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Sopravvivere al coltello: Gli scenari di un aggressione

Introduzione al tema

È meglio stare con i piedi per terra con questo argomento, e per stare con i piedi per terra parlando di coltelli e lame in genere, bisogna essere onesti; il che equivale essere crudi.

In questo articolo non troverai indicazioni sempre valide in ogni contesto. Non abbiamo bisogno di verità assolute ma di cose che possibilmente funzionino, e non possiamo neanche dire “ecco questo funziona sempre“.

Possiamo solo proporre e dire “ecco questo è quanto si può fare per tentare di salvarsi la pelle”.

Se si vuole, la tecnica si prova in palestra, adattato,riprovato e messo alla prova anche con amici ma tra le mura domestiche con persone amiche, stai molto attento e se ti risulta molto difficile applicare le tecniche di difesa o non riesci ad applicarle o anche se non si sente a pelle, è meglio passare ad altro.

Per quanto ne possano dire gli esperti, non esiste un programma al mondo sempre valido, esisti tu e la tua soggettività, in barba a tutte le scienze oggettiviste ed ai training ad alta intensità, quando sei davanti al pericolo, tu non sei una tecnica, sei solo tu e tu da solo con le gambe che tremano ed il cuore a cento all’ora, potresti provare una grande paura e sensazioni sgradevoli e potrebbero anche succedere delle cose che in palestra non succedono mai.

è tremendamente difficile proteggersi da un attacco portato con un’arma bianca

Quello che leggerai può farti scoprire che è tremendamente difficile proteggersi da un attacco portato con un’arma bianca, anche se se ne ha le capacità necessarie a respingere questo attacco e che non solo è possibile renderle più efficienti, ma anche che ci si può difendere acquisendo più energia durante gli allenamenti.

Parafrasando Seneca e ribaltando il suo famoso non vitae sed scholae discimus (non impariamo per la vita, ma per la scuola) possiamo dire Non scholae, sed vitae discimus (impariamo non per la scuola ma per la vita)

Così quando impariamo utilizziamolo non per lezioni tra esperti da palestra ma per preservare veramente la nostra vita, in questo campo dove la vita è in gioco, è necessario superare gli ostacoli o i limiti posti da vuote esercitazioni di estetica marziale che si atteggiano in aggressive ed inutili dimostrazioni di forza suprema.

A questo punto una considerazione è doverosa, ritornando alle verità, se nella difesa personale supponiamo che non ne esistono di verità assolute, tanto meno quelle di seguito espresse possono essere considerate tali, tuttavia quanto leggerai, rappresenta uno sforzo legato alla comunicazione non promozionale, ed è quindi inteso come un tentativo concreto di fornire indicazioni per quanto possibile precise ed utili, senza nascondere nulla che possa servire veramente a tutelare il valore insostituibile di una vita umana.


Di seguito elencheremo una serie di scenari utili ad inquadrare una tipica situazione di aggressione con arma bianca

PRIMO SCENARIO: RISSA IN UN BAR

Un gruppo di avventori bevevano tranquillamente in un bar. Tutto era tranquillo, ma improvvisamente fra due di questi avventori, sino ad un attimo prima tranquilli, scoppia una lite.

Il più minuto dei due, forse anche il più alterato, si lancia verso l’altro colpendolo con un pugno diritto. Non c’è tempo di dividerli che i due rotolano furiosamente avvinghiati a terra, ed il più grosso prende facilmente il sopravvento: seduto sopra l’altro lo tempesta di colpi.

Il più piccolo tuttavia non si arrende: sbraccia, scalcia e tenta disperatamente di divincolarsi e fuggire. Fortunatamente non passa molto che altri clienti superato lo stupore iniziale, si precipitano sui contendenti e riescono a dividerli, e solo allora nel rialzarsi il più grosso nota la macchia scura sul suo fianco destro e fatti pochi passi si accascia. Colpito da un coltello che non ha sentito e non ha visto, sopravviverà dopo il ricovero in ospedale e diversi giorni di cure .

SECONDO SCENARIO: TENTATIVO DI RAPINA

Tre malfattori hanno costretto spalle al muro un malcapitato minacciandolo con dei coltelli, esibiti con l’intento di ottenere il bottino desiderato, un portafoglio ben fornito di denari che è stato notato durante gli acquisti fatti poco prima in un negozio.

Il più deciso dei tre, forse il capo, si fa avanti ed allunga il braccio armato di un coltello con la lama leggermente curva verso il viso della vittima per fargli consegnare il portafoglio.

Improvvisamente però l’aggressore, come scottato dal fuoco, ritrae il braccio e con un salto all’indietro si allontana da quello che fino ad un attimo prima era la vittima predestinata.

Il malcapitato infatti ora invece del portafoglio ha nella mano destra un lucente coltello aperto, con il quale ha già colpito all’altezza del polso l’incredulo malvivente, recidendo di netto i flessori della mano.

Non lascia il tempo agli alti di superare lo sbandamento della sorpresa, con due passi rapidi si porta verso l’uomo alla sua sinistra e con un movimento in laterale discendente lo ferisce con un taglio secco e penetrante dietro al ginocchio, facendolo stramazzare al suolo. Quando si volta per fronteggiare l’attacco del terzo aggressore non trova però nessuno, è fuggito a gambe levate nello stesso momento in cui il secondo cadeva colpito.

TERZO SCENARIO: AGGRESSIONE IN DISCOTECA

Un giovane chiacchiera con una coetanea in discoteca circondato da altre persone che attorno a loro ballano e si divertono.

Improvvisamente tra la folla si fa largo un tizio che gli si avvicina con fare esuberante, ma tutto sommato tranquillo. Giunto a due passi dal ragazzo però cambia atteggiamento indicandolo con una mano e apostrofandolo pesantemente come un possibile rivale in amore, con l’altra estrae un coltello e colpisce il ragazzo alla gamba ed alla natica, fuggendo subito dopo tra la calca della folla.

Il ragazzo colto di sorpresa e completamente bloccato dal panico viene trasportato al pronto soccorso dagli amici. Le ferite fortunatamente non hanno prodotto un danno permanente e il ragazzo serberà due piccole cicatrici  e un brutto ricordo della vicenda occorsagli.

QUARTO SCENARIO: UBRIACO VIOLENTO

La birreria paninoteca il venerdì sera è luogo d’incontro per mangiare qualcosa, bersi una birra e ascoltare musica chiacchierando con amici.

Un tizio entra spavaldo quando il locale è già affollato, si appoggia al bancone e chiede da bere. Dopo aver trangugiato una media ne chiede subito un’altra, al rifiuto del barman che intuisce lo stato alcolico del nervoso cliente, inizia ad inveire ed urlare, poi come un lampo spazza con un braccio i bicchieri dal bancone, afferra l’ultimo rimasto, un calice da birra e con un movimento secco ne rompe il bordo sullo spigolo, lanciandosi subito dopo all’inseguimento del barista.

Questi con prontezza d’animo si chiude nel retrobottega sprangando la porta, l’energumeno allora ormai completamente partito prende il primo ragazzo che gli capita a tiro e gli pianta il bicchiere rotto alla base del collo, minacciando di sgozzarlo.

Seguono attimi di terrore, interrotti dall’arrivo dei Carabinieri, alla vista dei quali il delinquente si libera del ragazzo, ma continua a minacciare i militari con il bicchiere rotto in mano, solo dopo una trattativa ben condotta, i due carabinieri riescono a condurlo via  senza colpo ferire, il ragazzo se la cava con un grosso spavento e qualche graffio.


Conclusioni

Questi sono alcuni casi. A volte si sente dire “non ho sentito il dolore solo colpi e qualcosa che entrava nella gamba, qualche attimo dopo con i pantaloni inzuppati di sangue stavo barcollando alla ricerca di aiuto”, spesso si sentono queste testimonianze a conferma che il coltello è facile da nascondere ed essere usato da chiunque.

Una lama non è fredda solo al tatto, è fredda anche quando te la vedi davanti e capisci che può colpirti e penetrare dentro di te

Si fa un gran parlare di lame curve, dritte, corte, seghettate, a doppio filo, a un filo e mezzo, di coltelli a lama fissa, a scatto, clip ad apertura singola, di daghe e pugnali combat, ma tra persone normali, quelle per intenderci che hanno una vita divisa tra casa, lavoro, amici, famiglia, interessi e la palestra, ci si può fermare molto prima, diciamo al coltello da cucina anche piccolo.

A questo gruppo appartiene il 95% della popolazione, escludiamo il rimanente 4 % (forze dell’ordine nei vari contesti operativi) e lo 1% di coloro (e supponiamo sia già una percentuale ampiamente in eccesso) che un coltello in combattimento lo sanno maneggiare davvero, per combattimento intendiamo non una coltellata alla schiena, ma un ipotetico duello alla pari tra due armati svolto secondo delle regole prestabilite.

Nel prossimo articolo entreremo nello specifico della questione.

Note


[AUTODIFESA] Sopravvivere al coltello: I diversi tipi di aggressione

Dopo il nostro articolo precedente, entriamo finalmente nello specifico della questione


Sai cosa può fare realmente questo banalissimo coltello destinato ad usi alimentare?

Esattamente quello che stai pensando, recidere tendini, vene, arterie, muscoli, parete addominale, carotide, oppure perforare il busto o la schiena nella quasi totalità dei casi arrivando a ledere organi vitali.

Sei mai stato colpito da un oggetto tagliente, appuntito o hai subito una ferita da punta, un taglio? Sai cos’è un pneumotorace, una ferita asciutta, quanto sangue esce da una vena recisa? Sai che un uomo senza il minimo addestramento, senza l’ombra della minima attività fisica, senza nessuna conoscenza specifica, può impugnare un coltello e colpire in un corpo a corpo fino a 10 volte in cinque secondi?

Sai quanto ci impiega un aggressore armato di coltello a chiudere una distanza di 2,4,6 metri? Conosci lo stato d’animo nel quale ti troveresti se di fronte a te chi ti minaccia brandisse veramente questo comune coltello da cucina? Sai come ti attaccherebbe, con quale forza può arrivare a colpire,con quanta energia stringerebbe l’arma?

Sai che resistenza è in grado di opporre l’aggressore una volta che hai (eventualmente) preso il suo braccio armato? Riusciresti a fare quello che fai quando ti alleni in palestra con qualcuno fermamente intenzionato a tagliarti o a bucarti con un coltello?


La figura alla quale faccio riferimento non è quella di un esperto

Mentre rispondi alle domande, ricordiamoci che la figura alla quale faccio riferimento non è quella di un esperto.

Stiamo parlando di una qualsiasi persona che in preda ad un raptus violento impugna l’arma in questione (un coltello da cucina diventa arma nel momento in cui è brandito per arrecare danno fisico), con la ferma intenzione di provocare lesioni nei confronti di chi si trova davanti.

Purtroppo oltre ad una fisiologica delinquenza nostrana negli ultimi anni si è costituita una nuova struttura criminale, con connotazioni extracomunitarie (cioè composta da persone che giungono da fuori i confini europei).

Essa ha nella clandestinità, nel totale disinteresse delle leggi italiane e anche nella determinazione ad affermarsi in modo violento i propri fondamenti. Fattori che la pongono al centro di quella che è definita microcriminalità, ma che di micro per chi la subisce ha ben poco.

Non mi compete l’analisi dei fattori contingenti, ne intendo giudicare o esprimere opinioni al riguardo

Questo dato di fatto mi interessa per gli aspetti legati al porto ed utilizzo di armi bianche che sembra essere predominante nella realtà di oggi.

In questa società si è affermato per motivi diversi il coltello per varie ragioni che posso identificare nel costo minore rispetto altre armi e la facilità con cui ci si può approvvigionare di queste armi, ma anche facilità di occultabilità, di disfacimento, praticità d’uso e da non sottovalutare in caso di fermi per controlli, minore o quasi nullo indice di punibilità rispetto alle armi da fuoco.

Per quanto riguarda le figure di potenziali aggressori sono raccontate nei brevi racconti iniziali due sole di queste storie vedono coinvolti per motivi ben diversi esperti di combattimento, negli altri casi si tratta di delinquenti che definisco portatori di coltello, individui che portano l’arma e la utilizzano contro persone disarmate per vari scopi (aggressione,violenza, rapina ecc..)

Oggi è il portatore di coltello che fa la triste storia odierna, storia misera naturalmente di chi senza arte nè parte, si serve dell’arma per colpire persone inermi.

Magari anche alle spalle; il portatore di coltello è l’ultimo stadio al quale si pensa di poter opporre una difesa vitale nell’eventualità di un pericolo.

Egli ha l’arma con se quindi la conosce e premedita, sebbene non sia un combattente di coltello o un esperto, è determinato nell’utilizzarla e ne conosce le applicazioni pratiche.

Vediamo ora questa scaletta di possibili aggressori armati:

Il Rafforzatore

Il rafforzatore prende dall’ambiente (strada, macchina,bar, ecc…) qualunque strumento passi ai suoi occhi come potenziamento della sua azione offensiva.

Cacciaviti, martelli, coltelli da cucina, sono ai suoi occhi armi con le quali colpire spesso in maniera disordinata e ripetitiva la vittima.

I colpi possono essere diretti all’addome, schiena alta, torace e finiscono spesso quando portati con presa sopramano sugli avambracci della vittima che si protegge per ripararsi istintivamente dagli attacchi.

Il Raccattatore

Il raccattatore è colui che in preda ad un raptus si serve di oggetti del luogo trasformandoli in armi.

Pur alterato emotivamente seleziona in maniera analitica/istintiva armi occasionali (bicchieri e bottiglie frammentati, coltelli da banco, cacciaviti, punteruoli ecc…) che gli consentano azioni offensive incisive, colpisce di taglio e di punta sia con presa sottomano che sopra mano e i bersagli sono quelli del rafforzatore.

Il Portatore

Il portatore porta l’arma con sé, la tiene nascosta.

Che sia nei pantaloni, semplicemente in tasca o nella giacca, nel marsupio, infilata nei calzini e se con clip la aggancia spesso anche agli slip o alla cintura sul davanti o di dietro.

Ci sono stati casi di lame ricavate o innestate su fibbie di cintura o fibbie affilate, portachiavi affilati, chiavi di casa, di macchina affilate o appuntite

Nel caso di un coltello vero e proprio si tratta spesso di serramanico con lama dritta con apertura a scatto (molletta) o apribile a due mani, oppure ancora quei pericolosi apribili ad una sola mano sul modello spyderco, con lama diritta o semi-curva, spesso seghettata ed estremamente tagliente .

Il portatore, che ripeto non è un combattente di coltello, conosce comunque la sua arma e ne ha quindi una buona manualità, spesso è in grado di estrarla ed aprirla molto velocemente e non si fa scrupoli ad utilizzarla per colpire frontalmente di fianco o da dietro.

I colpi sono diretti al corpo, alle gambe e ai glutei  come azione di marcatura e in tal caso non sono dati per uccidere, oppure sono diretti di taglio al volto per segnare la vittima.

Anche in questo caso non sono colpi mortali, oppure diretti a zone specifiche come ad esempio il cosiddetto sorriso di “Allah” (bersaglio = gola, colpo di matrice araba) per uccidere come quelli ai naturali bersagli vitali compresi nel busto dalla gola all’addome.

Il portatore tuttavia può differire dalle due precedenti tipologie perché talvolta utilizza l’arma per minacciare e non sempre per colpire.

Mentre i primi due gruppi impugnano l’arma nel momento dell’ira (quando i freni inibitori per diverse ragioni vengono meno) e quindi spesso la utilizzano per colpire subito dopo, il portatore è consapevole dell’arma e la utilizza in contesti anche diversi (minaccia, intimidazione, avvertimento, colpi segnatori e per ultimo azioni letali) e con modalità diverse dai primi.

Ad esempio può estrarre l’arma e minacciare un attacco senza per questo arrivare a farlo, oppure estrarlo durante una colluttazione e colpire senza preavviso.

Queste considerazioni mi portano a valutare attentamente il contesto comparsa di un’arma, perché pur nel grande pericolo al quale ci sottopone quest’eventuale situazione, la stessa si presenta con caratteristiche diverse che vanno analizzate e studiate per conoscere i meccanismi.

Dobbiamo quindi essere in grado almeno da un primo punto di vista teorico/pratico di riconoscere non solo le armi, ma il contesto, le circostanze  e le possibili variabili, per sfuggire il pericolo dobbiamo captarne prima i possibili segnali ed essere pronti ad agire.

Note


[AUTODIFESA] Un’arma estensibile: Il bastone telescopico

Nella rubrica “Armi bianche” della rivista ARMI E TIRO (settembre 2002) il collezionista Roberto Gobetti, grande esperto e studioso di armi storiche, sviluppa un tema davvero interessante.

Egli propone che l’esame delle armi manesche più o meno antiche, evolva dalla catalogazione certosina dei componenti, verso lo studio valutativo funzionale degli stessi, aprendo così la strada alla ricerca dei perché costruttivi dei diversi elementi di un’arma.

Scrive infatti:

Non dobbiamo dimenticare che un’arma è nata per essere usata

Per questo si devono indagare le sue funzioni costruttive in modo che studiando con attenzione tutti i particolari, si può arrivare a conoscere queste esigenze e soprattutto il loro mutare nel tempo.

Gobetti suggerisce di sviluppare un lavoro intelligente sull’oggetto evidenziando la natura globale dell’arma, che diventa così mappa descrittiva non solo delle tecniche possibili con la stessa, ma anche “indicatore sociale” degli usi e costumi di un’epoca.

Un altro percorso che si può indicare e connesso a quello suggerito da Gobetti, è quello riguardante la “trasmutazione” (trasformazione + mutazione) di alcune armi antiche in armi o strumenti moderni legati alla Difesa Personale e a contesti di Forza Pubblica.

Tra questi trova senz’altro posto l’antico “buttafuori” ed il suo epilogo moderno “il bastone telescopico o espandibile”

Nei secoli che vennero dopo l’anno Mille, in Italia e in buona parte dell’Europa, l’uso delle armi manesche, sole come accompagnate, era necessario quanto il saper camminare, nella nostra penisola la particolare situazione politica e socio-culturale, favorì la diffusione non solo delle armi, ma anche del loro utilizzo scientifico in combattimento singolare o nelle scaramucce di gruppo.

Un po’ come avviene oggi in Israele, la pressione costante ai confini e le continue dispute sul territorio fecero si che la popolazione di sesso maschile delle città fosse formata all’arte del combattimento, così da poter difendere come milizia cittadina (societates armorum) i propri possedimenti entro e fuori le mura comunali.

La situazione assai articolata e variegata, vedeva soldati di ventura, mercenari, uomini d’arme, cittadini e nobili cavalieri convivere.

La quantità di personaggi inclini a metter mano ai ferri causò un certo problema, ma favorì contemporaneamente lo sviluppo di strumenti ed armi sempre più funzionali e parallelamente l’evoluzione dei combattimenti all’arma bianca.

In un certo periodo tra il XlV e fino al XVll secolo, venne in uso, tra le altre, un tipo di arma particolare per forma e funzione, all’apparenza si trattava di un bastone ricoperto da una lamina di metallo, ma si trattava per l’appunto solo d’apparenza, in quanto il bastone teneva occultata al suo interno una lama lunga e robusta come quella di una spada, in grado di uccidere.

Questa fuoriusciva all’esterno dalla parte superiore grazie ad un movimento brusco, per forza d’inerzia, e bloccata in quella posizione da un meccanismo che ne impediva il rientro, l’esimio studioso del secolo scorso Il Comm. Jacopo Gelli nella sua opera GUIDA DEL RACCOGLITORE … (1900) definisce l’arma come “brandistocco” ed, in effetti, si ritrova tale nome anche nelle catalogazioni armi dell’archivio di Stato Firenze ed Urbino (1633).

Il nome “buttafuori” è invece stato utilizzato per designare lo stesso strumento da altri due grandi studiosi di armi bianche come Boccia e Coelho nella loro opera ARMI BIANCHE ITALIANE (1975)

Il nome “buttafuori” è considerato più rispondente alla natura tecnica dell’arma anche da un altro esimio esperto, quel Francesco Rossi, che curò la catalogazione tra gli altri della collezione d’armi antiche del Museo di Castelvecchio a Verona.

Il “buttafuori” da un punto di vista tecnico è un tubo cilindrico al cui interno si trova una lama a sezione losangata o quadrangolare fornita in alcuni casi anche di lame laterali che si aprono a fine corsa, originando una vera e propria guardia a croce appuntita, utile per parare i colpi degli avversari ed utilizzabile nel combattimento a distanza ravvicinata, con evidenti risultati pratici.

A riposo il “buttafuori” sembra un bel bastone adornato alla sommità da una corona in metallo talvolta lavorata a sbalzo o forgiata a rappresentare animali e l’estremità opposta chiusa da un puntale in ferro, ma basta afferrare saldamente il bastone e compiere un movimento brusco del polso per far aprire il coperchietto con portellino e vedere fuoriuscire la lama che saetta in avanti come la lingua di un serpente.

Non si tratta della lamette di coltello, ma di un ferro che può superare gli 80 cm, il “buttafuori” divenne servo silenzioso per viandanti, per le scorte

Lo usavano ad esempio le Corporazioni e le Confraternite dei Bombardieri veneti, per gli emissari e per i riscossori di tributi, ma divenne anche arma da “masnadieri” che appoggiavano le loro richieste “presentando il ferro”.

Buttafuori bellissimi si possono ammirare al Museo Luigi Marzoli di Brescia, al Museo di Castelvecchio a Verona ne è conservato un esemplare lungo 132 centimetri a cui si aggiungono altri 82 centimetri di lama a sezione di losanga occultata all’interno.

È lecito pensare che le armi antiche e strumenti di questo genere abbiano fatto la loro storia e che oggi il loro posto sia riposare nei Musei ed essere ammirati come oggetti nobili di un tempo che fu, ma per chi studia e ricerca in ambito marziale con uno sguardo al passato e un occhio alla realtà presente della protezione (personale e pubblica), queste armi sono fonte di continui suggerimenti e rappresentano un terreno fertile d’indagine e analisi.

Cosa rappresenta dunque questo bastone con una saettante anima d’acciaio?

Il “buttafuori” esprime un concetto strategico e una tecnologia: il concetto strategico-tattico ha come valore di riferimento la sorpresa

Il sorprendere, mentre il contenuto tecnologico ha come formula applicativa l’estensibilità, con il buttafuori si puntava principalmente a sorprendere l’avversario, un aggressore più che un rivale in duello per il quale esistevano convenzioni cavalleresche, utilizzando il solo bastone se il pericolo era minore e l’arma estesa (un buttafuori aperto arriva a misurare anche due metri), brandendolo in caso di necessità con entrambe le mani tirando botte con il manico e micidiali stoccate con la lama.

Bastone strumento / bastone arma

Il buttafuori esprime un concetto che resterà caro nella terra delle lame, il binomio sempre accarezzato e perseguito di sorprendere chi vuol sorprendere, ribaltando così con un’azione a sorpresa tanto inaspettata quanto micidiale, la sorte avversa.

Questa concezione d’uso cardine e fondamento delle strategie di combattimento e affronto del bastone buttafuori  è un principio che ritorna nel nostro tempo e che troviamo espressa nel bastone estensibile (B.E.), strumento operativo d’intervento facente parte da tempo dell’arsenale armi non letali della polizia americana, (C.A.S Counter-Assalt-System), ed entrato da qualche tempo in dotazione anche tra le polizie di mezza Europa, probabilmente entro l’anno faranno parte anche della dotazione della Guardia Costiera Italiana.

Le ragioni che stanno decretando il crescente successo del B.E. tra gli addetti ai lavori di diversi paesi del mondo, sono le stesse che fecero la fortuna del suo progenitore antico,a queste se ne aggiungono altre dettate dall’evoluzione e conformazione del mezzo, di indubbio interesse.

Innanzitutto il porto del B.E. è facilitato dalle ridotte dimensioni quando chiuso e dal peso leggero (può variare dai 350 ai 700 grammi), caratteristiche che ne limitano l’ingombro e ne consentono una eccellente portabilità anche in situazioni ove sia richiesta discrezione e basso profilo.

Un altro fattore è la fruibilità del mezzo, cioè dalla facilità di utilizzo operativo del B.E. che, una volta aperto, può misurare 40-51-66-78 cm

Secondo i diversi modelli oggi disponibili, il dimensionamento offre i vantaggi comparabili ad un comune sfollagente, ma le caratteristiche d’uso premiano sicuramente l’espandibile, basta, infatti, un secco movimento del polso per aprirlo e con soli due movimenti del polso (il primo secco in avanti, il secondo rotatorio corto a tramazoncello secondo la scuola antica italiana) si apre e si colpisce o si apre e si para, l’attacco di un malvivente armato di coltello.

Ancora i. B.E permette di svolgere un’azione di controllo evento e di prevenzione (nel caso ad esempio di addetti alla sicurezza di aree private), mantenendo un basso profilo, allo stesso tempo è assai difficile subirne il disarmo quando chiuso ed impugnato, mentre si può aprirlo anche se sottoposti ad una presa, persino sul braccio che lo porta.

Per ultime, ma non meno importanti, anzi fondamentali nell’etica della Forza Pubblica e della sicurezza, la bassa lesività modulata che è possibile porre in essere con un utilizzo mirato e scientifico del B.E., situazioni di rischio possibile (sorveglianza aeroportuale, perquisizioni, sorveglianza di soggetto da tutelare, o di più soggetti in luogo pubblico) può essere gestita anche grazie al B.E. che permette di agire contro aggressori armati con oggetti contundenti, spranghe, mazze, catene, bottiglie, coltelli, riducendo al minimo il rischio di un ingaggio corpo a corpo o del ricorso ad armi da fuoco.


LA TECNICA

La particolare costruzione del B.E con una testa sferica all’apice permette un utilizzo incisivi/selettivo dei colpi, che sono indubbiamente rafforzati dal buon grip offerto dal manico in materiale plastico in alcuni modelli anatomico e confortevole, da un punto di vista tecnico-gestuale la natura contundente dei colpi permette azioni mirate rese possibili dalla mappatura dei punti da toccare che definiamo come bersagli focali.

Questo evita di usare il B.E. in modo brutale e soprattutto inadeguato alla circostanza e consente di rendere efficiente e rapida l’azione di contenimento del pericolo, i bersagli focali sono dunque punti del corpo che, per la loro posizione e conformazione, possono essere:

  • Facilmente colpiti perché esposti;
  • Una volta toccati possono limitare le capacità offensive e dinamiche dell’aggressore;
  • Non comportano lesioni gravi o mortali.

I principali bersagli focali che mappano l’utilizzo operativo del B.E. sono dislocati:

  • Sugli avambracci e sulle mani, (zona radiale-carpale e metacarpale);
  • Sugli arti inferiori (zona tibiale rotulea e malleoli).

Se il malvivente riesce a superare lo sbarramento dei colpi e si porta in corpo a corpo l’utilizzo del bastone estensibile si rivela ancora un valido elemento di controllo

Il soggetto pericoloso che aggredisce armato, escluse armi da fuoco, può quindi essere centrato da uno o più colpi con il B.E. ai bersagli focali così da inibirne la capacità offensiva, se il malvivente riesce a superare lo sbarramento dei colpi e si porta in corpo a corpo, oppure se la situazione si sviluppa a corta distanza, l’utilizzo del B.E. si rivela ancora un valido elemento di controllo.

È possibile infatti sfruttarne la conformazione per eseguire anche a corta distanza:

  • Azioni di blocco degli arti e chiavi articolari;
  • Azioni di opposizione stabile a colpi;
  • Azioni di pressione su sedi localizzazioni nervose;
  • Azioni di controllo/conduzione.

il B.E. naturalmente non può sostituire i campi di applicazione estremi dell’arma da fuoco, ma può trovare il giusto spazio come strumento di controllo non letale nella gestione di eventi a rischio, presupposto indispensabile per un utilizzo razionale e mirato del B.E. è senz’altro l’adozione di programmi d’addestramento professionali adeguati che consentano in tempi brevi di formare gli addetti ai lavori e di garantirne la massima efficienza operativa nel tempo, con il minimo turn-over d’allenamento.

Ricordo infine che il bastone estensibile è considerato arma propria e come tale rientra nelle normative collegate all’articolo 4 della legge 110/75 e che la detenzione ed il porto di tali strumenti è regolato dai collegati  art. 42 del Tulps e art. 38 della stessa legge.

Note

Bibliografia

  • Lionello G.Boccia, Eduardo T. Coelho, Armi bianche italiane (1975 Bramante Editrice)
  • Jacopo Gelli, Guida Del Raccoglitore E Dell’Amatore Di Armi Antiche (1900)

COPERTINA parliamo di armi

[AUTODIFESA] Parliamo di armi!

In questo articolo analizzeremo i pro e i contro di utilizzare un’arma per difendersi da un’aggressione.

In tutti i seminari di tiro con la pistola, la prima domanda che gli allievi si sentono porre è se qualcuno ha mai sparato in vita sua con una qualsiasi arma.

La percentuale di chi ha sparato è sempre molto bassa e quando la gente risponde di sì si tratta sempre di molto tempo addietro.

Per questo motivo il problema non è saper togliere l’arma all’aggressore, ma sapere cosa fare una volta impugnata l’arma.

Sapresti come agire se la pistola si inceppasse o se il caricatore è vuoto?

Questo ci porta ad analizzare l’estrema importanza dell’uso dell’arma.

Se sei un praticante di Arti marziali che prende sul serio l’allenamento e lo pratica regolarmente, comprenderai la necessità di imparare ad utilizzare correttamente una pistola con un istruttore qualificato.

Ovviamente questo è un ragionamento necessario e applicabile a chiunque

le statistiche del Federal Bureau of Investigation indicano che tra i crimini violenti commessi negli Stati Uniti, nel 65% dei casi era stata usata una pistola.

Qualunque arma da fuoco è pericolosa se detenuta da qualcuno che non conosce le sue possibilità e i suoi limiti.

L’unico modo per imparare questi due fattori è praticare

In primo luogo occorre analizzare questi due fattori.

  • Se vivi in un’area rurale: Cerca un luogo sicuro all’aperto ben isolato e recintato;
  • Se vivi in una  città o in una zona molto popolata: Cerca un poligono qualificato.

La migliore opzione in ogni caso è quella di iscriversi ad un corso riconosciuto di utilizzo della pistola.

Una volta fatto si può praticare da solo (chiaramente bisogna essere in possesso del porto d’armi) e scoprire cosa può fare un’arma da fuoco.

La pistola è l’arma più difficile per imparare a sparare con precisione

Imparare a maneggiare correttamente una pistola richiede molta pratica. La maggior parte delle persone che la utilizza in una situazione normale arriva a consumare almeno 500 caricatori prima di ottenere la destrezza necessaria per centrare il bersaglio, figuriamoci in una situazione ad alta tensione.

Una volta ottenuta la destrezza per mantenerla si avrà bisogno di almeno 50 caricatori al mese.

È sorprendente vedere come molta gente si compri una pistola e 50 caricatori di munizioni, si rechi in un’area di tiro vicina e cominci a sparare i 50 caricatori a una sagoma situata a 8 metri di distanza e sbagliando anche diversi colpi. In una situazione critica tu non puoi permetterti di essere uno di loro.

Dimentichiamoci di ciò che in televisione fanno vedere

Non si spara mai con una mano sola o perlomeno non si dovrebbe fare. Se ciò che vuoi è colpire un qualsiasi bersaglio, quando si effettua uno sparo difensivo si devono utilizzare entrambe le mani per tenere la pistola.

Con la pistola dovrai mettere le dita della mano libera sopra le dita che stanno afferrando l’arma

Metti il pollice della mano libera sopra il pollice della mano che spara. Puoi farlo incrociando la parte posteriore del polso.

Puoi utilizzare la stessa impugnatura con un’arma semiautomatica o cambiarla leggermente, posizionando l’indice della mano di appoggio attorno alla parte frontale della sicura.

Afferrando l’arma in questo modo con entrambe le mai, risulterà più facile tenere l’arma mentre si sta prendendo la mira.

Eviterai così che l’arma rinculi dopo lo sparo, permettendoci di tornare a mirare il bersaglio dopo ogni sparo.

Il modo in cui sei posizionato influenzerà la precisione degli spari

Il piede opposto (il sinistro per i tiratori destrimani e viceversa) dovrebbe trovarsi circa 30 cm davanti all’altro piede ed entrambi i piedi dovrebbero essere allargati al livello delle spalle.

Questa posizione (chiamata Posizione di Weaver) permette al corpo di assorbire parte dell’impulso del rinculo, aiutandoci a mantenere l’equilibrio ed è a mio parere la posizione in piedi più stabile per sparare.

È estremamente efficace se utilizzata correttamente ed è ciò che conta, nessun altro all’infuori del tuo avversario si meraviglierà della tua tecnica, perciò non preoccuparti dell’immagine sgraziata che potresti dare.

Puoi provare anche una seconda posizione che è abbastanza efficace

Posizionati di fronte al bersaglio con le gambe leggermente separate e il peso del corpo distribuito equamente su entrambe le piante dei piedi.

Dopo di ciò piega leggermente le ginocchia e abbassa un po’ il corpo, come se dovessi sederti.

Questa semplice posizione ti permetterà di mirare con la pistola al centro, o verso uno dei lati, in maniera spontanea, perché le braccia e le spalle sono bloccate e funzionano come una torretta, facendo perno da un lato all’altro.

Le due cose più importanti che devi imparare sono il controllo del grilletto e la mira

Una volta adottata la posizione e l’impugnatura adeguate, le due cose più importanti che devi imparare sono il controllo del grilletto e la mira. Quando sarai in grado di dominare entrambe, vorrà dire che ti troverai nel giusto cammino per diventare un tiratore esperto, in grado di proteggere te stesso e la tua famiglia.

Il controllo del grilletto si mantiene con un movimento di pressione, non con un tiro o con un colpo secco

Questi movimenti tendono spostare la bocca della pistola e allontanarla dal bersaglio quando si spara, facendoti fallire il bersaglio.

Il dito sul grilletto deve agire in maniera indipendente dalle altre dita e dal pollice.

Le tre dita e il pollice dovrebbero assicurare un’impugnatura forte del calcio della pistola, mentre il dito posizionato sul grilletto non dovrebbe toccare nient’altro che il grilletto.

Se il dito del grilletto tocca il corpo dell’arma, tirando il grilletto la bocca dell’arma si muoverà.

Questo leggero movimento eseguito ad una distanza di 6 metri dal bersaglio, sarà sufficiente a fartelo mancare, se fai pratica per imparare a premere il grilletto in maniera corrette, ti risulterà più facile sparare sul bersaglio che realmente vuoi colpire.

Dopo aver sparato non devi lasciare andare il grilletto, il movimento del grilletto in avanti dopo uno sparo dovrebbe essere controllato nello stesso modo in cui si preme per sparare.

C’è un fenomeno strettamente relazionato al gesto di premere il grilletto, chiamato “scossa”

Quando premi, non riesci ad evitare di attendere di percepire il rumore della pistola che spara, all’ultimo, si tende ad anticipare e muovere la pistola nel momento in cui il grilletto sta completando il suo percorso e la carica viene sparata.

La scossa è una reazione normale nell’uso di qualunque arma da fuoco, ma è anche un’abitudine che devi superare se vuoi usare l’arma in maniera efficace.

Se stai praticando in una zona in cui vi sono più persone che sparano, potrebbe accadere che la scossa complichi le cose, perché è probabile che non avvenga solo col tuo colpo, ma anche con quello degli altri, in questo caso la cosa migliore da fare è cercare di tirare nelle pause degli altri.

Puoi utilizzare il suono dello sparo delle loro armi come segno per completare l’azione di premere il grilletto ed eseguire il tuo tiro, una volta che hai imparato a completare la sequenza, vedrai che avrai meno problemi con la scossa degli altri.

Il mirino è egualmente importante per poter sparare con precisione

La maggior parte della gente con un’esperienza ridotta nell’uso della pistola incontra delle difficoltà nel focalizzare il mirino, poiché il mirino anteriore e quello posteriore sono molto vicini e, al contempo molto lontani dal bersaglio, il tiratore noterà che i suoi occhi non riusciranno a mettere a fuoco contemporaneamente il mirino posteriore, quello anteriore e il bersaglio.

Non ti disturbare a provare a farlo, non si può.

Punta l’occhio sul mirino anteriore, potresti pensare che non sia giusto, ma finirai per renderti conto che è l’unico modo per sparare con precisione.

Il mirino posteriore e il bersaglio risulteranno sfocati, ma ad una distanza superiore a 50 metri è abbastanza facile mantenersi focalizzati sul bersaglio con il mirino anteriore.

I mirini delle rivoltelle sono stati progettati in modo tale che un po’ di luce brilli tra i laterali degli incastri del mirino posteriore e il filo del mirino anteriore.

Con la pratica, le mani finiranno per mantenere automaticamente la quantità di luce in entrambi i lati del mirino frontale in maniera regolare.

Se la pistola ha mirini regolabili, la parte superiore del filo del mirino anteriore dovrebbe essere simile alla parte superiore del mirino posteriore. Questa linea regolare con la luce, brillando nel mezzo ti fornirà il migliore angolo di mira per uno sparo difensivo.

Non preoccuparti se non sei in grado di mantenere la pistola completamente ferma, in realtà nessuno è in grado di farlo

La pratica farà sì che il movimento diventi più lento, perché i muscoli del braccio e del polso usati per sparare diventeranno più forti.

La precisione millimetrica non è necessaria nel tiro difensivo, pratica guardando attraverso i mirini al bersaglio, utilizzandoli soprattutto per confermare che la bocca dell’arma sia situata sopra il bersaglio.

È più importante sapere sempre dove si trova l’avversario e che cosa sta facendo, piuttosto che concentrarsi sul mirino

Qualunque cosa faccia, non perdere di vista un aspetto fondamentale del tiro difensivo, devi essere in grado di piazzare uno o più colpi al bersaglio a breve distanza, nel minor tempo possibile.

Un allenamento centrato sull’obiettivo è fondamentale per imparare correttamente l’uso, la sicurezza e la precisione con la pistola, ma può essere anche fine a se stesso.

Dato che il tiro difensivo è un tiro a breve distanza, una volta imparate le basi, la pratica del tiro al bersaglio a lunghe distanze non avrà senso.

In realtà, l’eccesso di pratica può impedirti di riconoscere un tiro rapido in una situazione di tensione, è meglio la rapidità di reazione, che la precisione millimetrica, purché tu sappia ciò che stai facendo.

Con un’adeguata pratica, dovresti poterti difendere da solo e difendere la tua famiglia con una certa sicurezza.

Il possesso legale di una pistola per la difesa personale non è facile da ottenere nell’attuale società, né è una decisione che si possa prendere alla leggera

Benché tu abbia i requisiti necessari e possa entrare in possesso di un’arma in maniera legale, le circostanze nelle quali puoi usarla per proteggerti e difendere la tua famiglia sono ancora più confuse.

Nelle ultime decadi i tribunali hanno progressivamente adottato posizioni che situano il proprietario di un’arma in una situazione di considerevole svantaggio legale.

Questa linea di ragionamento sposta il peso della colpa del trasgressore della legge al cittadino che segue la legge e che reagisce di fronte ad un’intrusione.

Esiste qualcuno tra noi in possesso di una saggezza tale che possa determinare con esattezza, in un millesimo di secondo, i vantaggi relativi di una pallottola su una gamba di fronte alla pena legale che un giudice imporrebbe?

Tuttavia, per quanto assurdo possa sembrare, l’unica maniera di essere sicuri è consultare un avvocato prima di premere il grilletto.

Dato che un furto implica una pena abbastanza lieve, non sarai in un terreno sicuro se cerchi di fermare un ladro con un’arma, la maggior parte dei giudici ti considereranno colpevole di aver utilizzato una forza non ragionevole se spari ad un ladro che ha le tasche piene di cose tue.

Questo deriva dal concetto che afferma che non devi utilizzare un’arma per proteggere la tua proprietà.

Se lo fai, deve essere in risposta a una situazione nella quale la tua vita (non la tua proprietà) è minacciata, nonostante ciò, in quel caso dovrai essere in grado di dimostrare che la tua vita era minacciata e che in nessun altro modo saresti potuto sopravvivere alla situazione.

Se utilizzi una pistola per fermare un ladro che sta scappando con i tuoi beni, peggiorerai considerevolmente  la situazione a tuo svantaggio

Nel caso tu lo dovessi inseguire e gli spari quando sta uscendo da casa tua, le conseguenze saranno anche peggiori. Tenendo conto di questo, esiste un procedimento stabilito che bisogna seguire nel caso in cui ti trovi un intruso dentro casa tua.

  • Il primo passo è verificare se è armato o meno, e se pertanto è potenzialmente pericoloso;
  • Il secondo passo è sfidarlo verbalmente: Se lo sorprendi con un affronto verbale, potrebbe impaurirsi e correre via o perfino arrendersi. Ovviamente, corri il rischio che ti uccida mentre tu segui il procedimento di “identificazione e sfida”.

Ora supponiamo che non sia armato, ma che sia tre volte più grande di te e il doppio più pericoloso di te

Non gli è affatto piaciuto che tu abbia interrotto il suo lavoro e quindi, senza pensarci due volte, decide di attaccarti con una bastonata per il semplice fatto di averlo disturbato, secondo te dovresti sparargli?

Se lo fai, ti troverai nelle sabbie mobili

Nella maggior parte dei casi, il giudice ti considererebbe colpevole di un atto criminale se si giungesse alla conclusione che non eri in pericolo di morte o di lesione grave come risultato di un attacco dell’aggressore con le mani. La stessa figura legale considererà l’uso delle mani di un pugile, di un lottatore o di un esperto in Arti marziali equivalente ad un’arma letale.

La maggior parte delle situazioni in cui è necessaria un’arma per la difesa personale accadono di sera, a corta distanza e così rapidamente che non vi è il tempo di tener conto delle considerazioni legali.

Tuttavia, devi essere in grado di convincere le autorità di aver fatto ricorso all’uso dell’arma solo perché la tua vita era in pericolo.

In generale si accetta l’idea che si dovrebbe utilizzare solo la forza sufficiente a resistere ad un’aggressione

Non appena il pericolo è passato, dovrai fermarti e desistere immediatamente.

I criminali tuttavia, non si vedono limitati dagli stessi obblighi legali. in alcuni stati d’America ad esempio questo concetto è stato modificato in maniera graduale, fino al punto in cui l’unica opzione legale che rimane in una situazione che minaccia la tua vita è scappare, invece di rimanere e mettere fine alla vita del tuo aggressore.

I punti che ho analizzato fanno una bella figura nella sala di un tribunale, ma la realtà della vita di solito è molto differente.

La tua reazione davanti ad un furto o un’aggressione notturna di un intruso si deve produrre in un millesimo di secondo

È raro che tu abbia il tempo sufficiente per sparare con precisione una pallottola all’aggressore per inabilitarlo o per fermare l’attacco.

Spesso non si ha nemmeno il tempo per mirare e colpire il bersaglio, l’unica cosa che avrai il tempo di fare è mirare, bene o male che sia, e sparare.

In queste circostanze vi è la possibilità che la tua reazione provochi la sua morte

È stato eccessivo l’uso della forza?

Un giudice potrebbe pensarlo se spari un secondo colpo e colpisci l’aggressore alle spalle mentre scappa, in questo caso esiste la possibilità che considerino te l’aggressore.

Se utilizzi una pistola per difenderti o se in grado di disarmare un aggressore, sarai giudicato con il criterio che il giudice considererà ragionevole in quella situazione e questo potrebbe essere terribile per te.

Se ci sono testimoni o se l’aggressore sopravvive, tutte le parole che vi sarete detti saranno analizzate nel dettaglio

Il luogo in cui si sarà prodotto l’incidente e la parte del corpo in cui l’aggressore avrà le ferite, influiranno sulle decisioni del giudice.

Si analizzeranno le sue intenzioni e il giudice deciderà quali erano le tue, con tutto questo a tuo sfavore, la prospettiva di utilizzare un’arma per difendersi diventa opprimente.

Supponiamo che per te sia necessario sparare ad un aggressore o ad un intruso

Benché tu consideri le tue azioni totalmente giustificate, dovresti pensare al fatto che le implicazioni legali possono durare mesi o anni.

Ci sono casi nei quali tutto è semplice e chiaro per tutti, meno che per te. Tuttavia, la maggior parte della gente non è in grado di togliere la vita a qualcuno in maniera così semplice ed è probabile che conseguenze psicologiche ti condizionino per il resto della vita.

Che cosa fare dunque per essere pronti alle conseguenze di un incidente simile?

Benché sia difficile da considerare qualsiasi possibilità, dobbiamo assumere che eri e sei convinto di sopravvivere all’attacco.

Se l’aggressore è armato di pistola, continua a sparare fino a che non è a terra.

Una volta al suolo, retrocedi e copriti fino a quando non riuscirai a valutare bene la situazione, se spari e lui scappa, lascialo andare, è troppo rischioso seguirlo.

Quando sei convinto che tutto è finito e che l’aggressore non può più farti del male, verifica di non essere ferito

Se si è trattato di un’aggressione in casa, assicurati che il resto della tua famiglia sia sano e salvo.

Ci sono stati casi in cui un membro della famiglia è stato colpito durante la sparatoria ed è rimasto a terra ferito per ore, fino a che qualcuno non è andato a vedere se stesse bene.

Assicurati di star bene anche tu, è possibile che una pallottola ti abbia colpito o ti abbia sfiorato senza che te ne renda conto.

Avvisa i parenti o qualunque vicino che entri a vedere che cosa è successo, di non toccare niente, tutto va lasciato così com’è fino all’arrivo della polizia, così potranno ricostruire i fatti.

Se le cose vengono mosse o se sembra che sia stata modificata qualche prova, ti sarai cacciato in un grosso guaio.

Se l’aggressore aveva un’arma, assicurati che le autorità ti confermino per iscritto con tanto di data il fatto, non vanno perse prove per nessun motivo.

Chiama il tuo avvocato, spiegagli brevemente quello che è successo.

Non appena hai visto che tutti stanno bene, chiama il tuo avvocato, spiegagli brevemente quello che è successo e chiedigli di venire da te quanto prima.

È estremamente importante che sia presente sin dall’inizio, probabilmente non ti dirà niente fino a che non arriverà sul posto.

Se possibile dovrebbe trovarsi nel luogo dell’aggressione quando arriva la polizia, dato che la maggior parte delle linee telefoniche di emergenza della polizia hanno dei registratori automatici, qualunque cosa succeda da quando chiami a quando non arrivano, rimarrà registrata e può esserti utile in un secondo momento.

Lascia la tua arma e aspetta che arrivino, questa è una misura di sicurezza importante

Se i poliziotti arrivano alla porta e ti trovano con l’arma in mano, potrebbero spararti. Tutto quello che sanno è che c’è stata una sparatoria, dato che non conoscono i dettagli, è normale che si aspettino un conflitto.

Se ti vedono alla porta con una pistola in mano, non ti daranno l’opportunità di spiegare, perciò è meglio che ti assicuri di metterla giù.

Uuna volta arrivato il tuo avvocato, appartati con lui e spiegagli la situazione nel dettaglio, non nascondere niente, qualunque cosa tu riesca a dirgli è un’informazione che non può essere usata contro di te.

Se pensa che il tuo stato emotivo sia troppo alterato per far fronte alla situazione, ti potrebbe consigliare di andare via, fa quello che ti dice senza discutere, l’avvocato sa che cosa deve dirti e può occuparsi della polizia fino a che non sarà sicuro che tu sei nelle condizioni di affrontare la situazione.

Nel caso tu non abbia un avvocato o non riesci a trovarlo in quel momento, stai molto attento a quello che dici alla polizia

Se non hai un avvocato o non riesci a trovarlo in quel momento, stai molto attento a quello che dici alla polizia, perché qualunque cosa dirai in quella situazione potrà essere usata come prova.

Non chiedere perdono, non piangere e non firmare niente, mostrati il più rilassato possibile, soprattutto se qualcuno comincia a farti delle pressioni.

Osserva quello che fanno e cerca di ricordare tutto quello che succede sin da quando arrivano

L’unica cosa che dovresti dire in quel momento è che vuoi parlare con il tuo avvocato, collabora con loro, ma non perdere di vista quello che fanno.

È probabile che delimitino la zona nella quale ha avuto luogo la sparatoria per raccogliere le prove, osserva quello che fanno e cerca di ricordare tutto quello che succede sin da quando arrivano, la tua arma verrà requisita come prova, ma non devi rivelare se hai altre armi a casa né dove stanno.

Non sei obbligato a rispondere a domande che abbiano a che vedere con la tua casa o con la tua vita privata e che non siano in relazione con quello che è successo.

A seconda delle circostanze della sparatoria, delle prove fisiche, delle dichiarazioni fatte da te o dagli altri e del carattere degli investigatori, potresti essere arrestato e accusato di omicidio!

Questo può succedere benché sia un chiarissimo caso di autodifesa.

Non farti sorprendere dagli avvenimenti e sii pronto al peggio

Ora forse ti rendi conto di quanto sia importante avere al tuo fianco sin dall’inizio un avvocato.

È possibile che i parenti dell’aggressore decidano di perseguirti legalmente, benché le autorità non ti incolpino di nulla, queste cause possono essere interminabili e potresti spendere una fortuna in processi.

Inoltre i suoi parenti potrebbero molestarti in altri modi, minacciandoti per telefono o con messaggi anonimi.

Cerca di non parlare dell’accaduto con nessuno, a meno che non sia il tuo avvocato

Perfino i commenti informali a membri della tua famiglia possono diventare un problema per te col tempo.

Le conseguenze derivanti dallo sparare ad un’altra persona per autodifesa non sono sempre giuste, soprattutto perché non succederebbe la stessa cosa se accadesse il contrario, se il tuo aggressore sopravvivesse e tu no.

Disgraziatamente è così che funziona oggigiorno la società e devi sapere ciò che ti aspetta se sei spalle al muro e devi difenderti usando la forza letale.

La parte spiacevole dell’incidente sarà difficile da dimenticare e potresti aver bisogno di un aiuto professionale e di un supporto psicologico

Nonostante i numerosi studi che dimostrano che l’incidenza di aggressioni, furti e violenze diminuiscono nelle zone in cui i cittadini vanno in giro armati e i criminali lo sanno, i governatori e i tribunali continuano a rendere la vita estremamente difficile ai cittadini che seguono la legge.

Il continuo aumento del crimine e l’incapacità della polizia di contenere le ondate di violenza è terrificante, soprattutto quando ti rendi conto che tutto è contro di te se decidi di difenderti.

Arrivati a questo punto, dovresti essere cosciente delle conseguenze derivanti dall’uso della pistola per difesa personale.

Posso dirti un’altra cosa, cioè cerca di evitare gli scontri il più possibile, se non puoi evitarlo, affrontali con l’idea di vincere nonostante le conseguenze.

Questo mi porta al concetto finale nell’uso di una qualsiasi arma, che sia una pistola o anche un coltello

Come hai potuto leggere, qualunque decisione tu prenda, il risultato sarà straziante, ma se alla fine non hai altre possibilità e la tua vita o quella di un tuo caro è minacciata, dovrai fare ciò che è necessario per sopravvivere, questo ci porta alla decisione dove dovrai “Lottare per la vita”.

Note


[Mente & Corpo] Si vis pacem, Para bellum

In questo articolo tratteremo come allenare il corpo e la mente a prepararsi ad ogni evenienza pericolosa al fine di non permettere che niente precluda la nostra serenità.

Si vis pacem, Para bellum

Publio Flavio Vegezio Renato

È un celebre motto latino che ricalca perfettamente la filosofia di chi studia la difesa personale vitale, se vuoi non dover combattere,meglio e conoscere il combattimento e secondo la scuola italiana, meglio conoscere quanti inganni, frodi e provocazioni di cui può servirsi un nemico per poterlo meglio contrastare o anticipare.


Se vuoi la pace devi essere pronto a:

  • Riconoscere i segnali di allarme (red flags);
  • Fuggire quando è possibile;
  • Utilizzare l’ambiente circostante a tuo favore;
  • Servirsi di oggetti disponibili come strumenti da difesa;
  • Muovere il tuo corpo e la tua mente per contrastare l’attacco.

Vediamo insieme le strategie possibili sulle quali è possibile lavorare.

FASE UNO: ACQUISIRE INFORMAZIONI

Acquisire informazioni è necessario, qualunque sia l’ambiente nel quale ci troviamo, lo facciamo costantemente a nostra insaputa costantemente e si può imparare a farlo in maniera selettiva quando ci troviamo in contesti o situazioni che “a naso ci puzzano”.

Allora in questo caso i migliori sono gli addetti alla sicurezza professionisti e i reparti speciali operativi di polizia e militari che operano in contesti red zone, da questo si possono ricavare alcuni utili consigli e suggerimenti che possiamo comunque adattare alla nostra vita, per cominciare impariamo a guardare le cose e gli oggetti in maniera definita ed esercitiamo il nostro sistema sensoriale per percepire, vedere, sentire in maniera selettiva.

Il trucco è quello di fare le cose come un gioco, si evita così il pericolo di diventare paranoici e ritrovarsi a strisciare con il passo del leopardo verso casa.

ANALISI EVENTO-CONTESTO-CIRCOSTANZE

ogni situazione che da origine ad un evento, si realizza in un contesto e attraverso diverse circostanze, la valutazione che possiamo dare di questi tre fattori influisce notevolmente sulle risposte che a nostra volta forniremo e nel modo in cui ci relazioneremo con l’evento.

Una situazione potenzialmente pericolosa che si svolge di giorno in mezzo alla gente presenta più opportunità difensive da una che si realizza in un luogo poco illuminato e lontano dal via vai di persone?

A prima vista sembra scontata la risposta e banale il quesito, ma pensateci bene e vedrete che in entrambe troverete i punti di forza e debolezze alle quali potresti ricorrere per sopravvivere, tutto, ritorno a dire è legato ai tre fattori precedenti e al modo nel quale percepiamo e riusciamo a ricavare informazioni da questi fattori.

ARMI-ARMATO-REAZIONI

Devi sapere in anticipo quali sono le reazioni del tuo corpo, non voglio tediare nessuno con la descrizione delle diverse sostanze chimiche prodotte dal corpo in questi frangenti, è il loro risultato o meglio quello che senti che può essere utile conoscere, aumento del battito cardiaco, restrizione del campo visivo, parziale sordità, frammentazione del movimento avverso (si vede come al rallentatore), accaloramento (vampate di calore al viso) o sudorazione fredda, salivazione bloccata, tremolio nella voce, tremito alle gambe (ginocchia), alle mani ecc…

Con questa situazione in atto è ben difficile orchestrare una difesa, verrebbe da pensare “eliminiamo la paura e quindi le reazioni di cui prima”, questo è l’errore più grave e più pericoloso in assoluto, quello che veramente può farci perdere la vita, perché non è possibile bloccare il lavoro del guardiano arcaico.

Questo vorrebbe dire forse che qualunque cosa uno indipendentemente dalla sua preparazione fisica, dallo stile di vita, da chi è il proprio maestro, nel momento del pericolo si proverà paura? Ebbene si, si proverà paura, paura, paura.

Lo dico perché essere sinceri non costa niente, e così nel frattempo lo ricordo anche a me.

Rallegriamoci, comunque, se proviamo paura vuol dire che siamo umani, perché la paura la provano tutti i sani di mente ed è l’alleato più prezioso che possiamo avere, a patto di imparare piano piano a cavalcarla, è come un’onda non puoi domarla a collaborare con lei e ad utilizzare le risorse che ti mette a disposizione,ci sono molti modi di agire e collaborare con la paura addosso, questo agire tremando lo chiamerò LA SALVAZIONE.

LA SALVAZIONE NON È UN COMBATTIMENTO

La salvazione è un corpo che vuole fortemente sopravvivere, fattore, pensandoci bene, naturale.

intrinseco nella natura di ogni essere umano, la salvazione ha lo scopo di farci uscire fuori, il più possibile simili a quando siamo entrati nel vortice di un evento pericoloso per il nostro vivere.

Corrisponde al riuscire a tornare a casa a leccarsi le ferite, lasciando se necessario qualcosa di noi indietro, portando fuori il necessario del nostro corpo per continuare a vivere, ecco in ordine d’importanza da cosa è costituita LA SALVAZIONE.

FUGGIRE

Fuggire è la mirabile capacità guerriera di lasciare l’aggressore ad urlare la frase pre-attacco o inteso a far volteggiare il coltello, mentre noi siamo lanciati in una corsa da centometristi, irraggiungibili anche per il povero Mennea dei tempi migliori, la sorpresa è l’elemento determinante, la velocità di reazione di scatto e la progressione (ali ai piedi) sono necessarie.

Prova a voltarti ed a correre con un compagno che tenta di prenderti partendo da 2,3,4,6,8, metri di distanza, se riesce a toccarti anche solo di poco alla schiena, sei fatto, prova a partire da seduto su una sedia, rialzarti da schiena a terra e scattare, ecc…, prova a correre salendo e scendendo le scale, scansando oggetti, persone, saltando ostacoli ecc.., puoi farlo diventare tra le altre cose anche un ottimo allenamento aerobico e di forza esplosiva.

FRAPPORRE OSTACOLI

A meno che non ci troviamo nel deserto del Sahara o in qualche situazione limite dovremmo poter contare su ostacoli naturali, costruiti o posati che possiamo utilizzare per proteggerci o difenderci da un attacco.

Un aggredito una volta ebbe una mirabile idea, si lanciò sotto un furgoncino parcheggiato e iniziò a urlare da sotto il mezzo facendo fuggire l’aggressore.

Anche un cassonetto rappresenta una barriera, un albero, se siete buoni arrampicatori, il carrello della spesa ecc…, provate a valutare l’ambiente come alleato, se hai un’auto vecchia o la possiede un tuo amico, prova a rotolare sul cofano a salire sul tetto, a girarci in tondo con qualcuno che cerca di prenderti o colpirti, ancora, quanto tempo ci metti ad uscire dal tavolo fisso di un locale pubblico? quanto ci metti ad uscire da una macchina ferma magari dalla parte opposta del posto dove ti trovi?

UTILIZZARE OGGETTI DEL LUOGO O OGGETTI PROPRI

Utilizzare per difenderci oggetti del luogo in cui ci troviamo e gli oggetti propri, è un insieme di strategie e tattiche per sorprendere chi ci attacca, lanci di cappello, sciarpe, frustare con la giacca, cinture, bicchieri, posate, bottiglie, tappeti, scopini del wc (oltretutto fanno schifo) , sputi, sabbia, monete, macchina fotografica, cellulare, attaccapanni, portatovaglioli ecc… Il limite è nel vedere ed individuare l’alleato nel contesto e nel saperlo utilizzare, non dobbiamo comunque diventare dei funamboli del già citato scopino, bisogna acquisire abilità sui materiali, una giacca ha il potere e strategie diverse da una cintura anche se sono entrambi flessibili e costruire la capacità di vedere gli oggetti nell’ambiente.

Qualcuno ben conosciuto e famoso nel mondo delle arti marziali, una volta si difese da un aggressore con il cappello e i guanti che portava, un modo senza dubbio elegante e raffinato per uscire fuori da una sgradevole situazione.

Prova a vedere quanto tempo ci metti a sfilarti la cintura, prova a lanciare un capello contro un bersaglio variando la distanza e muovendoti, prova a vedere quanto tempo ci vuole a sganciare il marsupio ed impugnarlo e fino a dove riesci a colpire, prova a sfilarti il giubbotto, basta una manica, la sinistra lasciala pure infilata, usalo avvolto al braccio come uno scudo, o a baffo, trattenendolo con un lembo ed usato per colpire. In entrambi i casi si può svolgere e utilizzare per legare e strappare l’arma catturata dalle mani dell’aggressore o per fare soffocamenti con portata a terra dell’aggressore, togliendogli la visuale con l’indumento e rendendogli difficile anche la respirazione.

Riesci a centrare un bersaglio con una moneta e a che distanza?

UTILIZZARE IL CORPO

Supponiamo che non si possa fuggire, anche che l’ambiente non abbia ostacoli che possiamo frapporre fra noi e chi ci vuole fare del male, supponiamo di non avere a portata di mano o nelle immediate vicinanze niente che possa assomigliare ad uno strumento di difesa, nemmeno un chiodo, supponiamo ancora di non aver con noi nessun oggetto da utilizzare per rafforzare la nostra azione difensiva, nemmeno le chiavi di casa.

Possiamo supporre di essere all’ultima spiaggia, non ci resta che utilizzare noi stessi, a questo punto purtroppo è necessario utilizzare le armi del nostro corpo per tamponare l’aggressione, l’errore imperdonabile sarebbe farlo come prima opzione, ma dobbiamo a quel punto soddisfare il bisogno principale che sentiamo impellente, riuscire a cavarsela.

L’unica cosa che può aiutarci in questo caso è l’esperienza acquisita in un allenamento specifico di autodifesa ed il controllo della paura.

Tutto è valido, dai morsi alle strizzate in punti sensibili, dai colpi bassi alle gomitate, l’istinto di sopravvivenza ci porterà a riportare a galla anche tecniche dimenticate e a valutazioni delle situazioni venutasi a creare.

NOSCE TE IPSUM – CONOSCI TE STESSO

È il motto che potrebbe accompagnare che si dedica sinceramente allo studio della difesa personale e ancor di più chi ricerca e sperimenta metodi protettivi vitali per la tutela della vita contro attacchi d’arma da botta o bianca, conoscere se stessi non è un’impresa da poco.

Un approccio potrebbe essere quello di salutare l’immagine che vedi riflessa nello specchio quando ti trucchi (se sei una donna) o quando ti fai la barba (in questo caso dovresti essere un uomo), non è una perdita di tempo ed è un inizio di presa di contatto visivo con il tuo esterno, inoltre esiste la possibilità che ti osservi con occhi nuovi e forse potresti anche piacerti.

In ogni caso quello che vedi nello specchio al mattino è la stessa cosa che porterai in giro per il resto della giornata e siccome stiamo parlando di difesa personale vitale, è proprio quella persona lì che tu desideri proteggere, sei in altre parole la guardia del corpo di un personale molto importante al quale tieni molto e a cui non fai mancare niente: tu, quindi vale la pena spendere un po’ di tempo per conoscerti meglio, propongo alcuni sentieri di autoconoscenza da percorrere.

COGITA RENS COGITA EXTENSA

Praticare con la mente praticare con il corpo significa vivere la pratica anche fuori dall’allevamento, significa mantenere l’unità tra il centro direzionale di controllo ed i distretti operatici e farlo ricavandone benessere.

Sperimentare modi nuovi di camminare e spostarsi, sai farlo in modo silenzioso, deciso, su una gamba sola ecc…, utilizzare ciò che ci circonda per calibrare le nostre capacità, osservare i movimenti e le posture delle altre persone, un gioco senza fine ti attende, un gioco nel quale puoi utilizzare mente e corpo in modo diverso dal solito.

RISORSE DEL RETTILE

Per conoscerci davvero non possiamo escludere la parte arcaica con la quale poco riusciamo a dialogare e questa parte è anche lei disposta a giocare, ma sempre occupata a tempo pieno nel difficile compito di farci sopravvivere è più difficile da interessare, si chiama paleoencefalo (cervello antico), per distinguersi dal neoencefalo (corteccia celebrale la parte del cervello più recente), e per completezza di informazione va citato anche un certo sistema limbico che è una sorta di collegamento tra i due cervelli.

Paleoencefalo, neoencefalo e sistema limbico

Ora il fatto molto interessante in tutta la vicenda, a noi interessano gli aspetti marziali, la difesa personale vitale, è che il nostro beneamato cervello pensante (neoncefalo può funzionare solo una volta che siano soddisfatti i bisogni di base del rettile (paleoencefalo+sistema limbico).

Adesso anche se non siamo scienziati ne medici proviamo ad avventurarci in una specie di spiegazione scientifica per capire meglio (speriamo) l’assunto, ora il nostro organismo è mosso da una rete composta da due sistemi nervosi: il sistema parasimpatico che governa il riposo, la digestione ed altri processi autonomi, sistema simpatico che subentra nei casi d’allarme e in corso e blocca tutti i processi in corso del parasimpatico finché il pericolo non è passato.

Quindi in caso di immediato e vero pericolo la mia prima risposta sarebbe dettata dal rettile

Quindi in caso di immediato e vero pericolo se la minaccia e l’azione fossero contemporanee (esempio girato l’angolo mi attaccano) la mia prima risposta sarebbe dettata dal rettile.

Un altro curioso aneddoto: alcuni anni fa un indiano Nativo d’America (pellerossa per quelli che guardano i film di Cowboy) condusse un seminario ai boschi degli Appennini e durante uno degli esercizi condusse i partecipanti nel fitto degli alberi e li fece urlare con quanto fiato ed energia avevano in corpo.

Perché vedi quando urli davvero è il rettile che urla e si sente un ruggito, ma quel giorno gli urli sembravano belati o tentativi di prendere il do di petto, ci volle un po’ perché i partecipanti imparassero ad urlare di nuovo come mamma natura aveva disposto per loro.

Se vuoi scoprire il potere arcaica del tuo corpo devi aprire dei canali e concederti delle possibilità: una possibilità te la offre la deambulazione in quadrupedia con movimenti aggiuntivi come raccogliere oggetti, bastoni e colpire il suolo o lanciarli, oppure trovati un bosco, il greto di un fiume e verificare il tuo urlo vitale, se pensi di provare fallo in ambiente sicuro per non essere portato via con la camicia di forza.

STATI D’ANIMO

Altra strada da percorrere è quella degli stati d’animo, in realtà tutto quello che percepiamo dal mondo, anche quello che stai provando in questo momento mentre leggi queste righe, dipende dallo stato d’animo nel quale ti trovi, il che vuol dire da quello che i tuoi sensi ti inviano e dalle manipolazioni che tu operi sulle informazioni, i sensi sono cinque e sono le nostre guide perennemente in azione, antenne protese nell’ambiente che ci circonda per captare e decodificare  segnali, suoni, odori, consistenze e ogni altra cosa si trovi nello spazio nel quale ci muoviamo.

Quello che tocchi o che tocca il tuo corpo (cinestesi) ti invia informazioni, ma è quello che tu elabori di queste informazioni a fare la differenza

La cosa notevole, quella importante per noi è che sono questi i primi strumenti che ci mettono in relazione con l’evento, in particolare vista, tatto, udito, quello che vedi, quello che senti, quello che tocchi o che tocca il tuo corpo (cinestesi) ti invia informazioni, ma è quello che tu elabori di queste informazioni a fare la differenza.

Un tipo che parla tra sé, dallo sguardo in tralice, tatuato e sudato che incroci per strada, potrebbe farti pensare che potrebbe trattarsi di un tossico, psicopatico: hai visto che tipo è, senti che parla da solo, passando ti ha urtato e hai percepito l’odore del suo corpo e su questo hai elaborato un identikit.

Invece potrebbe essere chiunque, anche un medico dentista che fa giornalmente jogging e che ascolta la radio con l’auricolare.

La cosa ancora più importante è che sulla base di quello che noi percepiamo, bada bene non del fatto in se stante, quindi concreto, si innescheranno opportune reazioni biochimiche nel nostro corpo.

Per quanto ne sappiamo non esiste una vera realtà, o meglio esiste quello che ognuno di noi percepisce in questa realtà

Guardare e vedere sono due aspetti legati alla percezione visiva che non necessariamente convivono, avete mai cercato qualcosa che avevate sotto gli occhi magari dicendovi “proprio non riesco a vederla“, prova a guardare qualcosa che vi preoccupa sfocando l’immagine, agite sulla messa a fuoco dell’immagine, si può fare anche con i film dell’orrore sembrando assolutamente impavidi di fronte alle scene più crude.

Prova a farlo con un compagno d’allenamento che funge da aggressore, sfocate l’immagine e agite in quello stato.

Guardare senza giudicare o secondo le scuole orientali creare il vuoto nella visione è proprio questo: agire sui sensi per ottimizzare lo stato d’animo, non giudicare l’evento ma muoversi nell’evento, lasciando all’istinto marziale la capacità piena di interagire con l’avverso, riuscire a fare questo è una delle piccole conquiste sulla strada del Graal, pietra filosofale e percorso di ogni scuola marziale.

Un viaggio che punta all’unione delle tre forze attraverso un cosciente alterato addestramento dei sensi e degli stati d’animo fino a raggiungere l’unione, l’equilibrio e l’interazione tra interno ed esterno.

Omne Trinum Est Perfectum, per gli antichi ogni triade è perfetta, tre cerchi per comprendere uno in alto, uno in basso, uno al centro, non è detto che ci si arrivi, ma è certo che alcune strade si conoscono e si possono percorrere, il lavoro è possibile e gratificante.

FISIOLOGIA & ATTITUDINI RINFORZATE

Sulla fisiologia del tuo corpo puoi agire in molti modi, prova ad abbassare le spalle e assumere un’espressione avvilita, ora prova a farlo raddrizzando le spalle, sollevando gli occhi e guardandoti attorno, vedrai come cambia la prospettiva del mondo che ti circonda.

Nella situazione di pericolo lo sconforto, l’abbattimento nasce anche dalla postura che è atteggiamento fisico espressione di uno stato mentale, una strategia semplice ed economica come ho già detto è imparare a respirare, non solo è importantissimo per la difesa personale vitale, è anche un investimento in salute.

Prova in allenamento a difenderti trattenendo il fiato per alcuni secondi, difficile vero? Questa è la situazione in cui ti potresti trovare in una vera aggressione, si va in apnea e la mancanza anche parziale di ossigeno tra le altre cose taglia le gambe (movimento) ed ingessa le braccia.

Chi ha combattuto sa bene che il nemico peggiore, prima dei colpi dell’avversario è il fatto di trovarsi senza fiato.

Note


La SCIENZA del disarmo delle ARMI A CANNA LUNGA

In questo articolo spiegheremo come difenderci dalle armi da fuoco a canna lunga.

Sicuramente in tutto il mondo sono morti molti poliziotti nel tentativo di disarmare una persona da un’arma

Che fosse un’arma bianca, o una a canna corta, ma ben più difficile è il disarmo di un’arma a canna lunga, ed ancor di più se ad impugnarla è una persona imbottita di droga o riempita di alcool.

Ricordo che durante un corso di aggiornamento con gli S.W.A.T, ci fu raccontato un episodio di violenza domestica dove il marito voleva uccidere la moglie e probabilmente se stesso (ed il poliziotto che gli parlava).

Quando in un attimo di distrazione il poliziotto effettuò il disarmo dell’uomo, ubriaco, attuando la tecnica “a remo in avanti”.

La tecnica a remo in avanti era un disarmo che al poliziotto era stato insegnato dal suo sergente addetto all’istruzione, durante il periodo di addestramento per il Vietnam, quando i veterani insegnavano ogni tipo di combattimento a corta distanza, quelli da manuale e non.

È molto difficile trovare chi e dove insegnino il disarmo della carabina o del fucile

Ma grazie ad un sergente veterano della guerra in Vietnam con due ginocchia Dupon in plastica, la tecnica di disarmo venne insegnata e tutt’ora attuata.

Chiaramente la curiosità per il disarmo di quest’arma mi spinse a studiare scientificamente le tecniche, studiando anche le possibili posizioni di confronto, cercando di risolverle.

Le armi che analizzai furono la carabina, il fucile, la semi-automatica e l’automatica, questo spinse ad affrontare il problema del confronto, studiando psicologicamente i fattori scatenanti di una determinata situazione e le tattiche fisiche attuabili, arrivando alle seguenti considerazioni:

I problemi fisici

  • Valutazione del nemico;
  • Distanza;
  • Posizione.

Metodo con Valutazione del nemico

  • Bisogna valutare la qualità cui porta l’arma e la quantità del nemico;
  • Quale stazza, mentalità, stato fisico ed abilità ha la persona che impugna l’arma.

Distanza 1: Contatto

Quando il foro d’uscita della canna è a contatto con il nostro corpo, tutti quelli che impugnano un’arma, che siano allenati o meno, toccano spesso con la canna l’aggredito, può darsi che il soggetto abbia fretta e ci spinga con l’arma, potrebbe essere furioso e toccarci con la canna a mò di intimidazione.

Potrebbe essere sicuro di sé, benché sembri una strategia sbagliata, succede con una certa regolarità.

Distanza 2: Attacco

Quando il soggetto tiene l’arma ad una distanza nella quale abbiamo l’opportunità di saltargli addosso per sottrargliela.

Distanza 3: Lontananza

Quando ci puntano il fucile contro da una distanza in cui non è possibile saltare addosso all’aggressore, fino, letteralmente, ad una distanza da franco tiratore, in questa situazione l’unica cosa che possiamo fare è utilizzare la psicologia per cercare di salvarci.

Posizione

Il nemico presenterà il suo fucile in quattro posizioni basilari, con tre variazioni in ognuna di esse:

  • Posizione 1- Davanti a noi;
  • Posizione 2- Ad uno dei lati (destro o sinistro);
  • Posizione 3 – Dietro di noi;
  • Variazione A- Al di sopra di noi;
  • Variazione B- Alla nostra altezza;
  • Variazione C- Sotto di noi.

Metodo con cui porta l’arma

Come tiene l’arma, la impugna solo con le mani? O peggio, la tiene assicurata ad un cinturino? Sicuramente terrà l’arma in tre modi basilari:

  • Con le mani;
  • Con il cinturino;
  • Con un qualsiasi arnese di sicurezza.

Con le mani

I criminali normalmente usano armi “civili“ come fucili da caccia ed altre, spesso rubate, e le portano in modo da poterle estrarre rapidamente.

Il cinturino

Per anni si è studiato sulla storia militare, analizzando fotografie sia di truppe internazionali sofisticate ed altamente allenate, che di ribelli senza addestramento, dalle migliaia di fotografie di personale militare armato, esaminate le loro armi, all’incirca metà mostravano di usare il cinturino dell’arma, mentre l’altra metà non faceva caso ad esso e lo lasciava penzolante dall’arma.

Per focalizzare di più la questione, molte di queste fotografie erano di guardie di prigionieri e scorte, un’arma con il cinturino legato ad una parte del corpo evidenzia un ostacolo per il disarmo, il personale militare usa i cinturini.

L’idea basilare del cinturino è poter portare l’arma sia in posizione di riposo che di attacco, poi si scoprì che poteva servire a migliorare la mira, è legato alla canna per poter strisciare a terra in silenzio ed in modo sicuro e permette le seguenti posizioni dell’arma:

  • Di traverso sul petto;
  • Sotto l’ascella;
  • Sulla schiena;
  • Di traverso sull’ascella e sulla spalla a mò di clip.

Molte vittime sono scappate mentre venivano scortate per essere interrogate, mentre mangiavano, mentre erano in bagno o in camera da letto.

Molti hanno sorpreso una guardia stanca o poco allenata, altri hanno sperato che la guardia rimanesse sola.

Molti sapevano che sarebbero morti tramite esecuzione e hanno deciso di morire lottando, ma hanno vinto e si sono salvati, perciò dobbiamo sempre osservare dov’è in nemico, che aspetto ha, come porta l’arma ed identificare come può usarla, prima di risolvere fisicamente la peggiore di tutte le situazioni.

Soluzioni basilari per la sopravvivenza

Non importa in che posizione sia l’arma, né se la canna ci sta toccando o si trova a distanza di attacco, l’equazione per la sopravvivenza è:

  • La minaccia se la canna è a contatto;
  • Deviare la canna;
  • Controllare l’arma deviata e colpire collo o la testa per stordire l’avversario e non far più focalizzare la sua attenzione sull’arma;
  • Colpire le braccia che sorreggono l’arma;
  • Strappare l’arma continuando a colpire l’avversario.

Affrontare un’arma sciolta, senza cinturino:

Il miglior modo per ottenere questo disarmo è colpire le braccia che sorreggo l’arma per portargliela via.

Affrontare un’arma legata al cinturino

Questo esige la presa dell’arma e tirare con forza per portare al suolo il nemico, bisogna colpire più volte, quanto è necessario, per ottenere un disarmo dovete sganciare il cinturino o liberare la clip che unisce l’uomo all’arma, per sganciare il cinturino, per prima cosa dovete aver ridotto significatamene il nemico abbastanza per manovrare il suo corpo in sicurezza per procedere.

Liberare la clip di un’arma richiede una notevole riduzione della possibile reazione dell’avversario, solo allora si può accedere al sistema per liberarla, sganciandola o tagliando il cinturino, perciò si ha bisogno di un coltello o utilizzare un’eventuale pugnale dell’avversario.


È necessario ricordare che se si tira l’arma, aiuterete l’aggressore ad attivare il sistema d’ingranaggio

Molti esperti suggeriscono di spingere l’arma per ritardare tale azione, analizzando diversi assassini e sparatorie, nei quali i combattenti hanno lottato con armi a canna lunga, la causa generalmente del decesso di uno dei due era dovuto ad un colpo partito mentre si cercava di effettuare il disarmo.

Molti istruttori, non bene allenati, danno troppa enfasi a come forzare il fucile per applicare una leva, senza soffermarsi a spiegare che prima si deve colpire l’avversario, è naturale pensare che un essere umano afferri con forza la propria preziosa arma, specialmente con il gomito o l’avambraccio, a meno che non lo si colpisca, risulterà molto difficile spostargli l’arma per facilitare le chiavi al braccio o al polso.

Ho visto molti istruttori insegnare ai loro allievi a spostargli la canna con il palmo della mano verso l’alto, spingendo con il palmo della mano permettiamo al nemico di alzare la canna e mirare direttamente verso di noi, se spingiamo verso il basso, si riesce ad evitare tutto questo, altri istruttori preferiscono passare ad una serie di nodi da marinaio con il cinturino per legare l’avversario.

Per favore, quando si tratta di armi valutiamo bene ciò che facciamo e pensiamo alla sicurezza su ciò che stiamo facendo e non facciamo rischiare la pelle a chi stiamo insegnando!

Colpire il nemico con due mani con l’arma se necessario, una volta strappata l’arma, non confidate troppo sul fatto che funzioni, potrebbe essere scarica, potrebbe essere una replica, potrebbe essere rimasta danneggiata nella lotta e, con la grande varietà di armi a canna lunga che esiste, potreste non riuscire a farla funzionare.

Inoltre, il fuoco può richiamare l’attenzione su quello che stiamo facendo ed attirare l’attenzione dei suoi compagni.

Potreste essere obbligati ad improvvisare un qualche modo per legare il nemico, una volta sicuri perquisitelo alla ricerca di altre possibili armi che possa detenere addosso.

Note


[AUTODIFESA] Difesa personale, stress, paura e ansia

Stress, paura ed ansia. Su questi argomenti libri, dvd ed altro si sprecano, ma ciò che cercherò di fare è di dare un’informativa (sperando che sia esaustiva), su alcuni aspetti non molto curati ma di estrema importanza.

Iniziamo ad analizzare per esempio lo STRESS. Esso può essere:

  • GENERICO: al quale tutti noi siamo sottoposti nel nostro vivere quotidiano (arrivare in orario al lavoro, trovare parcheggio, l’ambiente di lavoro, i problemi familiari, etc.), sono tensioni che sono entrate nella routine della nostra esistenza;
  • SPECIFICO: proprio di alcune professioni (poliziotto, medico di pronto soccorso, vigile del fuoco, insegnante etc.), che costituisce una fonte di pressione emozionale costante, sia per il contatto con la realtà cruda e la sofferenza sia per la continua apprensione di veder sfumare la realizzazione degli obiettivi prefissati (arrestare un malvivente, salvare una vita etc.);
  • TATTICO – OPERATIVO: legato al momento, durante l’azione, in condizioni percepite come a rischio. Siamo consapevoli di essere esposti al pericolo e percepiamo i nostri limiti, la nostra preparazione, subentra il concetto di autostima che è condizionante.

Lo stress non si vince ma si può gestire

Per lo stress specifico bisogna approfondire ed indagare sul proprio io, sulla propria coscienza, sul perché si è scelta quella professione e se si è in grado di poterla svolgere adeguatamente.

Superare lo stress tattico invece presuppone un fisico efficiente ed addestrato con cura e la conoscenza degli strumenti messi a disposizione per fronteggiare una situazione di pericolo (es. l’arma), nonché il continuo addestramento all’uso delle armi, simulando dinamiche e scenari vicini alla realtà.

Parliamo anche un po’ dell’ansia

L’ansia porta il soggetto alla incapacità di fronteggiare una situazione, e crea quindi uno stato di allerta, di vigilanza e di “attesa penosa“ verso qualcosa di non definito. In alcuni casi si tratta di paura cosciente.

Un certo livello di ansia aumenta l’attenzione e la concentrazione ed è quindi utile per migliorare le prestazioni personali, altre volte l’intensità dell’ansia è così marcata da rendere il comportamento inadeguato rispetto alla situazione ed il soggetto non riesce più a controllare le sue reazioni.

Il soggetto ansioso è irrequieto ed apprensivo, la sua vita e le sue abitudini subiscono condizionamenti, ricordiamo le ossessioni che interagiscono ed interferiscono sulle attività quotidiane (prima di uscire devono essere compiute certe azioni, come mettere i vestiti riposti in un certo modo e altro), l’ansia porta a tensioni motorie (tremori, dolori muscolari ,etc.) ed a tachicardia, sudorazioni, vertigini.

Ricordo sempre al riguardo dell’ansia che esiste anche una PAURA SPECIFICA, ad esempio quella per gli animali o per determinate situazioni (tuoni, buio, spazi chiusi, etc.) e la PAURA SOCIALE, quella che esporrebbe al giudizio degli altri (paura di parlare in pubblico, etc.).

Nel momento di stress emotivo si avrà una accentuazione dell’ansia, immaginiamo un evento stressante, dovuto ad una situazione catastrofica o minacciosa (guerra, terrorismo, violenza, grave incidente, etc.), tutto questo porta a traumi psichici e a ricordi o sogni “flashback“, che possono degenerare in paura, panico o aggressività, insonnia, depressione e, alle volte, anche a propositi di suicidio.

A tutto questo si potrebbero associare inoltre l’abuso di alcool e droga.

L’ansia acuta porta ad attacchi di panico (la paura di morire o di impazzire, di affrontare da soli luoghi isolati o aperti e molto affollati, l’ascensore, la paura di non poter più essere autonomi etc.)

Nel prossimo articolo tratterò un fattore scatenante nelle aggressioni: LA RABBIA

Note

  • Foto di copertina File (Wikimedia Commons)
  • Grafica copertina ©RIPRODUZIONE RISERVATA
  • Elementi tratti da una pubblicazione del Dr. marco Strano