In Germania si procede al sanzionamento delle proteste antiabortiste. Per gli attivisti “pro-vita” è diventato illegale entrare nei consultori familiari o protestare a meno di 100 metri da essi, con sanzioni fino a 5000 euro. La nuova legge è stata approvata al Bundestag, il Parlamento federale tedesco, con 381 voti favorevoli e 171 contrari.

Secondo la ministra tedesca della famiglia, degli anziani, delle donne e della gioventù Lisa Paus, questo è un «Passo importante nel rafforzamento dei diritti delle donne». L’avvocato pro-vita Christian Hillgruber critica invece la svolta e afferma che «Le donne dovrebbero accettare forme di manifestazione innocue per via del pluralismo delle opinioni». Queste manifestazioni innocue consisterebbero però nel mettere di fronte le donne a contenuti non veritieri o inquietanti, con l’intendo di metterle a disagio.

L’aborto in Germania

L’articolo 218 del codice penale tedesco ritiene ancora l’aborto reato, ponendolo alla pari dell’omicidio colposo (solo alcune eccezioni accettate, come praticarlo entro la dodicesima settimana di gravidanza dopo una consulenza obbligatoria in un centro riconosciuto e dopo tre giorni di riflessione, o in caso di stupro, malformazioni del feto o pericolo di vita per la donna). Fino al 2022 in Germania era inoltre severamente vietato per i medici fare pubblicità all’aborto. Solo dopo una riformulazione del testo i medici possono ora fornire informazioni riguardanti l’interruzione di gravidanza senza comunque scendere nei dettagli.

In questo clima il parlamento ha comunque approvato una modifica alla norma sui «conflitti in gravidanza» che regola l’informazione, la contraccezione e la pianificazione familiare per tutelare le donne incinte. Comportamenti come ostacolare l’accesso agli edifici alle donne incinte e al personale medico, intimorire le donne e provare a dissuaderle dall’aborto sono stati definiti vere e proprie molestie.

Le proteste antiabortiste in Italia

Il Senato italiano ha approvato questa primavera l’accesso di gruppi antiabortisti nei consultori. Questo ha segnando una grave retrocessione nella tutela delle donne. Sempre in Italia la presenza di antiabortisti nei consultori è sempre più incentivata, con una legittimazione istituzionalizzata della presenza delle associazioni contrarie all’aborto.

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