Comincia così l’autentico cammino verso la trasformazione: l’osservazione senza giudizio delle azioni o dei pensieri positivi o negativi.
Qui si trova la chiave per la quale il desiderio non si trasforma in sofferenza, ed è la ragione più nobile per praticare le arti marziali o qualunque altra attività.
Nel cammino cosciente non dare importanza a ciò che ti succede (bene,male,positivo o negativo), limitati ad osservare il pensiero o l’avvenimento che sta succedendo e a sentire l’emozione che produce nel tuo corpo.
Un’emozione che è la reazione del corpo ad un pensiero ed una finestra per sentire il KI.
Affacciati, senza giudicare. Osserva semplicemente ed in quello stesso istante avrai iniziato il processo di trasformazione verso una nuova coscienza spirituale, in quel “qui ed adesso”.
Questo significa essere presente.
La ripetizione della cosiddetta “osservazione senza giudizio” col tempo finisce per trasformare una persona, permettendole di entrare tranquillamente in un mondo in armonia nel quale può portare a termine qualunque attività fisica o mentale, anche di grande intensità, ma sempre in armonia col presente, il qui e adesso che è l’unica cosa che merita importanza.
Questo è il cuore delle arti marziali o di qualunque altra attività: la capacità di trasformare l’essere umano rendendolo cosciente che il passato, il futuro ed il pensiero parassita sono le pesanti remore che ci impediscono di vivere nel presente, che è l’unica cosa che realmente viviamo.
Per fare un esempio è nel presente che deve manifestarsi l’amore, non nel passato o nel futuro che sono solo illusioni. Questo significa vivere in armonia.
Tutti conosciamo quegli anziani Maestri che c’impressionano per il KI che irradiano, al solo parlar con loro o stare alla loro presenza senza parlare, si avverte un alone di calore che ristora lo spirito, si “sente” ma non si sa cosa sia, né si è in grado di misurarlo, il che rende questa esperienza qualcosa di inquietante.
Sentono, non cercano, semplicemente ci sono
È ammirabile e desideriamo raggiungere quel grado di essere, ma l’obiettivo ci sembra impossibile da raggiungere e sfortunatamente i mezzi che usiamo finiscono per sembrare ginnastica aerobica o procedimenti di autosuggestione.
La motivazione e la ricerca sono due forme di KI allo stato primordiale, che possono interagire senza creare ego.
Il cammino è lungo, ma solo attraverso la conoscenza di noi stessi possiamo finalmente trovarlo, il KI!
Come può essere allenato il KI? È una domanda alquanto delicata. Quando qualcuno me lo ha chiesto, la mia risposta è stata “non si allena, lo si trova”. Approfondiamo l’argomento dell’articolo precedente.
Sembra però che durante il cammino molti si perdano e non trovino il modo di giungere a sentirlo, tanto meno a materializzarlo.
Non si possono fornire ricette per trovarlo o che garantiscano un sicuro successo, non si può giungere alla coscienza del KI neppure attraverso un cammino di forza o un allenamento estenuante, per questa via si arriva all’arroganza e alla fantasia dell’Ego.
Entrare attraverso la porta delle emozioni, che sono il riflesso fisico dei pensieri e non per intricati ed impervi luoghi della tecnica, è il modo migliore.
Osservare ogni azione realizzata e soprattutto non giudicare se stessi, né gli altri, è una buona via per cominciare a sentire la sottile energia che attraversa il corpo, il KI.
Questo è un cammino di sensibilità che ci arricchisce come persone e pertanto ha un gran potere di trasformazione.
La ricerca del KI avviene nel momento in cui siamo chiaramente coscienti di voler cercare qualcosa di non visibile che ci interessa e che racchiude un mistero, tutto ciò fa sì che questa esplorazione sia molto attraente.
Desideriamo trovare qualcosa che è nascosto dentro di noi, ciò che ci ha animati per tutta la vita e che alla fine essa continuerà fino all’infinito, ed è proprio qui che iniziano i problemi, perché il KI è un concetto astratto che non può essere misurato. È un’impressione, è sottile.
Non esiste nessuna macchina che possa dire “lei ha 15 unità di KI”, forse potrebbe manifestarsi attraverso qualche tipo di forza esteriore, ma questa non sarebbe altro che un semplice aneddoto, sarebbe come paragonare un riflesso di luce con l’energia emanata dal sole.
Il Desiderio, affermava Buddha, è la fonte di ogni sofferenza
Questa è una grande verità, tutto ciò che l’essere umano ha generato fin dagli albori, è stato spinto da una forma di energia chiamata “Desiderio”. Se non si riesce ad ottenere quanto desiderato, compare la frustrazione. Da questo stato mentale si passa poi ai pensieri errati che fanno perdere l’orizzonte di ciò che stavamo cercando all’inizio.
Ci perdiamo quindi in un mare di frustrazione che, sfortunatamente, finisce col trasformarsi in una molteplicità di nuove forme di pensiero che si alimentano da sole senza tregua ed indefinitamente. Il desiderio ed il maggior desiderio conducono alla distruzione di ciò che si stava cercando inizialmente. Questa avidità finisce facilmente col trasformarsi in violenza, le notizie d’attualità lo confermano quotidianamente.
Quindi, come trovare quel “qualcosa” che nelle arti marziali si chiama KI, senza che intervenga il desiderio, la frustrazione e perfino la violenza? La risposta si trova nella frase “Io sono quando io comprendo”.
Qui si esprime il profondo senso dell’Essere e del Stare. Quando io “Io Sono”, penetrò nell’oceano dell’Essere e “quando comprendo” mi trovo nel qui e adesso, che è l’unica cosa che esiste e che pertanto ci permette di relazionarci con il mondo fisico.
Nella frase “Io Sono quando io comprendo”, che non ha una forma, il desiderio non si attiva e senza una forma fisica o mentale non può esserci desiderio, se durante pratica delle arti marziali ci alleniamo senza desiderio e siamo mossi solo dal “desiderio” di comprendere, allora le vere pietre d’inciampo del cammino che si manifestano sotto, forma di arroganza, gelosia, violenza, vanità ecc… vengono usati come oggetti di meditazione.
Note
- Foto di copertina (Wikimedia Commons)
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Redattore presso Nuova Isola