Ven. Apr 11th, 2025

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Iran, TV di stato conferma: Il Presidente Raisi morto nello schianto

Il Presidente della Repubblica Islamica Ebrahim Raisi, conferma la Mezzaluna rossa iraniana, sarebbe morto nello schianto del suo elicottero. L’incidente era avvenuto nel pomeriggio di domenica 19 maggio presso una località montuosa al confine con l’Azerbaigian. Assieme al Presidente sarebbero morti tutti i membri della scorta ed i suoi accompagnatori, incluso il ministro degli Esteri Hossein Amir-Abdollahian. Le cause dello schianto sarebbero dovute al maltempo incontrato dal velivolo.

Nonostante l’ampio numero di risorse dispiegate, non ci sarebbe stato nulla da fare fin dal principio. Non sono ancora noti il luogo e l’ora della cerimonia funebre. Sono inoltre ancora in corso le operazioni definitive di identificazione dei corpi carbonizzati.

Secondo i soccorritori che hanno ritrovato la carcassa dell’elicottero, quest’ultimo sarebbe infatti bruciato subito dopo lo schianto, bruciando vivi tutti i passeggeri. Già al primo approccio ai rottami i soccorritori avevano comunicato fin da subito al campo-base l’assenza di alcun segno di vita, scoprendo in seguito i resti umani analizzando lo scenario.

RETTIFICA: Inizialmente si parlava di aver perso il contatto con l’intero convoglio presidenziale. Contrariamente, riferisce RAI news, dei tre gli elicotteri del convoglio solo in due sono poi arrivati regolarmente a destinazione, lasciando quindi disperso solamente quello con a bordo il Presidente.

La TV di stato iraniana ha definito il defunto presidente «martire del servizio». Comunque ancora non si sa se il velivolo sia caduto o costretto ad un atterraggio d’emergenza.

La macchina gerarchica iraniana non si è scompigliata troppo però. Secondo la costituzione vigente, Il vicepresidente dell’Iran Mohammad Mokhber, è il primo nella linea di potere dopo il presidente Ebrahim Raisi «nel caso di morte, licenziamento, dimissioni, assenza o malattia superiore a due mesi» di quest’ultimo.

Con un messaggio pubblico, l’Ayatollah Ali Khamenei, guida suprema del paese, ha assicurato inoltre che non ci saranno vuoti di potere. In una nota ufficiale del governo riportata da Ansa viene dichiarato: «Assicuriamo alla nazione leale che, con l’aiuto di Dio e il sostegno del popolo, non ci sarà la minima interruzione nell’amministrazione del Paese».

(in copertina immagine di repertorio Wikimedia Commons)

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Genocidio in Ruanda, morti gli ultimi ricercati dalle autorità ruandesi

Stando alle ricerche sarebbero morti (sfuggendo alla giustizia) gli ultimi ricercati per il genocidio del 1994 in Ruanda. Si trattava di due uomini d’affari, uno conosciuto solo col nome di Ryandikayo e l’altro invece chiamato Charles Sikubwabo.

Stando agli uffici preposti, nella lista dei ricercati non ci sarebbero più fuggitivi di grosso calibro nei registri dell’ICTR (International Criminal Tribunal for Rwanda) e l’ICTY (International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia), ovvero i tribunali internazionali creati negli anni novanta per investigare e perseguire i criminali di guerra ruandesi e dell’ex-Jugoslavia. Tuttavia, le autorità della Repubblica del Ruanda, sostengono di stare ancora cercando circa 1.000 altri fuggitivi da processare per il genocidio.

Entrambi gli uomini erano accusati di istigazione e partecipazione ai massacri delle persone di etnia tutsi. Il genocidio del Ruanda, perpetrato dal 6 aprile fino alla metà di luglio del 1994, è noto per aver massacrato, secondo le stime ufficiali, almeno cinquecentomila persone. Le stime sul numero delle vittime però col tempo sono cresciute, fino a raggiungere cifre fino ad un milione di vittime dei massacri. La fine delle indagini a loro carico l’ha dichiarata, dopo 29 anni, l’International Criminal Tribunal for Rwanda (ICTR). Entrambi i criminali, stando alle indagini, sarebbero però morti già dal 1998.

«Il mio Ufficio ed Io siamo lieti che oggi il nostro lavoro è stato portato a termine con successo» – affermava il 15 maggio 2024 Serge Brammertz, procuratore capo dell’International Residual Mechanism for Criminal tribunals (IRMCT)

Le attività del tribunale internazionale

Fin dal 2020, la squadra di localizzazione dei latitanti dell’Ufficio del pubblico ministero dell’ICTR ha localizzato tutti gli otto supericercati dal tribunale internazionale del Ruanda. Queste operazioni hanno poi portato all’arresto due dei latitanti: Félicien Kabuga, a Parigi nel maggio 2020, e Fulgence Kayishema, nella città di Paarl in Sudafrica a maggio 2023. Il pubblico ministero dell’ICTR ha infine confermato la morte di altri sei latitanti: Augustin Bizimana, Protais Mpiranya, Phénéas Munyarugarama, Aloys Ndimbati e gli stessi Ryandikayo e Charles Sikubwabo.

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Irlanda, Norvegia e Spagna riconosceranno lo Stato Palestinese

I primi ministri irlandese Simon Harris e il norvegese Jonas Gahr Støre, assieme al premier spagnolo Pedro Sanchez, hanno concordato un’azione congiunta d’impatto. Irlanda e Norvegia hanno infatti ufficializzato la procedura per il riconoscimento dello Stato palestinese. In aggiunta il premier spagnolo Sanchez ha annunciato che Madrid lo farà sicuramente entro il prossimo 28 maggio. «Questo riconoscimento non è contro Israele e il popolo di Israele, né a favore di Hamas», precisa Sanchez.

Nel 1999 l’Unione europea si dichiarò pronta a «riconoscere uno Stato palestinese a tempo debito» senza mai andare oltre. Per Sanchez, il premier israeliano Benjamin Netanyahu mette in pericolo la soluzione dei due Stati e ed ha solamente provocato con la sua politica «dolore e distruzione» nella Striscia di Gaza. Per il leader Hamas Bassem Naim la «coraggiosa resistenza palestinese» ha spinto Irlanda, Spagna e Norvegia a riconoscere lo Stato palestinese.

Il Presidente dello Stato di Palestina Mahmūd Abbās ha salutato l’annuncio di Irlanda, Norvegia e Spagna di riconoscere lo Stato di Palestina ed ha esortato gli altri Paesi della Ue a fare lo stesso. Per lui «L’obiettivo è quello di raggiungere la Soluzione a 2 stati basata sulle Risoluzioni internazionali e nei confini del 1967». Israele invece ha richiamato gli ambasciatori dai rispettivi Paesi. Duro il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz: «La parata della stupidità irlandese-norvegese non ci scoraggia, siamo determinati a raggiungere i nostri obiettivi».

L’Italia è ancora uno dei tanti paesi UE che non riconosce la Palestina come stato. Per Antonio Tajani «l’Italia è favorevole, ma è lo Stato palestinese che deve riconoscere Israele ed è Israele che deve riconoscere lo Stato palestinese. Inoltre uno Stato palestinese non dovrebbe essere guidato da Hamas».

La Francia infine tramite un portavoce del ministero degli Esteri «non ritiene che al momento ci siano le condizioni perché questa decisione (il riconoscimento dello stato di Palestina, n.d.r.) abbia un impatto reale».

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Simaxis, gambizzato per droga ad Oristano. Aggressori arrestati

Simaxis (OR): Presero a fucilate Davide Desogus per questioni di droga il 19 dicembre 2023. Francesco Nicolò Mascia, 27 anni, e Stefano Corrias di 37 sono stati raggiunti dai carabinieri della stazione di Oristano per essere arrestati e portati in carcere. Ancora non identificato un terzo complice.

La vittima, Davide Desogus, era già stato condannato in primo grado per traffico di sostanze stupefacenti ed arrestato svariate volte per droga sempre nell’Oristano.

Secondo quanto ricostruito, Stefano Corrias agì assieme ad un altro complice non identificato. Diede appuntamento a Davide Desogus in un luogo appartato per l’acquisto di due chili di cocaina. Nel frattempo Nicolò Mascia si nascose, armato di fucile, ed al momento opportuno si palesò minacciando Desogus. Gli altri due intimarono al 28enne di consegnare la droga, che però rifiutò e lanciò la busta in un canale. A quel punto, per rappresaglia, venne esplosa la fucilata. I tre recuperarono poi metà del carico di cocaina, mentre il ferito fu portato all’ospedale da un amico. I militari in seguito avrebbero poi ritrovato circa un chilogrammo di cocaina nelle vicinanze del luogo dell’agguato.

I reati di droga ad Oristano, cosa dicono i dati

In contrasto a ciò, Oristano, anche nel 2023, è stata confermata la provincia più sicura d’Italia. Con 1.658,1 denunce registrate ogni 100mila abitanti è al 106esimo posto in Italia, ovvero ultima della classifica e conseguentemente, la provincia più tranquilla d’Italia. la statistica tuttavia indica anche qualche dato preoccupante: Oristano è settima per i tentati omicidi con 5 denunce (3,2 ogni 100 mila abitanti) e nona per gli omicidi volontari consumati con due denunce (1,3 delitti per 100mila abitanti).

Oristano infine è la provincia più sicura d’Italia per i furti (106esima con 344,1 denunce ogni 100 mila abitanti) e le lesioni dolose (106esima e 54,5 denunce ogni 100 mila abitanti), seconda per le estorsioni, truffe e frodi informatiche, riciclaggio e impiego di denaro e ai primissimi posti per incendi, rapine e contraffazione di marchi e prodotti industriali.

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Corte dell’Aia: Stop offensiva a Rafah, «Rischio genocidio»

La Corte internazionale di giustizia dell’Aia ordina ad Israele di fermare la distruttiva offensiva militare a Rafah. Pur non qualificando con tale termine l’offensiva, viene ordinato ad Israele di prendere una serie di misure per prevenire «Nel rispetto della convenzione internazionale per la prevenzione del genocidio».



Il caso contro Israele all’Aia è stato aperto a gennaio dopo l’accusa presentata dal Sudafrica. Negli ultimi giorni la stessa aveva chiesto nuovamente alla Corte di ordinare lo stop alle operazioni militari. Con questi ultimi provvedimenti, il Sudafrica ha accolto con favore la decisione definita «più forte» della Corte.

La decisione della Corte è stata presa con una maggioranza schiacciante di 13 voti contro 2. La Corte dell’Aia ha poi chiesto ad Hamas la liberazione «immediata e incondizionata» degli ostaggi ancora prigionieri a Gaza dal 7 ottobre 2023.

Il giudice Nawaf Salam ha dichiarato che la situazione è cambiata da quando la Corte ha emesso i suoi precedenti ordini di misure cautelari e dunque possono essere richieste nuove misure di emergenza.

Stop offensiva a Rafah, le reazioni all’ordinanza

Per il ministro israeliano per la Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir (citato dal giornale israeliano Ynet e riportato da Open.online): «L’irrilevante sentenza della Corte antisemita dell’Aia dovrebbe avere una sola risposta: l’occupazione di Rafah, l’aumento della pressione militare e la completa distruzione di Hamas, fino al raggiungimento della completa vittoria nella guerra».

Hamas ha accolto invece con favore la decisione della Corte, aggiungendo però che quanto da essa ordinato non è ancora abbastanza.

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Cannabis light, nuova stretta del governo per «usi non industriali»

Nuovo emendamento proposto dal governo Meloni al ddl Sicurezza attualmente in esame alla Camera. Questo emendamento recentemente proposto porterebbe ad una nuova stretta, vietando l’utilizzo della cannabis light (quella con un contenuto di Thc inferiore allo 0,2% in vendita in Italia) per il consumo umano, relegandola a soli scopi industriali.

La proposta, se accettata, porterebbe il commercio o la cessione di infiorescenze della sostanza finora legale ad essere punito con le norme del Testo Unico sulle Sostanze Stupefacenti, parificando cioè il prodotto light a quello tradizionale non depotenziato tra l’altro già legale in molti paesi fra i quali di recente la Germania.

Le reazioni alla proposta sono state fin da subito critiche. Il segretario di +Europa Riccardo Magi ha definito questa mossa «una spinta repressiva e punitiva immotivata». Oltre che per il passo indietro in chiave conservatrice, uno dei maggiori timori è rivolto al mondo del lavoro, poiché si andrebbe a distruggere un settore (quello del commercio e della rivendita di prodotti a base di cannabis light) che dal 2016 ha avuto un enorme sviluppo, con un giro d’affari di 45 milioni di euro già nel 2017.

Cosa è la cannabis light e perché non può essere considerata una droga

Alla fine del 2016 in Italia, a seguito della legge 242/2016 che prevede una tolleranza fino allo 0,6% di THC, è iniziato il commercio su larga scala dei prodotti a base di marijuana depotenziata. Questi prodotti, conosciuti sul mercato con vari nomi quali canapa legale, cannabis light, cannabis CBD o marijuana light, non hanno effetti psicotropi e non possono essere considerati come droghe.

L’Italia ha legalizzato l’uso di cannabinoidi per finalità mediche già nel 2007. A dicembre del 2016 viene invece legalizzata la canapa industriale, ed il 22 maggio 2018 il Ministero dell’Agricoltura ha approvato l’uso di prodotti contenenti fino a 0.2% di THC per cannabis sativa.

L’OMS inoltre ha dichiarato che il CBD (cannabinoide principale presente nei prodotti attualmente in vendita in Italia) non comporta rischi di dipendenza e non causa cambiamenti dell’umore o del comportamento.

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Riparte il sostegno italiano all’Unrwa, fermo da gennaio a causa di Israele

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani annuncia la ripresa, da parte italiana, dei finanziamenti all’Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi. I finanziamenti erano bloccati da gennaio 2024, in seguito alla pubblicazione di un report del governo israeliano che accusava alcuni dipendenti dell’Unrwa di aver partecipato al massacro del 7 ottobre 2023.

L’annuncio è stato dichiarato dopo un colloquio bilaterale con il leader dell’ANP Mohammad Mustafa e la premier Giorgia Meloni, assieme al ministro Antonio Tajani. Nonostante l’Italia non riconosca la Palestina come uno stato, a Palazzo Chigi il leader palestinese, riferisce ANSA, è stato accolto con tutti gli onori. Il ricevimento è stato celebrato con varie formalità di rito, dalla bandiera palestinese issata sulla facciata accanto al tricolore e al drappo europeo, alla stretta di mano con la premier sulla soglia del palazzo finendo poi con il al picchetto d’onore dei corazzieri. Per la Meloni adesso è prioritario un «cessate il fuoco sostenibile». Per Antonio Tajani invece «L’Italia, grazie alle sue posizioni equilibrate, vuole svolgere un ruolo di ponte».

Nel 2022, il contributo complessivo dell’Italia all’Unrwa è stato pari a 14 milioni di euro, rendendola uno dei principali sostenitori dell’agenzia.



La decisione è nata perché, con il passare del tempo, sono aumentati i dubbi sulla legittimità delle accuse mosse da Israele. Ora l’Italia ha la priorità di «affrontare sia l’emergenza umanitaria del popolo palestinese e le sue legittime aspirazioni ad avere un proprio Stato, sia le altrettanto legittime esigenze di sicurezza di Israele». Già dal 7 maggio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva invitato il governo italiano a riprendere i finanziamenti all’Unrwa.

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Aggredito il giornalista Alberto Dandolo. «non rompere i c*glioni»

Alberto Dandolo, giornalista presso i periodici Oggi e Dagospia, sarebbe stato aggredito in casa da due persone e pestato a sangue. Stando a quanto riferito, il motivo è stato puramente intimidatorio. I due aggressori avrebbero infatti inveito contro il giornalista «Devi farti i cazzi tuoi. La devi smettere di rompere i coglioni».

Stando alle ricostruzioni riportate da Adnkronos, due persone dall’accento del centro Italia, accompagnate forse da una terza per fare il palo, si sarebbero introdotte nella casa del giornalista per commettere la violenza. Il giornalista, ripresosi dallo shock e medicato dalle ferite ricevute, ha ricevuto la solidarietà sia del giornale Dagospia, del direttore del settimanale Oggi Carlo Verdelli, e del presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana Vittorio Di Trapani. Carlo Verdelli comunica, riportato da Open, «posso solo dire che mi auguro come tutti che la magistratura e le forze dell’ordine facciano delle indagini approfondite per capire chi ha fatto questo. A una persona che lavora come giornalista e che non ha scritto niente di grave. È un segno gravissimo per chiunque fa questo mestiere».

«Siamo abituati a pressioni, minacce, querele, diffide» – comunica invece Dagospia – «Ora siamo alla violenza fisica. Ma continueremo a fare il nostro lavoro e a denunciare, finché ci sarà possibile, chi ce lo impedisce».

L’aggressione contro Alberto Dandolo mette in risalto un problema giá noto nel paese. L’Italia, secondo Reporter Senza Frontiere, é al 2023 al 41° posto per la libertà di stampa. L’anno prima, nel 2022, era al 58° posto. Secondo i report il paese soffre ancora di «una certa paralisi legislativa» a tutela del lavoro dei giornalisti, oltre al frequente fenomeno delle intimidazioni e delle minacce dalla criminalità organizzata e dai vari gruppi estremisti violenti.

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Giada Zanola, uccisa a Vigonza dal compagno geloso

 Giada Zanola e il suo compagno Andrea Favero si sarebbero dovuti sposare a settembre. Lei però non se la sentiva più, ed aveva comunicato al compagno la decisione di volersi separare. Fu così che Giada Zanola, mamma di 33 anni, è stata spinta dal cavalcavia della A4 nei pressi di Vigonza (PD) dall’ex compagno, definito dagli amici «gelosissimo e possessivo». 

Giada Zanola col compagno Andrea Favero condivideva anche un bimbo di tre anni. Anche se inizialmente sembrava un suicidio, gli amici della donna hanno da subito smentito questa pista, raccontando di come Giada fosse una persona solare e molto affezionata al suo bambino. Dopo i primi rilievi il fascicolo d’indagine aperto è diventato fin da subito di omicidio volontario a carico dell’ex tossico.

Secondo gli agenti, l’omicidio sarebbe avvenuto dopo l’ennesima lite tra i due, sul ponte dell’autostrada non distante dall’abitazione dove vive la coppia. L’uomo avrebbe spinto la donna giù dal cavalcavia sulla carreggiata sottostante, con una caduta di 15 metri. Dopo l’identificazione del corpo della giovane mamma, l’uomo (che era ritornato a casa aspettando la notizia del ritrovamento) aveva fornito una ricostruzione distorta delle ultime ore per depistare le indagini. Troppe incongruenze sono però riemerse durante l’interrogatorio. A quel punto l’uomo avrebbe fatto alcune ammissioni parziali.

Il compagno attualmente si trova in carcere con l’accusa di omicidio volontario aggravato. Negli ultimi 12 mesi, secondo FemminicidioItalia.info, i femminicidi in Italia sono stati 43.

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Gattino lanciato dal ponte a Lanusei: ennesima violenza contro animali

LANUSEI (NU): In Sardegna la crudeltà ingiustificata contro gli animali non si ferma. Dopo i fatti di Porto Torres, nelle prime giornate di luglio la violenza si è spostata a Lanusei, in Ogliastra. Alcuni ragazzini minorenni, identificati in seguito dai Carabinieri Forestali e denunciati per maltrattamento di animali ai sensi dell’art. 544-ter, hanno infatti lanciato un gattino di poche settimane giù da un ponte, verso uno strapiombo. Mentre uno commetteva l’azione, il resto del gruppo filmava la scena divertito. Il filmato sarebbe poi stato volontariamente fatto girare sui social network e condiviso tramite le varie app di messaggistica istantanea.

Per l’associazione LNDC Animal Protection «L’intenzione era quella di uccidere, su questo non c’è alcun dubbio, perché nessuno può pensare che un gattino possa sopravvivere a un volo di quel tipo. Le immagini sono veramente agghiaccianti e fa male pensare al terrore che quel micio deve aver provato in quegli ultimi istanti di vita». Il caso del gattino lanciato dal ponte a Lanusei è l’ennesimo atto di violenza estrema contro gli animali avvenuta in Sardegna negli ultimi mesi. Già nelle scorse settimane Lav Sardegna aveva segnalato i troppi casi di violenza nell’isola, dovuti secondo la loro ricostruzione, tra le altre cose, ad una «subcultura antropocentrica che considera gli animali alla stregua di oggetti inanimati». Sempre Lav Sardegna ammoniva infine le istituzioni regionali rammentando che queste violenze «forniscono un ritratto distorto della Sardegna, facendola apparire come una terra di trogloditi».

Gattino lanciato da un ponte a Lanusei: le dichiarazioni di Piera Rosati (LNDC Animal Protection):

LNDC Animal Protection, che aggiunge alla denuncia già fatta dall’Arma un’ulteriore contestazione ai sensi dell’art. 544-bis del codice penale (reato di uccisione di animali), rilascia le sue dichiarazioni in merito tramite la voce della presidente Piera Rosati:

L’intenzione era quella di uccidere, su questo non c’è alcun dubbio, perché nessuno può pensare che un gattino possa sopravvivere a un volo di quel tipo. Le immagini sono veramente agghiaccianti e fa male pensare al terrore che quel micio deve aver provato in quegli ultimi istanti di vita. Fa male anche pensare che tutta questa crudeltà ed efferatezza siano opera di ragazzi giovani, ancora minorenni, a cui evidentemente manca del tutto il senso di empatia e di rispetto per la vita degli altri. Come si può pensare che una cosa del genere sia divertente? Il ragazzo che ha lanciato il gatto è preoccupante, ma tutti gli altri che guardavano e ridevano non sono certo da meno. Trovare divertente una cosa del genere è inquietante e deve far riflettere in primis i loro genitori, ma anche tutta la società. Sempre più spesso capitano situazioni di questo tipo, con giovani e giovanissimi che maltrattano e uccidono animali inermi, e questo è un segnale allarmante per la società odierna e soprattutto per quella futura. Questi ragazzi saranno gli adulti di domani ed evidentemente non stanno ricevendo gli strumenti adeguati per crescere in maniera sana

Piera Rosati, 8 luglio 2024

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