Forse mi sto imbarcando in qualcosa di molto complesso, ma all’interno di questo articolo cercherò di essere il più chiaro possibile affinché alla fine possa capirci qualcosa anch’io rileggendolo!

Haragei” è un ampio studio del dominio della bioenergia a partire dal concetto del Ki (energia vitale), acquisito attraverso la respirazione

La respirazione alimenta tutti i nostri sensi, le nostre funzioni organiche, le cellule, gli organi ecc… È lei che ci mantiene vivi, respirare è la prima cosa che abbiamo fatto quando siamo venuti al mondo e sarà l’ultima che faremo, se i movimenti nascono da un semplice processo di inspirazione, allora, ecco qui un gran combustibile.

Alcune scuole del passato si caratterizzavano per il numero di respirazioni applicate agli esercizi, che facevano parte degli esercizi, i quali facevano parte del metodo di allenamento, alcune in quattro, altre in cinque, altre in tre, in un modo o nell’altro, ognuna aveva nel suo proposito quella tecnica come la più corretta e la più vitale per l’obiettivo finale.

Per i più studiosi e mistici, mi numeri possono modificare di molto l’essenza dei Ki assorbito, una volta adulterata questa energia attraverso l’Hara, naturalmente anche i suoi riflessi saranno diversi, questa ricerca fece in modo che si definissero i punti importanti di questo studio.

Respiriamo circa 20.000 volte al giorno.

In ogni respiro, assorbiamo circa 300ml di aria, ma i nostri polmoni sono stati progettati per molto di più, poiché la capacità polmonare di un adulto è di circa 4 litri, la nostra respirazione quotidiana muove appena il 10% della capacità dei nostri polmoni.

Così il nostro corpo e la nostra mente funzionano con una quantità di combustibile molto più piccola di quella di cui hanno bisogno e non potremmo mai esprimere pienamente il nostro potenziale e vivere una vita veramente sana se non incrementiamo il nostro assorbimento di ossigeno .

Con la pratica degli esercizi che lo Haragei ci offre, ampliamo la respirazione e rieduchiamo i muscoli e gli organi che intervengono in questo processo in modo che questo modello respiratorio si mantenga anche dopo aver concluso la pratica

Per i Maestri più antichi tutte le respirazioni corrispondono ad una certa energia inerente all’universo, quando (sono) fatte con la corrispondente contrazione durante l’inspirazione e l’espirazione, si può dire che i numeri pari rappresentano la porzione Yang dell’energia assorbita e quelli dispari la porzione Yin, quando si dice “secondo la contrazione”, è perché la stessa determina se ci sarà o meno l’inversione di queste porzioni dell’Hara, in un modo o nell’altro, nel linguaggio comune, respirazione è l’azione di inalare ed esalare aria attraverso le vie respiratorie.

Dal punto della fisiologia, respirazione è il processo attraverso il quale un organismo vivo scambia ossigeno e biossido di carbonio con l’ambiente, dal punto di vista della biochimica, respirazione cellulare è il processo di conversione delle catene chimiche di molecole ricche di energia che può essere usata nei processi vitali.

Se iniziamo a cercare attraverso la comprensione, vedremo che per capire l’Haragei la prima cosa è non cercare di capirlo, ma sentirlo

Secondo la prospettiva Orientale, comprenderemo il primo punto chiedendoci: che cosa rende possibile l’esistenza di questo sentimento? Dove si trova? Fuori o forse all’interno del nostro corpo? Se si trova nel nostro corpo, chi sente?

La carne, il sangue, le ossa,i nervi, le vene,i polmoni o il cuore?

Se ci pensiamo attentamente, ammetteremo che nessun membro né nessun organo rivendica la sua stessa esistenza dicendo “io“, così , la mente non può essere assimilata ad una parte dell’organismo.

Prendiamo l’esempio dell’occhio, l’occhio non proclama la sua stessa esistenza, non dice a se stesso “io esisto“ o “devo guardare l’esterno in un determinato modo“ L’occhio in se non ha nessuna volontà non sperimenta nessun sentimento, affetto o avversione, è la mente che ha il sentimento di esistere, che percepisce, giudica, si affeziona o respinge, lo stesso vale per l’udito e i suoni, le narici e gli odori, la lingua e i sapori, la pelle e i contatti, l’organo mentale e i fenomeni, non sono gli organi che percepiscono ma la mente.

Gli organi, incoscienti per natura, non sono la mente, sono come una casa  in cui si vive, gli abitanti sono ciò che chiamiamo coscienza:

  • Coscienza visiva;
  • Coscienza uditiva;
  • Coscienza olfattiva;
  • Coscienza gustativa;
  • Coscienza tattile;
  • Coscienza mentale.

Queste coscienze non esistono in modo autonomo, non sono altro che parte della mente, inoltre si può dire che il corpo è come una macchina e la mente il suo autista.

Quando la macchina è vuota, nonostante possegga tutte le attrezzature per circolare, il motore, le ruote, il carburante ecc… e si trovi in perfetto stato di funzionamento, non può andare da nessuna parte.

Allo stesso modo un corpo sprovvisto di mente, nonostante possegga la totalità degli organi, non è altro che un cadavere anche se ha occhi, orecchie, narici non può vedere, udire ed annusare.

L’Haragei ha a che vedere con il dominio… dominio di sé, del suo interno e dell’energia che da lui emana, vedendo le forme con tutto il corpo e la mente, ascoltando i suoni con tutto il corpo e la mente, è possibile comprenderlo intimamente.

Che importanza ha lo Haragei nei movimenti analizzati nei ruoli di Tori e Uke? Nella misura in cui evolviamo nell’allenamento e cominciamo ad effettuare le tecniche con più vigore, in linea generale iniziamo anche a rendere la vita difficile agli “ Uke “.

Per mia esperienza personale, un Uke proiettato con violenza, per effetto di una tecnica di torsione violenta, in futuro può arrivare a soffrire molti danni, se parliamo a livello di Haragei, si può dire che nell’Uke l’energia si aggrappa all’altezza dell’anca, lasciandola pesante e lenta, tutto inizia e finisce con la respirazione.

Nel caso di Uke, si consiglia che la respirazione resti nella parte superiore del corpo, in modo che il Ki circoli nelle regioni chudan e jodan, questo significa che le gambe devono restare leggere, come il riflesso emesso dalle anche alle regioni inferiori del corpo, soprattutto quando siamo stanchi, la tendenza naturale è che il nostro corpo si indebolisca e abbia la sensazione di peso e di fatica.

Possiamo immaginare cosa significa a questo per un Uke nel momento in cui subisce una torsione che lo proietta a terra con violenza, i danni alle mani e alle braccia possono essere gravi e compromettere la sua vita da atleta.

Durante la respirazione normale e tranquilla, il diaframma si contrae e si abbassa lentamente durante l’inalazione

Durante l’esalazione si alza lentamente contro la gravità, assistito in modo sinergico dalle proprietà di retrocessione del polmone e dai muscoli di espirazione del torace.

Le mobilità diaframmatiche nella respirazione tranquilla è di circa di 1 a 3 cm ed è responsabile dal 65 al 70 per cento della ventilazione polmonare, essendo i muscoli respiratori coloro che si fanno carico del restate 30 o 35 per cento, il pericolo sta nel fatto che molte volte Uke stabilisce come meta la costante elevazione della sua energia, cercando di irrorare di Ki il cervello e i polmoni per mezzo della respirazione.

Naturalmente, quando le anche sono pesanti, le condizioni sono diverse rispetto al suo stato normale, poiché l’energia accumulata in questa regione assorbe potenza il Ki inalato attraverso la respirazione, essendo il corpo pesante, è naturale che le gambe assorbano la compensazione di questo Ki che dovrebbe salire sino alla regione Jodan.

Questo scambio graduale continua fino a quando i muscoli respiratori e accessori del torace si fanno carico del 70 per cento dello sforzo respiratorio e il diaframma solo del 30 per cento, si crea un disturbo nel recupero dell’energia corporale.

Soprattutto in un momento di tensione, il risultato è un tipo di respirazione rapida e superficiale.

Insufficiente a causa della diminuzione del volume, cosa che genera la necessità di una maggiore quantità di aria.

Questa necessità di aria interrompe il ciclo respiratorio e diminuisce ancor di più la ventilazione, dato che l’inalazione ricomincia continuamente prima di completare l’esalazione.

La respirazione diventa discontinua e timorosa e l’individuo ansima costantemente per ottenerla, ma in questo modo non è possibile ottenere energia, per quanto riguarda il Tori, è un po’ difficile studiare qualsiasi tipo di influenza che si eserciti e le sue ripercussioni senza avere la specificazione di ciò che si vuole valutare e confrontare.

La condizione di un Dojo favorisce l’esperienza e ogni studio diventa interessante, ma prende vita nel campo sensoriale e pratico solo quando diventa anche empirico, poi, per una forma teorica di studio, abbiamo bisogno di un esempio, quale potrebbe essere?

Se parliamo di Kote Gaeshi, probabilmente il movimento più conosciuto e forse il più utilizzato nella scuole che studiano il principio di aiki, come renderlo efficiente con l’uso dell’Hara? La maggior parte delle scuole stabilisce come principio di mantenere il peso basso, ma cosa significa tenere il peso basso?

Che tipo di respirazione bisogna utilizzare?

Quando dico “che tipo di respirazione“ è perché tratterò un aspetto della fisiologia posturale dal punto di vista dell’Uke.

Se immaginiamo un Uke forte, con una base ben strutturata e che utilizza la certezza della volontà nell’attacco,naturalmente ci troveremo in una situazione nella quale siamo obbligati a relazionarci direttamente con l’energia del nemico, con l’effetto di mettere a rischio la nostra integrità.

Così sono diversi ragionamenti di guerra che cercano forme e metodi per stabilire una condizione di vantaggio sull’altro, tutti enfatizzano la buona posizione dell’Hara secondo la tecnica eseguita, ognuna in accordo con la scuola o lo stile che contribuisce alla formazione del praticante.

Tutti i movimenti in Kaeshi – che significa tornare, ritornare- determinano che il fondamento di questi si trovi nell’elemento terra, cioè la contrazione dell’Hara si realizza con il momento finale dell’esecuzione, in altre parole si può dire che inspiriamo con l’Hara rilassato ed espiriamo con l’ Hara in contrazione.

Quando ripeto che tale elemento è considerato essenziale per applicazioni in Kaeshi, mi riferisco alle applicazioni in situazioni di attacchi reali, poiché i maestri possono mostrare forme meravigliose nel corso di dimostrazioni ed in armonia con Tori, in queste ultime, sicuramente ci si potrebbe chiedere se forme in aria, fuoco o anche acqua potrebbero non essere efficienti dal punto di vista del Jutsu.

Ecco perché sotto la prospettiva della guerra, l’efficienza è in relazione alla capacità di distruzione e non soltanto con il fatto di mantenerci integri, il buon angolo delle gambe e la buona posizione dei piedi sul tatami, dove indubbiamente devono stare ben saldi, per mezzo delle dita, il grado di contrazione degli stessi, sarà determinante in base alla forma e alla subordinazione dell’Hara.

Nella teoria di KoteGaeshi, varie possibilità di applicazione che sarebbero corrette all’interno di ciò che è tradizionale

Possono essere comprese sotto l’aspetto storico quando sottoposto ad analisi del requisito dell’efficienza.

Certamente esistono alcune forme che contengono la particolarità di avere i loro meccanismi più contundenti e sono conosciute perché funzionano in modo più interessante di molte altre.

Una di queste consiste nel fare Ki tomeru (sottomettere il Ki) nel gomito in diagonale in relazione all’Hara, opposto in una forma discendente, cosa che polarizza il lato dell’Uke a partire dal quale l’attacco si è originato con le caratteristiche “Kaeshi“ e permette un’enfasi dell’ Hara da parte di chi lo applica.

Un’altra forma sarebbe Kuzure, variante, nella quale il ginocchio del Tori è portato a terra dalla forza dell’ Hara in diagonale, visto dall’esterno come un disegno radiale, in quest’ultima, tuttavia le spirali che costituiscono il movimento in vuoto composto, non potrebbero essere uguali.

Quello che non è concludente e lascia la soluzione tra entrambe le forme, è la caratteristica dell’Hara che rende il movimento pesante solo nelle articolazioni o nelle anche dell’Uke, queste conseguenze, d’altronde, si ottengono per mezzo dell’Haragei.

Spero di essere riuscito nell’intento della prefazione, cioè di essere stato chiaro, rileggendo l’articolo mi è sembrato di esserci riuscito, forse è un discorso prettamente per tecnici, ma spero che anche l’allievo riesca a capire l’importanza di ciò che è stato scritto perché sarà sicuramente un arricchimento del suo sapere!

Note