[STORIA ANTICA] L’arte del combattimento: un cenno di storia
Gladiatura e gladiatori: l’arena dell’arte.
“D. Iunius Brutus munus gladiatorium in honorem defuncti patris primus edit“
Munus è il termine latino che, come scrive Tertulliano nel suo trattato sugli spettacoli: “È stato chiamato munus dall’impegno, che ha il medesimo nome con questo spettacolo gli antichi ritenevano di assolvere un obbligo nei confronti dei defunti“ ed è forse il nome con quale origine vennero indicati in origine i primi eventi aperti al pubblico, che divennero in seguito un vero e proprio fenomeno gladiatorio.
Le recenti scoperte archeologiche (tombe di Paestum) hanno permesso di collocare l’origine funeraria degli spettacoli gladiatori in una situazione storica/geografica attribuibile ad area “osco-sannitica“ anche se ancora non è chiaro se i romani importarono i giochi dalla Campania oppure dai contatti con gli Etruschi.
La collocazione in ambito funerario e celebrativo degli spettacoli a Roma è praticamente certa fin dal loro inizio, dallo storico Tito Livio apprendiamo infatti che nel 264 a.C.
Durante il consolato di Appio Claudio e Quinto Fulvio, gladiatori Etruschi dettero vita a combattimenti per le cerimonie sacre dei funerali di Decimo Giunio, come è riportato in questo passo di Valerio Massimo: “gladiatorum munus primum Romae datum est in foro Boario, App. Claudio, Q. Fulvio consulibus, daederunt Marcus et Decimus, fili Bruti Perae, funebri memoria patris cineris honorando“ .
Diverse iscrizioni epigrafiche confermano il legame, almeno iniziale, tra i giochi e le solenni cerimonie funerarie, una testimonianza la troviamo nelle epistole del II secolo di Plinio il giovane che commenta le onoranze funebri di un notabile veronese fatte in onore della moglie defunta: “Cuius (uxsoris) memoriae aut opus aliquod aut spectaculum atque hoc potissimum, quod maxime funeri debebatur“
Non sfugge certo la nemesi mediterranea di queste attività che ritroviamo nel mondo greco ed etrusco e che univano gli aspetti ludico/guerrieri e celebrazioni votive/sacrali, il progressivo distacco da questa iniziale condizione sacrale verso le forme di spettacolo pubblico (gladiatoria) sarà raccontato da alcuni cronisti come un fenomeno di tipo esclusivamente idolatrico.
Tertulliano, quattrocento anni dopo l’avvento dei munera a Roma, paragona i giochi di gladiatura ad omicidi e sottolinea come questi spettacoli non siano per i cristiani, teorizzando addirittura che si trattasse di sacrifici umani.
Malgrado le degenerazioni degli spettacoli dei gladiatori operate da alcuni imperatori (ad esempio Commodoro figliastro di Marco Aurelio) e le invettive di Tertulliano, i giochi non si fermarono, l’imperatore Traiano allestì uno spettacolo gladiatorio imponente durante il quale scesero nell’arena del Colosseo più di 10.000 gladiatori.
Niente era lasciato al caso, l’organizzazione era precisa e suddivisa per competenze
La parte amministrativa era affidata al personale “ratio a muneribus“, mentre i macchinari, i congegni e la coreografia dei giochi era competenza dei “ratio summi choragi“, dei costumi dei gladiatori e dei partecipanti erano incaricati gli “a veste gladiatoria venatoria“ e le caserme/scuole erano controllate dai “Procuratores familiarum gladiatoriarum“.
Tutto questo e l’enorme interesse popolare, fece dei giochi un potente strumento politico sociale ed economico, circolavano cifre enormi per la gestione dei giochi e spesso i sesterzi si sprecavano, la Gladiatura fu certamente l’aspetto più caratterizzante della visione marziale/sportiva durante l’impero romano, la figura dei “Procuratores familiarum gladiatoriarum“ è forse quella che meglio può far comprendere il fenomeno e l’estensione di quella che per molti era una vera e propria professione: il gladiatore.
I Procuratores familiarum gladiatoriarum erano una vera e propria corporazione che controllava su mandato imperiale le numerose caserme sparse su buona parte dell’impero, la storia marziale europea deve molto a questa straordinaria diffusione della Gladiatura e caserme gladiatorie si trovano persino nei territori orientali.
Ma chi era il gladiatore?
Il gladiatore era quasi sempre un combattente professionista (gladiu, gladius,gladiatura), ma di là di questo non certo una figura definibile per semplice classe sociale, la condizione di molti era quella di prigionieri di guerra, altri invece erano schiavi, altri ancora potevano essere forzati alla scuola di combattimento e al circo in seguito ad una condanna.
Ma alla condizione sventurata dei primi si affiancava quella del tutto opposta che vedeva nelle file dei gladiatori i liberti (schiavi liberati) e diversi uomini liberi e di condizione e rango elevato come senatori e cavalieri, si hanno infatti notizie epigrafiche addirittura di un divieto scaturito da un senatoconsulto del 19 secolo d.C.
Dove si reiterava appunto ai senatori ed ai cavalieri un divieto a partecipare a tali attività, divieto emanato già nell’11 secolo d.C. Al quale sembra pochi si adeguarono, i gladiatori avevano un impresario, il lanista, che li raggruppava in gruppi detti familiae in un numero stabilito da norme precise.
I gladiatori non venivano mandati allo sbaraglio, ma apprendevano l’arte di combattere con le armi e disarmati in vere e proprie scuole.
Le leggi che regolavano l’istituzione delle familiae, dopo sanguinose rivolte la più famosa delle quali avvenne a Capua nel 73 a.C. comandata dallo schiavo gladiatore Spartaco, erano severe e fissavano un numero massimo di gladiatori per “compagnia“, i gladiatori non venivano mandati allo sbaraglio, come successe invece nelle degenerazioni in cui schiavi e cristiani erano messi a combattere con le belve fatte arrivare dalle province dell’ Africa, ma apprendevano l’arte di combattere con le armi e disarmati in vere e proprie scuole.
Nelle scuole di Gladiatura, l’Insegnante Magistro o Doctores secondo alcuni studiosi, si occupava della formazione tecnica delle singole specialità dette armaturae o nelle discipline minori quelle che potevano essere apprese per un uso polivalente non specialistico.
L’insegnamento era basato su istruzioni codificate, i dictata, veri e propri programmi tecnici e, secondo gli studiosi:
“è probabile che esistessero anche dictata scritti, veri e propri trattati simili a quello che un fortunato ritrovamento ci ha messo a disposizione per la lotta del II secolo d.C.“
Il fenomeno della Gladiatura fu un aspetto importante della società romana che aveva fondato il prestigio e il potere sul culto della politica e della marzialità, della disciplina, delle armi e delle oratorie
I giochi furono insieme il contenitore per lo sfogo di pulsioni popolari, il terreno sempre fertile per mantenere una mentalità guerriera ed infine un modo per fare politica di consensi.
La Gladiatura e le sue vicende precede quello che più tardi saranno quei fenomeni collettivi che prenderanno a seconda dei contesti e delle classi sociali coinvolte, nomi diversi dai tornei, agli armeggiamenti, alle giostre, alle battagliole, oggi, se pensiamo credere di aver superato il passato o di avere, alla luce delle maggiori conquiste sociali e democratiche, sradicato ogni punto di contatto con queste forme e formule di società battagliera, e poi guardiamo il campo di calcio con le fazioni che si dividono e si contrappongono innalzando stendardi e bandiere ritualizzando in gesti e cori l’antico furor di confronto e della pugna.
Note
- Foto di copertina File (Wikimedia Commons)
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Redattore presso Nuova Isola