Mer. Apr 2nd, 2025

Notizie Internazionali

Omofobia: L’Uganda verso lievi modifiche alla legge anti-Lgbtq

UGANDA: Dopo circa un anno dalla promulgazione di una delle leggi più dure e repressive contro i diritti delle persone Lgbtq, l’Uganda attenua senza fare passi indietro alcune sue disposizioni di legge.

Africa Rivista, dal 1922 una delle maggiori testate italiane specializzate sul continente africano, fa sapere con un articolo che il governo ugandese ha annullato alcune disposizioni ritenute “In contrasto con alcuni diritti umani fondamentali”. Le disposizioni contestate rientravano nella più ampia legge promulgata a maggio 2023 nota come legge anti-omosessualità.

La Corte costituzionale dell’Uganda fa sapere tramite la persona di Richard Buteera che, nonostante non intenda abrogare completamente la legge in questione, ha comunque preferito annullare alcuni passaggi che secondo i giudici erano “Incompatibili con il diritto alla salute, alla privacy e alla libertà di religione”.

In particolare secondo la legge i cittadini ugandesi avevano l’obbligo di denunciare chiunque fosse anche solo sospettato di esercitare atti omosessuali. Per la corte suprema però questo viola i diritti individuali.

La legge anti-omosessualità in Uganda del 2023


Leggi anche: Uganda, la Corte costituzionale conferma la legge anti-omosessualità (Africa Rivista)


A maggio 2023 la Corte Costituzionale dell’Uganda aveva convalidato la nuova legge contro l’omosessualità che introduceva nel codice penale ugandese gravi e pesanti forme di repressione contro le persone Lgbtq.

L’entrata in vigoria della legge, che fin da subito aveva scatenato forti polemiche sia dentro che fuori il continente africano, aveva smobilitato attivisti per i diritti umani da tutto il mondo, preoccupati per la palese violazione dei diritti fondamentali dell’uomo e l’istituzionalizzazione della discriminazione.

Sebbene l’Africa sia un continente di stampo conservatore dove l’accettazione di determinate minoranze risulta ancora molto difficile, la nuova legge in Uganda risulta particolarmente brutale, introducendo la pena di morte per alcuni atti di omosessualità.

L’impatto della legge sul paese africano

Secondo il Fondo monetario internazionale la legge approvata nel 2023 “Potrebbe avere un impatto negativo sugli investimenti esteri, sui prestiti e sulle sovvenzioni, così come sul turismo”. Sempre secondo l’Ente, “L’approvazione della legge ha causato reazioni negative tra i partner di sviluppo e i donatori, complicando il panorama dei finanziamenti”

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“legge russa” in Georgia, la presidente mette il veto. «Ci allontana dall’Ue»

«Oggi ho posto il veto alla legge russa» afferma in un discorso pubblico la Presidente della Georgia Salomè Zourabichvili. La scelta, attesa dai manifestanti e dall’opinione pubblico filo-europea, vuole riaffermare la volontà del paese ad avvicinarsi ai valori democratici dell’Unione Europea e porre fine all’influenza liberticida ed invadente della Russia di Putin.

«Questa legge è russa nella sua essenza e nel suo spirito» – aggiunge la Presidente – «Contraddice la nostra Costituzione e tutte le norme europee, quindi rappresenta un ostacolo sul nostro cammino europeo […] Questa legge deve essere abrogata». Conclude nel suo discorso.

Salomè Zourabichvili, nata a Parigi nel 1952 da rifugiati politici georgiani, è presidente della Georgia dalla fine del 2018. Formalmente indipendente dal 2011 ma molto vicina al partito Sogno Georgiano-Georgia Democratica (kartuli otsneba – demok’rat’iuli sakartvelo), nel 2016 gli elettori georgiani la elessero per la prima volta dentro il Parlamento della Georgia. Provò inizialmente a correre come Presidente nel 2013, venendo però scartata dalla Commissione elettorale centrale per via della sua doppia cittadinanza franco-georgiana. Di orientamento politico fortemente europeista, il veto contro la “legge russa” era stato dato quasi per scontato da molti osservatori.

Veto in Georgia. Cosa potrebbe succedere

Il veto della Presidente è solamente una soluzione temporanea alla promulgazione della legge. Il partito al potere (il partito Sogno Georgiano, tra l’altro lo stesso partito politico molto vicino alla Presidente), detiene in Parlamento una maggioranza sufficiente per annullare il suo veto. Nonostante le proteste che vanno avanti da mesi, i promotori della legge continuano dal canto loro ad insistere sul fatto che la legge sia destinata a promuovere la trasparenza ed a frenare tutte quelle forme di influenze straniere dannose per la sovranità nazionale.

La Georgia, avvicinatasi agli ideali europei già nel 2003 al seguito della “Rivoluzione delle rose”, è un candidato ufficiale all’adesione all’Ue dal dicembre 2023. La sua candidatura è arrivata in risposta all’invasione Russa dell’Ucraina del 2022 (La stessa Russia infatti aveva provato, con successo parziale, ad annettere alcune regioni separatiste della Georgia nel 2008).

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Attentato a Robert Fico, ancora grave ma «prognosi positiva»

Robert Fico, attuale Primo ministro della Slovacchia rimasto vittima di un attentato armato perpetrato da un’ex guardia giurata in pensione per motivi politici, risulta ora in condizioni stabili. Lo comunica pubblicamente il vicepremier slovacco Robert Kalinak, uomo politico fra i più stretti alleati dello stesso Fico.

Migliorano le condizioni mediche di Robert Fico. Il Premier è ricoverato “fra la vita e la morte” dal 15 maggio scorso dopo essere stato raggiunto da tre colpi di pistola all’addome ed al braccio. Le ferite riportate, seppur molto gravi, non avevano fortunatamente lesionato nessun organo vitale. L’attentatore è un pensionato ed attivista 71enne di nome Juraj Cintula. Egli, dopo l’arresto da parte degli agenti di polizia, aveva affermato durante l’interrogatorio «Ho sparato perché disapprovo le sue politiche».

«L’intervento chirurgico di ieri (sabato 18 maggio 2024, n.d.r), durato due ore, ha contribuito a una prognosi positiva per lo stato di salute del primo ministro» – ha dichiarato ai giornalisti la ministra Zuzana Dolinkova. Il premier Fico rimarrà però ancora nell’ospedale di Banska Bystrica e, sempre per via delle sue ferite, non sarà ancora trasportato a Bratislava. Dall’Ospedale Roosevelt di Banska Bystrica, il vice direttore della struttura Milan Urbani ha dichiarato in aggiunta  “crediamo fermamente che tutto andrà per il verso giusto”. I medici hanno sottoposto in totale il Premier Fico a due interventi chirurgici dopo l’attentato.

Nel frattempo risulta che, secondo le fonti di ANSA.it, gli inquirenti abbiano tradotto l’aggressore Juraj Cintula presso il tribunale di Pezinok, a circa 20 km di Bratislava. L’udienza in tribunale, iniziata alle 11:00, è servita per decidere sulla sua eventuale detenzione preventiva. Secondo il procuratore vige un probabile rischio di fuga nonchè una possibile continuazione dell’attività criminale. Juraj Cintula è accusato di omicidio premeditato.

Per le informazioni riportate dall’Adnkronos Cintula, che si è dichiarato colpevole dell’aggressione, ha tuttavia dichiarato di aver agito senza l’intenzione di uccidere.

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Iran, TV di stato conferma: Il Presidente Raisi morto nello schianto

Il Presidente della Repubblica Islamica Ebrahim Raisi, conferma la Mezzaluna rossa iraniana, sarebbe morto nello schianto del suo elicottero. L’incidente era avvenuto nel pomeriggio di domenica 19 maggio presso una località montuosa al confine con l’Azerbaigian. Assieme al Presidente sarebbero morti tutti i membri della scorta ed i suoi accompagnatori, incluso il ministro degli Esteri Hossein Amir-Abdollahian. Le cause dello schianto sarebbero dovute al maltempo incontrato dal velivolo.

Nonostante l’ampio numero di risorse dispiegate, non ci sarebbe stato nulla da fare fin dal principio. Non sono ancora noti il luogo e l’ora della cerimonia funebre. Sono inoltre ancora in corso le operazioni definitive di identificazione dei corpi carbonizzati.

Secondo i soccorritori che hanno ritrovato la carcassa dell’elicottero, quest’ultimo sarebbe infatti bruciato subito dopo lo schianto, bruciando vivi tutti i passeggeri. Già al primo approccio ai rottami i soccorritori avevano comunicato fin da subito al campo-base l’assenza di alcun segno di vita, scoprendo in seguito i resti umani analizzando lo scenario.

RETTIFICA: Inizialmente si parlava di aver perso il contatto con l’intero convoglio presidenziale. Contrariamente, riferisce RAI news, dei tre gli elicotteri del convoglio solo in due sono poi arrivati regolarmente a destinazione, lasciando quindi disperso solamente quello con a bordo il Presidente.

La TV di stato iraniana ha definito il defunto presidente «martire del servizio». Comunque ancora non si sa se il velivolo sia caduto o costretto ad un atterraggio d’emergenza.

La macchina gerarchica iraniana non si è scompigliata troppo però. Secondo la costituzione vigente, Il vicepresidente dell’Iran Mohammad Mokhber, è il primo nella linea di potere dopo il presidente Ebrahim Raisi «nel caso di morte, licenziamento, dimissioni, assenza o malattia superiore a due mesi» di quest’ultimo.

Con un messaggio pubblico, l’Ayatollah Ali Khamenei, guida suprema del paese, ha assicurato inoltre che non ci saranno vuoti di potere. In una nota ufficiale del governo riportata da Ansa viene dichiarato: «Assicuriamo alla nazione leale che, con l’aiuto di Dio e il sostegno del popolo, non ci sarà la minima interruzione nell’amministrazione del Paese».

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Genocidio in Ruanda, morti gli ultimi ricercati dalle autorità ruandesi

Stando alle ricerche sarebbero morti (sfuggendo alla giustizia) gli ultimi ricercati per il genocidio del 1994 in Ruanda. Si trattava di due uomini d’affari, uno conosciuto solo col nome di Ryandikayo e l’altro invece chiamato Charles Sikubwabo.

Stando agli uffici preposti, nella lista dei ricercati non ci sarebbero più fuggitivi di grosso calibro nei registri dell’ICTR (International Criminal Tribunal for Rwanda) e l’ICTY (International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia), ovvero i tribunali internazionali creati negli anni novanta per investigare e perseguire i criminali di guerra ruandesi e dell’ex-Jugoslavia. Tuttavia, le autorità della Repubblica del Ruanda, sostengono di stare ancora cercando circa 1.000 altri fuggitivi da processare per il genocidio.

Entrambi gli uomini erano accusati di istigazione e partecipazione ai massacri delle persone di etnia tutsi. Il genocidio del Ruanda, perpetrato dal 6 aprile fino alla metà di luglio del 1994, è noto per aver massacrato, secondo le stime ufficiali, almeno cinquecentomila persone. Le stime sul numero delle vittime però col tempo sono cresciute, fino a raggiungere cifre fino ad un milione di vittime dei massacri. La fine delle indagini a loro carico l’ha dichiarata, dopo 29 anni, l’International Criminal Tribunal for Rwanda (ICTR). Entrambi i criminali, stando alle indagini, sarebbero però morti già dal 1998.

«Il mio Ufficio ed Io siamo lieti che oggi il nostro lavoro è stato portato a termine con successo» – affermava il 15 maggio 2024 Serge Brammertz, procuratore capo dell’International Residual Mechanism for Criminal tribunals (IRMCT)

Le attività del tribunale internazionale

Fin dal 2020, la squadra di localizzazione dei latitanti dell’Ufficio del pubblico ministero dell’ICTR ha localizzato tutti gli otto supericercati dal tribunale internazionale del Ruanda. Queste operazioni hanno poi portato all’arresto due dei latitanti: Félicien Kabuga, a Parigi nel maggio 2020, e Fulgence Kayishema, nella città di Paarl in Sudafrica a maggio 2023. Il pubblico ministero dell’ICTR ha infine confermato la morte di altri sei latitanti: Augustin Bizimana, Protais Mpiranya, Phénéas Munyarugarama, Aloys Ndimbati e gli stessi Ryandikayo e Charles Sikubwabo.

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Irlanda, Norvegia e Spagna riconosceranno lo Stato Palestinese

I primi ministri irlandese Simon Harris e il norvegese Jonas Gahr Støre, assieme al premier spagnolo Pedro Sanchez, hanno concordato un’azione congiunta d’impatto. Irlanda e Norvegia hanno infatti ufficializzato la procedura per il riconoscimento dello Stato palestinese. In aggiunta il premier spagnolo Sanchez ha annunciato che Madrid lo farà sicuramente entro il prossimo 28 maggio. «Questo riconoscimento non è contro Israele e il popolo di Israele, né a favore di Hamas», precisa Sanchez.

Nel 1999 l’Unione europea si dichiarò pronta a «riconoscere uno Stato palestinese a tempo debito» senza mai andare oltre. Per Sanchez, il premier israeliano Benjamin Netanyahu mette in pericolo la soluzione dei due Stati e ed ha solamente provocato con la sua politica «dolore e distruzione» nella Striscia di Gaza. Per il leader Hamas Bassem Naim la «coraggiosa resistenza palestinese» ha spinto Irlanda, Spagna e Norvegia a riconoscere lo Stato palestinese.

Il Presidente dello Stato di Palestina Mahmūd Abbās ha salutato l’annuncio di Irlanda, Norvegia e Spagna di riconoscere lo Stato di Palestina ed ha esortato gli altri Paesi della Ue a fare lo stesso. Per lui «L’obiettivo è quello di raggiungere la Soluzione a 2 stati basata sulle Risoluzioni internazionali e nei confini del 1967». Israele invece ha richiamato gli ambasciatori dai rispettivi Paesi. Duro il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz: «La parata della stupidità irlandese-norvegese non ci scoraggia, siamo determinati a raggiungere i nostri obiettivi».

L’Italia è ancora uno dei tanti paesi UE che non riconosce la Palestina come stato. Per Antonio Tajani «l’Italia è favorevole, ma è lo Stato palestinese che deve riconoscere Israele ed è Israele che deve riconoscere lo Stato palestinese. Inoltre uno Stato palestinese non dovrebbe essere guidato da Hamas».

La Francia infine tramite un portavoce del ministero degli Esteri «non ritiene che al momento ci siano le condizioni perché questa decisione (il riconoscimento dello stato di Palestina, n.d.r.) abbia un impatto reale».

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Corte dell’Aia: Stop offensiva a Rafah, «Rischio genocidio»

La Corte internazionale di giustizia dell’Aia ordina ad Israele di fermare la distruttiva offensiva militare a Rafah. Pur non qualificando con tale termine l’offensiva, viene ordinato ad Israele di prendere una serie di misure per prevenire «Nel rispetto della convenzione internazionale per la prevenzione del genocidio».



Il caso contro Israele all’Aia è stato aperto a gennaio dopo l’accusa presentata dal Sudafrica. Negli ultimi giorni la stessa aveva chiesto nuovamente alla Corte di ordinare lo stop alle operazioni militari. Con questi ultimi provvedimenti, il Sudafrica ha accolto con favore la decisione definita «più forte» della Corte.

La decisione della Corte è stata presa con una maggioranza schiacciante di 13 voti contro 2. La Corte dell’Aia ha poi chiesto ad Hamas la liberazione «immediata e incondizionata» degli ostaggi ancora prigionieri a Gaza dal 7 ottobre 2023.

Il giudice Nawaf Salam ha dichiarato che la situazione è cambiata da quando la Corte ha emesso i suoi precedenti ordini di misure cautelari e dunque possono essere richieste nuove misure di emergenza.

Stop offensiva a Rafah, le reazioni all’ordinanza

Per il ministro israeliano per la Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir (citato dal giornale israeliano Ynet e riportato da Open.online): «L’irrilevante sentenza della Corte antisemita dell’Aia dovrebbe avere una sola risposta: l’occupazione di Rafah, l’aumento della pressione militare e la completa distruzione di Hamas, fino al raggiungimento della completa vittoria nella guerra».

Hamas ha accolto invece con favore la decisione della Corte, aggiungendo però che quanto da essa ordinato non è ancora abbastanza.

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Riparte il sostegno italiano all’Unrwa, fermo da gennaio a causa di Israele

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani annuncia la ripresa, da parte italiana, dei finanziamenti all’Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi. I finanziamenti erano bloccati da gennaio 2024, in seguito alla pubblicazione di un report del governo israeliano che accusava alcuni dipendenti dell’Unrwa di aver partecipato al massacro del 7 ottobre 2023.

L’annuncio è stato dichiarato dopo un colloquio bilaterale con il leader dell’ANP Mohammad Mustafa e la premier Giorgia Meloni, assieme al ministro Antonio Tajani. Nonostante l’Italia non riconosca la Palestina come uno stato, a Palazzo Chigi il leader palestinese, riferisce ANSA, è stato accolto con tutti gli onori. Il ricevimento è stato celebrato con varie formalità di rito, dalla bandiera palestinese issata sulla facciata accanto al tricolore e al drappo europeo, alla stretta di mano con la premier sulla soglia del palazzo finendo poi con il al picchetto d’onore dei corazzieri. Per la Meloni adesso è prioritario un «cessate il fuoco sostenibile». Per Antonio Tajani invece «L’Italia, grazie alle sue posizioni equilibrate, vuole svolgere un ruolo di ponte».

Nel 2022, il contributo complessivo dell’Italia all’Unrwa è stato pari a 14 milioni di euro, rendendola uno dei principali sostenitori dell’agenzia.



La decisione è nata perché, con il passare del tempo, sono aumentati i dubbi sulla legittimità delle accuse mosse da Israele. Ora l’Italia ha la priorità di «affrontare sia l’emergenza umanitaria del popolo palestinese e le sue legittime aspirazioni ad avere un proprio Stato, sia le altrettanto legittime esigenze di sicurezza di Israele». Già dal 7 maggio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva invitato il governo italiano a riprendere i finanziamenti all’Unrwa.

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Somalia, 3.000 terroristi uccisi negli ultimi 6 mesi

MOGADISCIO: Il presidente della Repubblica federale somala Hassan Sheikh Mohamud ha annunciato che le forze federali governative hanno ucciso più di 3.000 terroristi di Al-Shabaab. Oltre a ciò circa altri 3.700 terroristi sono stati feriti dall’inizio delle operazioni militari guidate dal suo governo.

Il governo federale della Somalia sta compiendo passi da gigante nella battaglia contro il terrorismo da quando il nuovo presidente somalo si è insediato a partire dal 15 maggio 2022.

Stando ad un rapporto del Ministero della difesa, le forze governative hanno liberato dalle forze terroristiche circa 70 città. Questo è stato possibile grazie all’azione sinergica fra le forze armate somali e la popolazione locale.

Questo traguardo giunge in concomitanza alla seconda fase dell’offensiva militare contro la stessa Al-Shabaab. Quest’ultima, negli ultimi decenni, ha messo a ferro e fuoco l’intera Somalia accanendosi particolarmente contro la stessa popolazione somala.

Al-Shabaab ha subito nell’ultimo periodo svariate sconfitte in tutto il territorio federale. A causa di ciò il governo somalo ha pianificato un’ulteriore operazione di sicurezza nella capitale. Lo scopo di questa azione sarà assicurarsi che i terroristi in rotta non causino danni ai civili ed alla città come rappresaglia.

Il ministro della sicurezza interna Abdullahi Mohamed Nur ha aggiunto al riguardo che l’operazione messa in atto ha come scopo la protezione dei civili e della città affinché niente e nessuno venga disturbato durante il mese sacro del Ramadan.

Sempre dal governo infine viene assicurato che l’impegno nella battaglia contro il terrorismo avviene nel pieno rispetto delle leggi internazionali e locali in materia di condotta bellica e dei diritti umani.

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Note


Israele prende di mira le zone umanitarie di Gaza

Con un lancio capillare di volantini lo Stato di Israele ha ordinato lo sgombero di alcune zone popolate del centro della Striscia di Gaza. I bersagli erano stati in precedenza definiti come «safe zone umanitarie» o comunque zone di interdizione ai combattimenti. Le aree interessate sono la zona nord di Khan Younis e la parte orientale di Deir al-Balah.

Gli esperti della IDF fanno sapere di avere identificato delle aree che sarebbero utilizzate dai miliziani palestinesi per il lancio di razzi sul territorio israeliano. Oltre a ciò, i promulgatori del diktat non hanno fornito ulteriori prove alla loro tesi. Stando alle fonti, agli occupanti civili della zona (svariate migliaia con a carico bambini) non verrà fornita alcuna assistenza per facilitargli lo sgombero.

Profughi palestinesi estranei alla violenza vengono continuamente sgomberati dalle zone umanitarie per “ragioni di sicurezza” dagli inizi del conflitto. Per chiunque si rifiutasse verrebbe inevitabilmente coinvolto negli scontri. Gli sfortunati finirebbero infine per perire sotto le bombe israeliane. Una storia simile è accaduta al marito di Amal Abu Yahia, madre di tre figli, morto nella sua stessa casa nel quartiere di Khan Younis.

Stando ai resoconti locali, i soldati della IDF continuano a ritornare a rastrellare zone dichiarate precedentemente “liberate” bombardate a tappeto all’inizio del conflitto riducendole in polvere. Secondo il commissario dell’UNRWA Philippe Lazzarini, il sistema dei campi profughi risulta estremamente insufficiente, costringendo migliaia di sfollati ad accatastarsi i zone umanitarie che in poche giorni diventano sovraffollate.

Il ruolo di Russia e Stati Uniti nel conflitto di Israele

Il principale alleato israeliano, gli USA, comunicano tramite Kamala Harris di stare costantemente lavorando per un cessate il fuoco. Per la vicepresidente candidata alle presidenziali «Israele ha il diritto di contrastare i terroristi di Hamas, però, come ho già detto molte volte, ha anche un’importante responsabilità nell’evitare vittime civili». Anche la Russia tenta ad incentivare una distensione del conflitto. Già a febbraio si sono tenuti a Mosca colloqui diplomatici per tentare di riunificare il fronte palestinese, diviso in diverse fazioni politiche e militari (le principali la stessa Hamas ed il partito Fatah guidato dall’attuale Presidente della Palestina Mahmūd Abbās). Sempre il Presidente della Palestina ha comunicato che incontrerà presto Vladimir Putin per proseguire i colloqui di riconciliazione.

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