Il significativo incremento di praticanti del ju jitsu deriva anche da un aumento di richiesta di corsi di difesa personale: quale risposta tecnica migliore del ju jitsu si può offrire a questa necessità?
Il programma da svolgere è interessante e colpisce per la sua efficacia pratica, prevede ogni tipo di gesto tecnico, comprendendo proiezioni, percosse, leve articolari e tutto quello che serve nel corpo a corpo o nel combattimento a corta distanza, difendendosi per lo più a mani nude anche da attacchi armati.
Le tecniche di ju jitsu, insegnate correttamente ee apprese, costituiscono un valido ed efficace sistema di autodifesa, anche per la loro intrinseca natura di tecniche difensive e quindi di risposta a un’aggressione.
Certo, il maestro deve trasmettere al principiante i principi fondamentali della pratica e dello studio marziale
Si devono evidenziare dunque durante l’insegnamento non solo la tecnica, ma anche le peculiarità etiche ed educative della “Tradizione degli antichi Ryu“ e così infondere uno spirito di reciproca collaborazione tra gli allievi per progredire insieme.
L’apprendimento delle tecniche di ju jitsu come metodo di autodifesa comporta però un’analisi delle linee di comportamento e di approccio al sistema per certi versi radicalmente differente rispetto alle norme che hanno sempre regolato e regolano tuttora la pratica di un’arte marziale tradizionale all’interno di un Dojo o, nella nostra cultura occidentale, di una palestra.
Le nuove prospettive offerte dalla richiesta di corsi specificamente destinati alla difesa personale, solo apparentemente in contrasto con lo spirito del ju jitsu, impongono quindi l’esame di aspetti spesso tralasciati
Ma non totalmente estranei alla pratica delle discipline marziali orientali come studio di elementi di psicologia e la conoscenza della regolamentazione giuridica dell’utilizzo del ju jitsu ai fini di autodifesa
L’utilizzo di tecniche di autodifesa è ammesso dal nostro sistema giuridico nei limiti di cui si dirà tra poco, la legge penale italiana, similmente alle altre, prevede che io cittadino che commetta un fatto normalmente considerato come antigiuridico (quindi reato), per esempio percosse, lesioni, omicidio, non sia punito per la sua azione quando questa sia stata commessa nell’esercizio di un proprio diritto.
Le circostanze che giustificano un uso di tecniche di difesa (normalmente vietate in considerazione del loro carattere potenzialmente lesivo) sono analiticamente illustrate nell’art. 52 del codice penale che disciplina la legittima difesa, “non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalle necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa“.
I giudici della cassazione hanno chiarito negli anni i confini di questa norma, i presupposti essenziali della legittima difesa (giustificazione ammessa nei confronti di tutti i diritti, personali e patrimoniali) sono costituiti da un’aggressione ingiusta e da una reazione legittima.
L’offesa deve, quindi e prima di tutto, essere ingiusta o ingiustificata, prodotta cioè al di fuori di qualsiasi norma che la imponga o autorizzi, e che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocerebbe nella lesione di un diritto tutelato dalla legge es. vita, incolumità, proprietà, riservatezza
Il pericolo (la probabilità del danno) deve essere attuale cosicché non può in alcun modo giustificarsi la reazione ad un’offesa ormai passata, per esempio un aggressore che ormai si è dato alla fuga, in quanto rappresenterebbe una vendetta o rappresaglia, né tanto meno è legittima una reazione ad un pericolo immaginario o futuro, perché in tal caso potrebbe essere richiesto l’intervento delle forze dell’ordine.
Il pericolo non dovrà in ogni caso essere causato volontariamente da chi si difende e pertanto non potrà essere invocata la legittima difesa in caso di rissa, di atteggiamenti di sfida e dove lo scopo concreto è quello di offendere l’aggressore provocando così la sua reazione.
La reazione deve essere inoltre, necessaria ed inevitabile, nel senso che chi si difende non ha la possibilità di evitare l’offesa in nessun’altra maniera
Infine l’ultimo, ma indispensabile requisito per il carattere legittimo della difesa reattiva è costituito dalla proporzione tra l’azione offensiva e la difensiva, la reazione difensiva deve cioè essere adeguata facendo riferimento al modo in cui si manifesta l’aggressione, il genere di bene attaccato, l’uso dei mezzi a disposizione dell’aggredito in un preciso contesto spazio –temporale e personale e, non ultimo, l’abilità dell’aggressore (ma anche dell’aggredito che si difende) di utilizzare tali messi.
Nel caso in cui un soggetto si introduca fraudolentemente in un’abitazione o in un esercizio commerciale altrui, è consentito a chi si difende, utilizzare un’arma (legittimamente detenuta) o qualsiasi altro mezzo di difesa, sempre che, naturalmente, l’aggressore non interrompa la propria azione allontanandosi.
Se utilizzando le tecniche di autodifesa si oltrepassano i limiti precedentemente descritti, chi si difende sarà tenuto a risponderne penalmente a titolo di colpa (art. 55 del codice penale quando nel commettere alcuno dei fatti prevenuti dall’art. 51 (esercizio di un diritto o adempimento di un dovere, difesa legittima,53, uso legittimo delle armi, 54 stato di necessità), si eccedono colposamente, normalmente per un errore di valutazione, i limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’autorità, ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è previsto dalla legge come delitto colposo, o addirittura di dolo, quando l’eccesso è previsto e volontario.
Note
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Redattore presso Nuova Isola