Spinelli, con il patrocinio della Provincia di Latina. Il seminario venne istituito su iniziativa dello stesso Altiero Spinelli, una delle figure politiche europee più influenti del XX secolo.

Locandina dell’evento

Il seminario nazionale di Ventotene nacque nel 1982. In quell’isola Altiero Spinelli scrisse, assieme ad Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, il cosiddetto Manifesto di Ventotene, uno dei testi fondanti dell’Unione europea. All’apertura dell’edizione 2024 del seminario di Ventotene interverrà Josep Borrell, Alto rappresentante UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza.

In pochi anni il seminario è diventato uno dei più importanti momenti di riflessione sul futuro dell’Europa e del Mondo. In questa sede hanno partecipato svariate personalità europee del panorama politico e culturale.

La scelta di Ventotene

Il governo fascista confinò su quest’isola, dal 1941 al 1943, numerosi antifascisti fra i quali anche Sandro Pertini. Nella primavera del 1941 il gruppo formato da Spinelli, Rossi e Colorni scrisse clandestinamente e con mezzi di fortuna l’importante manifesto Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto. Fu poi infine Ursula Hirschmann a contrabbandare il manoscritto sulla terraferma.

Spinelli ritornò sulla penisola italiana solamente nel 1943 dopo l’arresto di Mussolini. Constatato il disastro avvenuto in Europa per la guerra causata dagli stati nazionali, egli maturò la convinzione che solo un’organizzazione federale avrebbe potuto far rientrare il Vecchio Mondo da protagonista nel quadro internazionale. Nello stesso anno perciò fondò a Milano il Movimento Federalista Europeo (MFE), gruppo politico trasversale ad ogni ideologia e partito. Successivamente nel 1951 nacque l’organizzazione giovanile dell’MFE, La Gioventù Federalista Europea (GFE). In Sardegna la sede locale dell’MFE e della GFE si trova a Cagliari.

(in copertina immagine di repertorio Nuova Isola)

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Visita al carcere di Uta, celle roventi e senza aria

UTA (CA): Nuova ispezione al carcere di Uta. Una delegazione di Sardegna Radicale, Radicali Venezia, Nessuno Tocchi Caino e Cellula Coscioni Sardegna ha visitato la Casa Circondariale di Uta “Ettore Scalas“ accompagnando la deputata Francesca Ghirra (AVS).

L’emergenza carceraria in Sardegna assume toni più chiari. Nel carcere di Uta su 571 posti sono incarcerati 696 detenuti. Solo nell’ultimo periodo nella casa circondariale si sono consumati 2 suicidi e svariati episodi di violenza ed autolesionismo. Appena dopo la visita un detenuto si è tagliato le vene, poiché non era riuscito a parlare con la delegazione.

Il 68% dei detenuti soffre di problemi psichiatrici e/o dipendenza da sostanze, e l’assistenza medica è marginale. Nella sezione del transito celle affollate ed invivibili con persone che sono costrette a soggiornarvi anche se, a causa della buona condotta, potrebbero essere trasferiti altrove.

Per questioni di spazio, alcuni detenuti sono costretti a risiedere nel reparto di alta sicurezza, subendo quindi restrizioni non necessarie alla loro detenzione. Il personale carcerario, nella sua interezza, è gravemente sottorganico, rendendo la vita difficile e pericolosa anche per i dipendenti della struttura.

Condizioni igienico-sanitarie inumane

Nelle celle di isolamento la scarsa aerazione e coibentazione dell’edificio porta le celle ad essere, in piena estate, roventi ed inospitali. La scarsa igiene degli spazi, con sporcizia e rifiuti biologici sui pavimenti, porta l’aria ad essere fetida e stagnate. In aggiunta alle scarse condizioni igieniche, la scarsa illuminazione contribuisce a creare un ambiente psicologicamente lugubre e deleterio.

Sardegna Radicale segnala che «un detenuto ci ha detto che avevano aperto le finestre solo perché stavamo passando noi».

Assistenza medica insufficiente

Da tempo non è più presente un direttore sanitario, ma solo una sua sostituta ad interim. Il servizio del 118 funziona solo a mezza giornata, e nel personale sanitario mancano numerose figure specialistiche. Il reparto SAI ospita svariate persone con patologie mediche gravi. Un detenuto, entrato in coma dopo un ictus, è stato portato in ospedale solo dopo la visita della delegazione. La farmacia centrale rifornisce il carcere con estremo ritardo, con detenuti che aspettano le proprie terapie anche per settimane. Nonostante la forte presenza di disabili, non esistono celle a norma per questo tipo di detenuti.

Il grido di allarme dei detenuti non ha lo scopo di chiedere privilegi, ma di garantire loro il minimo di dignità dovuta ad un essere umano.

(in copertina immagine di repertorio Wikimedia Commons credit: Rehab Center Vita CC BY-SA 4.0)

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Speculazione energetica 2024. Interessi in gioco ovunque

SARDEGNA: Sul tema della speculazione energetica interessi da ogni parte più o meno occulti esacerbano il dibattito.

Si parla da una parte di grandi multinazionali al quale parrebbero interessare solo i profitti milionari senza ricadute benefiche sul territorio. A fare da burattinaio poi l’invadente governo centrale, al quale interesserebbe solo adempire agli obblighi dell’agenda 2030 senza se o ma. Infine gli ambientalisti coscienti che la transizione energetica non sia un pranzo di gala che premono, nel rispetto dell’impatto ambientale, a non cambiare rotta.

In aggiunta, ad attizzare la folla gli interessi politici delle opposizioni che, come è lecito che sia, hanno il compito di accusare la presidenza regionale di subordinazione ai potenti.

Rimane il fatto che in maniera non chiara spuntano rapidamente nuovi impianti eolici e fotovoltaici e la gente comune vorrebbe chiarezza.

I motivi dell’opposizione alla “speculazione energetica”

Per i critici è sostanzialmente la parte della vicenda dove certe decisioni sono state calate dall’alto che ha provocato un meccanismo di autodifesa, non un’opposizione ottusa al progresso.

Questa opposizione nasce dall’esperienza storica, non dal negazionismo climatico o dalla retorica NIMBY. La gente di Sardegna teme di essere nuovamente spettatrice in casa propria. La modernizzazione passiva dell’industria petrolchimica ed il malaffare degli anni Sessanta in puro stile Angelo Rovelli ha lasciato cicatrici ambientali e psicologiche incalcolabili.

La “transizione” di allora, caratterizzata da un impatto ambientale devastante e ritorni economici e sociali, almeno per i sardi, ridotti al minimo1Il lavoro sporco della prima raffinazione dell’industria petrolchimica toccava alla bassa manovalanza autoctona, mentre la creazione del prodotto finito di valore aggiunto veniva effettuata altrove da parte di addetti specializzati ai quali inoltre l’azienda spendeva economicamente nella formazione continua, con ricadute sociali ben più positive, lasciò i moderni Sherdana cornuti e mazziati in casa propria una volta scoppiata la bolla.

Volendo fare altre digressioni, già in epoca più remota gli antichi romani definivano la Sardegna “Il granaio di Roma”. L’appellattivo derivava proprio dalla loro politica di sfruttamento spregiudicato della ricchezza locale in loro esclusiva funzione. I sardi perciò temono, ancora una volta, di venire sfruttati dal potente di turno e dai suoi emissari e di ritornare ad essere una colonia2Il termine “colonialismo” in relazione alla subordinazione forzata della Sardegna allo stato centrale venne utilizzato dagli intellettuali isolani nell’Ottocento già in epoca preunitaria . Nella storia sarda, sia antica che contemporanea, la prevaricazione dall’alto è stata un fenomeno ricorrente.

I motivi di una transizione così perentoria

Per la transizione energetica in Sardegna occorrerebbe una rivoluzione radicale, con un cambio di visione ed abitudini. La Sardegna ha il più alto livello di emissioni pro capite di CO₂ connesse ai consumi di energia. La maggior parte dell’energia elettrica è prodotta dal carbone, il più inquinante combustibile fossile in circolazione.

L’esigenza di uno sviluppo intensivo del settore nascerebbe quindi dal cambiamento climatico e dalla de-carbonizzazione, mai pienamente compiuta in Sardegna. Per gli attivisti climatici di trincea non esiste una soluzione facile o semplice. L’unica priorità é azzerare la produzione energetica da risorse fossili (ancora molto alta in Sardegna) per passare completamente a quelle rinnovabili. Alessandra Todde ritiene questo obiettivo possibile solo entro il 2040, data che però viene ritenuta oltre i termini prestabiliti per evitare danni climatici irreversibili.

Le associazioni per la transizione energetica, in aggiunta, segnalano che la polemica dietro la cosiddetta speculazione energetica, effettivamente reale in mancanza di un’efficace supervisione, verrebbe gonfiata da fakenews e campagne di disinformazione.3Comunicato stampa Legambiente 13.08.24 “Mare e laghi italiani non godono di ottima salute”: […] Senza dimenticare le numerose opposizioni regionali e locali che si sviluppano intorno a questi progetti (progetti sull’eolico offshore, n.d.r) supportati da fakenews e campagne denigratorie […}

Uno sviluppo così serrato del rinnovabile deriverebbe infine dal fatto che, oltre al fabbisogno elettrico attualmente consumato, si deve per il futuro calcolare tutta l’energia impiegata nel trasporto pubblico e privato, negli impianti di riscaldamento e nell’industria che oggi non è elettrica ma dovrà diventarlo.

L’obiettivo finale sarebbe rendere la Sardegna autosufficiente nel lungo termine e 100% green.

Lo sviluppo, se incontrollato, non é progresso

Dal punto di vista della qualità, a parte il devastante spettacolo delle aree suburbane, la vita in Sardegna è forse la migliore che un uomo possa augurarsi […] I sardi, a mio parere, deciderebbero meglio se fossero indipendenti all’interno di una comunità europea ma anche mediterranea

Fabrizio De André

La transizione energetica é un passo necessario e non semplice, così come transizione e speculazione non sono per forza due facce della stessa medaglia. Tuttavia la storia della Repubblica Italiana insegna che uno sviluppo convulso ed incontrollato calato dall’alto porta inevitabilmente alla speculazione e al malaffare, con danni ingenti a lungo termine e ricadute benefiche solo apparenti. Pertanto, senza una supervisione attiva da chi ha veramente a cuore l’interesse del territorio, qualsiasi sviluppo artificioso e pilotato porterà solamente a danni ed a conseguenze disastrose molto profonde.

I sardi non temono il progresso, ma di diventare ospiti a casa loro. Ad aver allertato la coscienza collettiva è stata la scarsa trasparenza ed il mancato coinvolgimento attivo delle realtà territoriali tipico dei disastrosi piani industriali su larga scala della Prima Repubblica, non la prospettiva di una nuova realtà che avanza.

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Bundestag: «proteste antiabortiste illegali davanti ai consultori»

In Germania si procede al sanzionamento delle proteste antiabortiste. Per gli attivisti “pro-vita” è diventato illegale entrare nei consultori familiari o protestare a meno di 100 metri da essi, con sanzioni fino a 5000 euro. La nuova legge è stata approvata al Bundestag, il Parlamento federale tedesco, con 381 voti favorevoli e 171 contrari.

Secondo la ministra tedesca della famiglia, degli anziani, delle donne e della gioventù Lisa Paus, questo è un «Passo importante nel rafforzamento dei diritti delle donne». L’avvocato pro-vita Christian Hillgruber critica invece la svolta e afferma che «Le donne dovrebbero accettare forme di manifestazione innocue per via del pluralismo delle opinioni». Queste manifestazioni innocue consisterebbero però nel mettere di fronte le donne a contenuti non veritieri o inquietanti, con l’intendo di metterle a disagio.

L’aborto in Germania

L’articolo 218 del codice penale tedesco ritiene ancora l’aborto reato, ponendolo alla pari dell’omicidio colposo (solo alcune eccezioni accettate, come praticarlo entro la dodicesima settimana di gravidanza dopo una consulenza obbligatoria in un centro riconosciuto e dopo tre giorni di riflessione, o in caso di stupro, malformazioni del feto o pericolo di vita per la donna). Fino al 2022 in Germania era inoltre severamente vietato per i medici fare pubblicità all’aborto. Solo dopo una riformulazione del testo i medici possono ora fornire informazioni riguardanti l’interruzione di gravidanza senza comunque scendere nei dettagli.

In questo clima il parlamento ha comunque approvato una modifica alla norma sui «conflitti in gravidanza» che regola l’informazione, la contraccezione e la pianificazione familiare per tutelare le donne incinte. Comportamenti come ostacolare l’accesso agli edifici alle donne incinte e al personale medico, intimorire le donne e provare a dissuaderle dall’aborto sono stati definiti vere e proprie molestie.

Le proteste antiabortiste in Italia

Il Senato italiano ha approvato questa primavera l’accesso di gruppi antiabortisti nei consultori. Questo ha segnando una grave retrocessione nella tutela delle donne. Sempre in Italia la presenza di antiabortisti nei consultori è sempre più incentivata, con una legittimazione istituzionalizzata della presenza delle associazioni contrarie all’aborto.

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Israele prende di mira le zone umanitarie di Gaza

Con un lancio capillare di volantini lo Stato di Israele ha ordinato lo sgombero di alcune zone popolate del centro della Striscia di Gaza. I bersagli erano stati in precedenza definiti come «safe zone umanitarie» o comunque zone di interdizione ai combattimenti. Le aree interessate sono la zona nord di Khan Younis e la parte orientale di Deir al-Balah.

Gli esperti della IDF fanno sapere di avere identificato delle aree che sarebbero utilizzate dai miliziani palestinesi per il lancio di razzi sul territorio israeliano. Oltre a ciò, i promulgatori del diktat non hanno fornito ulteriori prove alla loro tesi. Stando alle fonti, agli occupanti civili della zona (svariate migliaia con a carico bambini) non verrà fornita alcuna assistenza per facilitargli lo sgombero.

Profughi palestinesi estranei alla violenza vengono continuamente sgomberati dalle zone umanitarie per “ragioni di sicurezza” dagli inizi del conflitto. Per chiunque si rifiutasse verrebbe inevitabilmente coinvolto negli scontri. Gli sfortunati finirebbero infine per perire sotto le bombe israeliane. Una storia simile è accaduta al marito di Amal Abu Yahia, madre di tre figli, morto nella sua stessa casa nel quartiere di Khan Younis.

Stando ai resoconti locali, i soldati della IDF continuano a ritornare a rastrellare zone dichiarate precedentemente “liberate” bombardate a tappeto all’inizio del conflitto riducendole in polvere. Secondo il commissario dell’UNRWA Philippe Lazzarini, il sistema dei campi profughi risulta estremamente insufficiente, costringendo migliaia di sfollati ad accatastarsi i zone umanitarie che in poche giorni diventano sovraffollate.

Il ruolo di Russia e Stati Uniti nel conflitto di Israele

Il principale alleato israeliano, gli USA, comunicano tramite Kamala Harris di stare costantemente lavorando per un cessate il fuoco. Per la vicepresidente candidata alle presidenziali «Israele ha il diritto di contrastare i terroristi di Hamas, però, come ho già detto molte volte, ha anche un’importante responsabilità nell’evitare vittime civili». Anche la Russia tenta ad incentivare una distensione del conflitto. Già a febbraio si sono tenuti a Mosca colloqui diplomatici per tentare di riunificare il fronte palestinese, diviso in diverse fazioni politiche e militari (le principali la stessa Hamas ed il partito Fatah guidato dall’attuale Presidente della Palestina Mahmūd Abbās). Sempre il Presidente della Palestina ha comunicato che incontrerà presto Vladimir Putin per proseguire i colloqui di riconciliazione.

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Prostitute davanti all’oratorio a Giugliano (NA): Genitori in rivolta

Nel borgo partenopeo nella zona nord-occidentale della città metropolitana di Napoli Giugliano in Campania, una pittoresca situazione di degrado si porta avanti da anni. In questa zona periferica infatti le prostitute di strada esercitano l’attività nella stessa via dove sorge la Parrocchia san Matteo Apostolo, luogo dove periodicamente bambini in età scolare si recano accompagnati dai genitori per le lezioni di catechismo. Già nel 2014 l’allora parroco don Luigi Pugliese aveva lanciato l’allarme, auspicando perfino l’intervento dell’esercito.

Da allora, nonostante l’apparente supporto delle istituzioni, le prostitute davanti all’oratorio non sembrano essere scomparse. Di contro, i genitori dei bambini, ormai esasperati dal degrado ed intimoriti dalla possibilità che i figli facciano brutti incontri per la strada caratterizzata dal viavai continuo ed a tutte le ore della clientela, chiedono al parroco il nullaosta per portare i propri figli a frequentare altrove le lezioni, anche a costo di ritrovasi a decine di chilometri da casa. Il parroco però ha rifiutato, temendo un completo svuotamento della sua parrocchia.

Sempre l’attuale parroco don Massimo Condidorio, ha lanciato invece un deciso appello tramite la rete regionale “Teleclubitalia”. Grazie anche ai suoi predecessori la parrocchia di san Matteo Apostolo è diventata infatti da decenni un punto di riferimento della gioventù della periferia circostante, con un campo di calcetto attrezzato e spazi di socializzazione dedicati. Il fenomeno delle prostitute davanti all’oratorio, che porta un giro losco di clientela, sembrerebbe scontrarsi in maniera incompatibile con questa realtà immacolata.

Il degrado portato dalla prostituzione non regolamentata non è il solo fattore di disagio nella zona di Giugliano. Sempre il parroco nelle settimane scorse aveva ripulito assieme a dei volontari la strada dai rifiuti gettati dagli automobilisti. Sui social invece l’instancabile sacerdote è attivamente impegnato a denunciare i roghi tossici della zona che mettono a rischio la salute dei residenti.

(in copertina immagine di repertorio Wikimedia Commons credit:Ralfdix CC BY-SA 3.0)

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COPERTINA la speranza del karate nelle olimpiadi

[ARCHIVIO] La speranza del Karate alle Olimpiadi è morta!

Consentitemi questo piccolo sfogo di amarezza. Il titolo di questo articolo esprime chiaramente ciò che voglio intendere.

Fin dalla unificazione F.I.K – F.E.S.I.K.A ad oggi Iscritto alla F.I.J.L.K.A.M c’è un’unica speranza che ha unito tutti noi che abbiamo militato nella F.I.J.L.K.A.M, ed era che un giorno, visti gli iscritti, viste le medaglie e visto il riconoscimento del C.O.N.I, ci saremmo visti gareggiare alle Olimpiadi.

Ho molta difficoltà nell’affrontare questo argomento e probabilmente una forte delusione, nel sapere che dopo circa vent’anni di lavoro ed illusione, oggi cada tutto.

Gli sforzi del Miliardario Tatsuno, che oltre l’impegno oltre i suoi appoggi politici ha profuso denaro e mezzi arrivando quasi al successo portando il karate alle Olimpiadi ma non potendo realizzarlo a causa della sua prematura morte.

Sicuramente però una grande parte l’ha fatta la divisione tra la WUKO di Delcourt e la JTKF di Nishiyama affinché il C.I.O non prendesse seriamente in considerazione l’ingresso del Karate alle Olimpiadi.

MA NOI CI ABBIAMO CREDUTO, AVEVAMO LE CREDENZIALI A POSTO!

Le scissioni e le nuove Federazioni nate un po’ dappertutto. Sicuramente non hanno aiutato questa disciplina.

Si è tentato modificando il sistema d’arbitraggio, il livello tecnico è stato portato a livelli stratosferici, ma non è servito allo scopo.

Marcus Cyron, Table tennis at the 2018 Summer Youth Olympics

Lo stesso prof Pellicone effettuò un tentativo per farsi eleggere alla presidenza della WKF (federazione fondata da Delcourt eliminando il gruppo di Nishiyama), ma ne uscì perdente perché vinse lo spagnolo Espinos che ha fatto di tutto per rendersi antipatico ai karateka di mezzo mondo.

Il C.I.O. ha fatto la sua scelta sul Golf ed il Rugby per le Olimpiadi del 2016, lasciandoci fuori e uccidendo le ultime speranze!

Per i non addetti ai lavori può non significare niente. Per noi che abbiamo sperato, sofferto sacrificato è una situazione che ci mette KO anche perché ci avevamo veramente creduto.

Non rimane che continuare a lavorare e credere in quello che facciamo, si sa che la vita va affrontata senza farci schiacciare dagli eventi negativi.

Andiamo avanti non sarà una mancata Olimpiade a non farci sentire MAESTRI DI ARTI MARZIALI E DI VITA!!!

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Note