È una vita che vivo, prima da atleta, ora come insegnante tecnico, gli allenamenti e i combattimenti negli sport da combattimento. Oggi parleremo della spalla

Alcune volte traumi all’interno delle gare mi hanno impedito la mia attività anche per mesi, senza capire inoltre il mio percorso di riabilitazione perché difficilmente riuscivo a farmi spiegare in cosa consistesse il suddetto percorso dal lato tecnico.

Ho iniziato a documentarmi per capire, ed oggi sto effettuando la laser terapia per un trauma alla cuffia dei rotatori, ma sono cosciente di ciò che sto facendo.

Cercherò di affrontare il problema della traumatologia delle varie parti del corpo facendo dei cenni all’anatomia e fisiologia, sperando che questo mio contributo sia utile se non a evitare, ma almeno a capire ciò che ci è accaduto durante una prestazione sportiva traumatica.


SPALLA: PREVENZIONE E TRATTAMENTO

La spalla rappresenta, in tutto il corpo umano, l’articolazione dotata di maggiore mobilità. La sua struttura anatomica, infatti, consente tre gradi di movimento e permette così di svolgere anche il movimento di circonduzione.

La grande escursione di movimento che questa articolazione possiede, contestualmente ad altri fattori, la rende però anche molto vulnerabile alle lesioni.

In seguito verranno affrontati i passi indispensabili per conoscere le regole relative alla prevenzione e al trattamento delle patologie della spalla, al fine di consentire lo sviluppo di “muscoli intelligenti” che possano rendere più efficienti e controllati i movimenti di questa articolazione.

Verranno illustrate le regole che riguardano la valutazione e lo sviluppo del grado di flessibilità dell’articolazione, che rappresenta un parametro fondamentale per il buon funzionamento della spalla.

Specifico che i concetti descritti in seguito non sono solo validi per gli atleti, ma son applicabili a chiunque.

QUALCHE ACCENNO DI ANATOMIA E FISIOLOGIA

L’anatomia rappresenta la premessa fondamentale per comprendere la complessità di questa articolazione e per svolgere un programma specifico di prevenzione o trattamento riabilitativo.

La spalla è composta da diversi elementi anatomici che ne permettono il corretto funzionamento, le strutture ossee sono rappresentate dall’omero, dalla scapola e dalla clavicola.

Il funzionamento della spalla dipende dall’intervento coordinato di più articolazioni che la rappresentano, la sua funzionalità è garantita sia dalla forza contrattile dei muscoli, sia dalla resistenza passiva delle strutture capsulari e legamentose, che attraverso i segmenti ossei creano le necessarie leve biomeccaniche utili al movimento. Le articolazioni che rappresentano la spalla sono le seguenti:

  • Acromion-claveare;
  • Sterno-claveare;
  • Scapolo-toracica;
  • Gleno-omerale;
  • Sotto-deltoidea.

Il medico Adalbert I. Kapandji definisce “vere“ tre articolazioni che costituiscono la spalla, mentre le altre due sono definite “false“.

Le cosiddette “false“ vengono chiamate tali perché non presentano dei veri e propri collegamenti articolari tra i vari capi ossei, ma creano uno scivolamento tra un osso e l’altro, tale movimento si realizza attraverso il tessuto muscolare e connettivale che è interposto tra le strutture.

Le articolazioni considerate vere secondo Kapandiji sono:

  • Gleno-omerale;
  • Acromion-claveare;
  • Sterno-claveare.

L’articolazione che desta più interesse dal punto di vista funzionale e patologico è la gleno-omerale, anche se è necessario sottolineare che un buon funzionamento della spalla è reso possibile solo dal sincronismo di tutte e cinque le articolazioni che la rappresentano.

L’equilibrio della testa dell’omero rispetto alla glena è garantito da strutture anatomiche di stabilizzazione passiva ed attiva. Siccome l’articolazione gleno-omerale non è rappresentata da un incastro meccanico che ne garantisce stabilità, la testa omerale, in assenza delle strutture attive e passive prima descritte, in linea teorica tenderebbe a cadere per gravità.

Gli stabilizzatori passivi, oltre a contribuire alla stabilità, sono in grado di ammortizzare i carichi che si trasmettono all’articolazione in conseguenza del movimento.

Questi sono rappresentati da:

Legamento GOS (gleno-omerale-superiore):

ha la funzione di stabilizzare anteriormente la testa omerale, ne limita l’extra-rotazione e la traslazione inferiore quando il braccio è addotto al fianco;

Legamento GOM (gleno-omerale-medio):

ha la funzione di stabilizzare anteriormente la testa omerale e ne limita l’extrarotazione quando il braccio si trova a circa 45° di abduzione;

Legamento GOI (gleno-omerale-inferiore):

la funzione di stabilizzatore dinamico antero-inferiore, soprattutto quando il braccio si trova in una posizione di 90° di abduzione ed extrarotazione.

Questa struttura mostra una certa somiglianza con un’amaca, ancorata da una parte alle glena, dall’altra alla testa omerale.

La similitudine non è solo strutturale, ma anche funzionale, quando il braccio si trova, come descritto sopra, in abduzione ed extra-rotazione, il GOI sostiene la testa omerale come se fosse appoggiata su un’amaca;

Il legamento coraco-omerale:

ha la funzione di sostegno passivo per evitare la caduta della testa omerale verso il basso con il braccio addotto al fianco;

Il CLB (il capo lungo del bicipite):

con la sua inserzione nel tubercologlenoideo, ha la duplice funzione di componente depressoria passiva e di stabilizzatore anteriore della testa dell’omero.


Provando ad immaginare una similitudine, il capo lungo del bicipite svolge la stessa funzione di un tirante che tiene a terra una mongolfiera

Qualora la mongolfiera, per qualsiasi motivo, dovesse tendere a salire verso l’alto in modo maggiore, la trazione del tirante verrebbe incrementata.

In un primo momento si avrebbe solo lo stiramento del tirante, ma se la situazione rimanesse invariata, con ogni probabilità si arriverebbe addirittura ad una rottura dello stesso.

Ugualmente, quando i muscoli della cuffia dei rotatori non tengono più depressa e centrata la testa omerale, essa tenderà a salire verso l’articolazione acromion-claveare, le tensioni di questa risalita si andranno a scaricare sull’apparato di contenzione passiva, in particolare sul capo lungo del bicipite.

La continua forza tensionale che si scarica su quest’ultimo tenderà, con il tempo, a trasformare la sua struttura tubolare in una più schiacciata e debole.

  • Il cercine ( anello fibro-cartilagineo ) ha la funzione di aumentare la superficie di congruenza della glenoide con la testa omerale.

Gli stabilizzatori attivi sono rappresentati dal complesso muscolo-tendineo della spalla chiamato cuffia dei rotatori, questa struttura è rappresentata dai quattro muscoli che avvolgono la testa omerale come una vera e propria cuffia.

  • Sovraspinato: ha origine nella fossa sovraspinata e si inserisce sul trochite, innervato dal nervo sovrascapolare.
  • Sottospinato: ha origine nella fossa sottospinata e si inserisce sul trochite, innervato dal nervo sottoscapolare.
  • Sottoscapolare: (STSC) ha origine dal margine mediale della scapola e si inserisce sul trochite passando tra la scapola e il torace, innervato dal nervo sottoscapolare.
  • Piccolo Rotondo: ha origine nella parte inferiore e laterale della fossa sottospinata e si inserisce sul trochite, innervato dal nervo ascellare come il muscolo deltoide.

Oltre a questo gruppo muscolare, che si trova a stretto contatto con la testa omerale, altri gruppi partecipano al movimento biomeccanico dell’omero, uno di essi è rappresentato dal pivot della scapola

In particolare il dentato anteriore e il trapezio che accompagnano il movimento della scapola rispettivamente durante l’anteposizione attiva e l’abduzione attiva.

Un altro importante muscolo è il deltoide, questo muscolo crea una coppia di forze con la cuffia dei rotatori che risulta necessaria per l’abduzione dell’arto superiore contro resistenza.

Nella gleno-omerale, infatti, esiste un equilibrio supero-inferiore ed uno antero-posteriore, l’equilibrio supero-inferiore è dato dalla coppia di forze tra cuffia e deltoide, la cuffia centra e deprime la testa omerale, mentre il deltoide la eleva e la decoapta verso l’alto.

Se venisse a mancare tale equilibrio di forze, si avrebbe una maggior risalita o abbassamento della testa omerale a seconda di quale tirante risultasse deficitario, l’azione della cuffia dei rotatori è fondamentale per l’abduzione dell’arto.

Qualora, per ipotesi, si dovesse avere un’assenza completa della cuffia dei rotatori, sarebbe molto difficile abdurre attivamente l’arto, si riuscirebbe ugualmente ad anteporlo grazie alla sola azione del deltoide anteriore, ma per l’abduzione è necessario ed indispensabile l’intervento della cuffia.

Infatti, nell’esecuzione del movimento di abduzione si aggiunge obbligatoriamente la rotazione esterna per poter svincolare a 90° il trochite e permette il passaggio sotto l’arco coraco-acromiale.

Al contrario, se venisse a mancare il deltoide, ad esempio per una denervazione completa, l’abduzione sarebbe comunque possibile grazie all’azione della cuffia dei rotatori.

Naturalmente,però, non si riuscirebbe ad abdurre contro resistenze importanti.

La considerazione che si può trarre, a questo punto, è che in una spalla, sia essa sana o traumatizzata, è importante l’equilibrio delle forze supero-inferiori, ad esempio un allenamento esclusivo dei deltoidi, dimenticando i rotatori esterni ed interni, potrebbe a lungo termine determinare uno squilibrio con insorgenza del dolore.

Continueremo nel prossimo articolo.

Note

Bibliografia

  • Adalbert I. Kapandji, Anatomia funzionale ed.2011