I romani imparavano a ferire non di taglio, ma di punta. Questi ultimi infatti non solo vinsero facilmente coloro che con le spade colpivano di solo taglio, ma anche si fecero gioco di essi.

I colpi di taglio infatti, con qualsiasi impeto siano inferti, più arduamente uccidono sul colpo poiché le parti vitali sono difese sia dalle armi ed armature, sia dalle ossa, mentre invece le ferite inferte con la punta della spada se penetrano per due once (cinque centimetri n.d.r) sono mortali.

È infatti necessario che qualsiasi arma penetri nel corpo attraversi punti vitali. In secondo luogo, mentre si colpisce di taglio, il braccio e il fianco destro possono rimanere scoperti, invece quando si colpisce di punta il corpo rimane coperto e si ferisce l’avversario prima che se ne accorga.

Perciò si sa che i romani usarono soprattutto questo tipo di colpo per combattere.

Vegezio indica al cap. XVI “ Quemadmodum Triarii vel Centuriones armentur “ l’armamento dei Triari e dei Centurioni che consiste in scudi, corazze, elmi schinieri, spade, (gladiis) mezzespade, (semispathiis), le piombate e due giavellotti.

In questa mia breve disanima sulle armi romane, presento le spade che godettero in periodi diversi di grande considerazione

Esse furono essenzialmente tre:

  • Il glaudius ispanicus/ispaniensis, il termine ispanicus è riferito alla spada in uso tra le popolazioni celtiche presenti in Spagna sin dal V secolo a.C. E conosciute come Celtiberi. È un’arma simile per caratteristiche alla spada greca e a quella celtica con lama a foglia e che dette vita con la sua struttura, a metà del I secolo d. C.
  • Alla spada tipo Pompei, rettifila e idonea a portare anche colpi di taglio che farà da matrice tra il secondo e il terzo secolo d. C. a quella spada più lunga e pesante adottata dall’esercito romano.
  • Il tipo spartha che tuttavia non soppiantò del tutto la Pompei

Si tratta in tutti e tre i casi di armi potenti e ad alta capacità penetrativa, in particolare le spade tipo Pompei presentano una lama lineare a sezione romboidale con punta acuminata, spigolosa e affilata, priva di guardia e con impugnatura anatomica rilevata a creste.

Il pomolo è sferico e di grandi dimensioni per necessità di equilibrare il peso di assetto della punta. Si può affermare che la Pompei ottimizzò le soluzioni del gladius ripartendo il peso spostandolo dal debole al medio/forte stabilizzandone così la punta, viene giocoforza il paragone con la spada lateniana celtica, della quale condivide in buona misura lunghezza, peso, dimensionamento e impugnatura.

La lama delle spade romane non è a foglia, ma di foggia lineare ed acuta e questo tipo di conformazione si ritrova in alcune lame celtiche

Si sa sempre da Vegezio che l’addestramento alla spada e di spada e scudo era tenuto in gran considerazione, i poderosi colpi di punta erano sferrati al quadrato romano (zona compresa tra il plesso solare e le pelvi) ed i colpi di taglio venivano sferrati principalmente al braccio armato e alle gambe dell’avversario, in particolare all’articolazione esterna/interna del ginocchio o al garretto.

Questa fu una strategia di scuola greca, per inibire la capacità di movimento in combattimento che tra l’altro una tale ferita rendeva il guerriero sopravvissuto un peso alla comunità in quanto non avrebbe più potuto combattere, in alcuni casi si colpiva anche alla testa di fendente con effetti devastanti e a questo colpo ricorrevano i soldati romani, quando si trovavano a combattere contro gli altri soldati sprovvisti di elmi, come nel caso di battaglie sostenute dalla LEGIO II AUGUSTA in Inghilterra.

L’abilità sviluppata nelle scuole di scherma dai soldati romani faceva si che il loro addestramento puntasse a ridurre i tempi di caricamento del colpo, a non esporre il lato destro e soprattutto a muoversi contro un avversario utilizzando gli inganni e le strategie individuali quasi si trattasse di un confronto in duello, mantenendo tuttavia una coesione di massima con il resto della milizia.

Si riducevano così anche le uccisioni di commilitoni nella mischia di contatto, che avvenivano in alcune battaglie per la furia dello scontro tra due unità contrapposte, questo “inconveniente” che portava al ferimento dei soldati amici posti ai lati e dietro era causato dallo sbracciamento dei colpi e dalla scarsa coesione dei ranghi.

Manovrare una replica di spada romana dà l’idea del potere devastante di queste lame

Fa percepire quanto sanguinario e terribile fosse lo scontro tra due armati che giunti alla distanza relativamente corta iniziavano a tirare punte e a lanciare tagli la cui forza sprigionata era tremenda, bisogna ricordare che si tratta di armi che in battaglia venivano utilizzate massivamente in mezzo ad una moltitudine di corpi a stretto contatto in un raggio di azione spesso ridotto.

Non era possibile sfuggire più di tanto a fendenti e stoccate impetuose, data la situazione di battaglia, e si doveva tentare di chiudere le linee con dei colpi in tempo e dove era necessario opporre decisamente e con grande impeto scudo u spada ai colpi avversi.

Note