Con questa ricerca tratteremo il modo in cui la cultura alimentare sarda si è legata col tempo all’antichissimo al folklore locale. Andremo a vedere come con certi rituali, spesso legati a suggestioni e credenze locali, le persone tentavano semplicemente di alleviare la vita di ogni giorno.

Non solo Pane: Folklore nella cultura alimentare sarda

Da sempre l’umanità ha individuato negli alimenti, o nei derivati animali e vegetali, tanto gli elementi utili a garantire la sopravvivenza in senso stretto, quanto gli aspetti delle valenze magico/rituali in funzione terapeutica o scaramantica.

Queste ultime a volte sconfinano in quella che è comunemente definita superstizione, a volte invece, alla luce delle nuove scoperte scientifiche, si dimostrano realmente in grado di sconfiggere determinate malattie o di prevenirne l’insorgere.

Numerosi ricercatori hanno affrontato questo argomento con taglio diverso secondo la loro specializzazione.

Così abbiamo avuto, di volta in volta, spiegazioni di tipo sociologico, antropologico, psichiatrico e religioso ecc…

Non è mia intenzione tentare ulteriori analisi particolareggiate, per le quali rimando agli autori dei testi specifici della bibliografia essenziale citata

Semplicemente vorrei mostrare alcuni di questi aspetti legati agli alimenti, e rilevare come, nonostante la pressione delle culture egemoniche, che da sempre hanno tentato di sopprimerle, siano arrivate pressoché intatte fino ai giorni nostri e che solo oggi, stiano realmente svanendo nell’oblio a causa della massificazione dei costumi e della scomparsa della cultura orale tradizionale, che in alcuni casi era la sola deputata a tramandarle.

Storie di tradizione orale

Alcuni di questi riti magico/terapeutici sono già stati registrati, altri sono a tuttora assenti nei vari testi di d’etnologia.

Si riesce a venire a conoscenza solo dopo ore, o addirittura giorni, di paziente conversazione con le persone anziane.

Queste, infatti, tendono a riportare fatti per lo più già noti, o comunque che si sono conservati anche nella memoria più recente, chiudendo così il discorso con l’interlocutore.

Ma se si presenta loro la dovuta attenzione, anche quando si parla magari d’altro, improvvisamente salta fuori qualcosa di nuovo.

Qualcosa che magari era stato rimosso da una sorta di censura etica, o forse solo dimenticato.

Del resto, tutte le occasioni importanti, nell’arco dell’anno o della vita umana, sono sancite da tradizioni particolari, volte, come ho già detto, a tutelare un’esistenza che si prospetta precaria e in balia di eventi sconosciuti e ingovernabili.

Rituali esoterici per alleviare la vita

Cristiano Cani – Paste e dolci tipici della Sardegna

Ecco allora le storie di spiriti, di anime in pena che causano sofferenze, se non si rabboniscono in qualche modo.

Non si tratta di veri e propri riti di tipo apotropaico, bensì di azioni volte a migliorare le condizioni dei vivi, e con loro anche dei defunti, che spesso si aggirano ancora nel mondo nell’attesa della pace eterna, e che potrebbero essere addirittura parenti delle persone che “vanno a visitare”.

Queste si preoccupano quindi di rendere più lieve la loro attesa, con preghiere o azioni materiali volte a soddisfare le supposte necessarie.

A questo punto, anche il pianto, apparentemente senza motivo, di un bambino piccolo, che tra le braccia dei genitori non trova conforto, e nel lettino ancora meno, può essere causato da qualcosa di soprannaturale.

Ai genitori, ormai stremati, era consigliato, solitamente da un’anziana della famiglia, di mettere un pezzo di pane sotto il cuscino del piccolo, questi sotto la spinta della disperazione eseguivano, il bambino, dopo un po’, tornava tranquillo (non è dato sapere dopo quanto tempo) e con lui anche i genitori.

Le anime che lo infastidivano, trovato il pane, si erano messe a mangiare lasciandolo finalmente tranquillo.

Che le anime se ne andassero in giro giorno e notte cercando di mangiare non è una novità (basti pensare all’antico Egitto), ma in Gallura, ancora ai primi del novecento (e in alcune zone, anche oggi) la Notte dei Santi, si allestiva un vero e proprio banchetto ad uso e consumo delle stesse.

Una tovaglia bianca, apparecchiatura festiva, pane, vino e cibo, erano poggiati sul tavolo della cucina, la porta che si affacciava verso l’esterno era lasciata aperta e la famiglia andava a letto.

Le anime avrebbero avuto di che soddisfare la fame. Al mattino il tavolo era ripulito.

Nessuno aveva visto niente, solo a qualcuno era parso di sentire dei rumori provenienti dal locale in cui era esposto il cibo, ma del resto, chi mai si sarebbe sognato di andare a controllare?

Ovviamente poi, il fatto che il cibo fosse scomparso, dava ragione a chi quest’usanza continuava a perpetuarla

Solo qualcuno iniziava ad insinuare che forse non di anime si trattasse, ma di mendicanti o bontemponi…Inutile dire che la teoria era destinata a cadere inascoltata, o addirittura tacciata di eresia (ovviamente al contrario).

Anche la notte del 1° agosto si procedeva in modo simile

In quest’occasione si preparava un cunchinu di chjusoni (un bel piatto di gnocchi) conditi con formaggio e pomodoro fresco e, questa volta, si metteva sul davanzale.

Anche in questo caso, alle prime ore del giorno, il piatto era ripulito e le anime imbonite, con gran soddisfazione degli abitanti della casa che da questo fatto traevano auspici favorevoli per tutta la famiglia.

Di questa consuetudine rimane traccia nell’abitudine, ancora viva in alcune zone della Gallura, di preparare il 1° agosto, questa pietanza. Non sappiamo però se solo per i vivi, oppure anche per i trapassati.

Tradizioni al giorno d’oggi ormai perse

Un giustificato pudore impedisce di ammettere, oggi, una tale abitudine, anche per non essere esposti al ludibrio dei più “colti”.

Un’altra forma scaramantica, questa volta un po’ più complessa, anche perché gli informatori non sanno dare spiegazioni in merito, è quella di lu casju parafocu (il formaggio che ferma il fuoco).

In questo caso, il Giorno dell’Ascensione, l’allevatore/agricoltore prelevava una forma di cacio dalla scorta annuale, e, dopo averci inciso sopra, con un coltello, una croce, la conservava in un angolo della casa fino al termine della stagione estiva.

Questa forma possedeva la virtù di proteggere tutto il territorio, di proprietà dell’esecutore, dai temutissimi fuochi estivi.

Anche se, come già detto gli informatori non sanno spiegare questa usanza, da quanto dicono, pur non dichiarandolo apertamente, si può desumere che rappresentasse una sorta di tutela contro il male estremo per antonomasia.

Oltre a queste forme scaramantiche, altri espedienti costituiscono una via di mezzo tra queste e la medicina popolare.

Vi è, infatti, una fusione tra elementi magico – rituali ed altri che potrebbero avere, se opportunamente studiati, un riscontro spiegabile scientificamente.

Prendiamo ad esempio l’Ociu Casgju, preparato il giorno dell’Ascensione

Prendiamo ad esempio l’Ociu Casgju (olio del formaggio) che era preparato il Giorno dell’Ascensione.

In quella data si “segnavano” capretti e agnelli e si marchiavano i manzi. Mentre gli uomini attendevano a queste incombenze le donne preparavano il pranzo.

In questa occasione era d’uopo cucinare la mazza frissa, una salsa di condimento per gli gnocchi ottenuta con la panna di latte.

Durante la cottura, la panna rilasciava l’olio in essa contenuto, questo era raccolto in un vasetto e conservato per tutto l’anno come unguento medicinale, specificamente per lu mali di la ula e lu custuppatu (mal di gola e bronchi impegnati).

Spalmato sul torace e poi ricoperto cu la calta biaitta di la pasta (la carta straccia azzurra della pasta sfusa) o cu la bambacia (ovatta) era considerato infallibile.

In altre zone quest’olio veniva preparato il 3 febbraio.

In questo caso ci troviamo di fronte ad una corrispondenza perfetta tra il rito popolare e quello religioso,

Perché in questa data la Chiesa Cattolica celebra S.Biagio vescovo e martire (III-IV sec.)

A lui sono riconosciute qualità di taumaturgo, protettore degli animali, Santo dei fidanzati e… guaritore del mal di gola.

Questo perché avrebbe guarito un bambino che stava per morire soffocato da una spina di pesce;

Ma mentre la chiesa festeggia in quel giorno “la candelora”e nella cerimonia sacra sul collo dei fedeli il celebrante poggia una candela benedetta che poi, portata a casa, verrà utilizzata tutto l’anno con questa funzione.

Il popolo utilizza le sostanze che ha a disposizione, e che, se vogliamo, sono anche affini (cera – grasso) con le stesse finalità.

C’è da sottolineare che il fatto di sottolineare che il fatto di strofinare il torace con un unguento, causando il riscaldamento della zona interessata, potrebbe, in effetti, portare ad un miglioramento delle condizioni dell’ammalato.

Se poi questo unguento è stato preparato il giorno dell’Ascensione, e quindi nel periodo in cui le piante sono quasi al culmine delle loro proprietà curative, si può ipotizzare che parte delle loro sostanze attive si siano trasferite nel latte e quindi nel nostro olio.

È chiaro che sono solo ipotesi senza fondamento certo, ma quanta di questa saggezza popolare non è stata prima irrisa e poi accolta?

Si pensi semplicemente all’uso delle erbe, da sempre patrimonio della tradizione popolare ed ora accettata e ricercata da tutti.

Diverso il discorso dell’Uovo del giorno del 25 marzo

Qui, o ci si crede, o non ci si crede. Gli “antichi” ci credevano! L’uovo deposto dalla gallina il 25 Marzo, vale a dire nove mesi prima della nascita di Gesù, quindi nel giorno ipotetico del Suo concepimento, veniva raccolto e conservato in un luogo inaccessibile fino a Natale.

Non si doveva toccarlo per nessun motivo, pena la riuscita del “prodigio”, se ci si atteneva a queste regole, il giorno di Natale l’uovo sarebbe stato ormai di cera

A questo punto diventava anch’esso medicinale e, passato sulla gola malata, la guariva, poggiato su un arto dolorante ne leniva il dolore ecc…Questi sono solo alcuni esempi della miriade di riti che l’uomo ha ricercato o creato per risolvere i problemi di ogni giorno.

Oggi ci fanno sorridere, e forse ci meravigliamo dell’ingenuità dei nostri nonni, disposti a credere a simili panzane, ma…Stiamo bene attenti, perché, come si dice: “Quel che buttiamo via dalla finestra, rientra dalla porta”.

Quanti di noi, infatti, non si sono mai sentiti dire da qualcuno, non necessariamente più anziano: “Bevi il caffè stando seduto, altrimenti non diventerai mai ricco!”

E soprattutto, chi non si è seduto immediatamente, dopo una simile minaccia?

Quanti di noi, ancora, non si sono accodati alle schiere degli adepti della Notte di Halloween, muniti di zucca e sonagli, pronti ad andare in giro, all’insegna della nuova cultura egemone, per chiedere “dolcetto o scherzetto”? invece di: “Li molti e molti”, senza pensare che la festa di Halloween non è nient’altro che un rito simile a quelli che volutamente abbiamo seppellito, bollandoli come dabbenaggini da ignoranti.

Infine, visto che il filo conduttore del nostro discorso è la tradizione alimentare.

Come facciamo a sorridere dei nostri vecchi, che traevano auspicio da un piatto di gnocchi lasciato sul davanzale o dalle foglie d’olivo nummati (cui era dato il nome di un uomo e quello di una donna), gettate sul piano incandescente dei focolare se poi, puntualmente andiamo a guardare l’oroscopo del giorno.

E a Capodanno, per quanto già satolli, non rinunciamo a mangiare le lenticchie che, per il nuovo anno, saranno foriere di soldi?

E pensare che il Capodanno in Sardegna, una volta era in settembre …Una volta!

Note

Bibliografia

  • Alberto M. Cinese, Cultura egemonica e culture subalterne, Pa. Palombo 1978.
  • Paolo Toschi, Guida allo studi delle tradizioni popolari, To. Boringhieri 1971
  • Giuseppe Cocchiera, Storia de folklore in Europa, To. Boringhieri 1972
  • Francesco Alziator, Il folklore sardo, Bo. La Zattera 1957
  • Francesco De Rosa, Tradizioni popolari di Gallura, Bo. Arnaldo Forni 1989
  • Maria Azara, Tradizioni popolari di Gallura – Dalla culla alla tomba – Roma Italiane 1943
  • Gino Bottiglioni, Vita sarda – folklore, racconti e leggende, Mi. Trevisani 1925
  • Ernesto De Martino, Magia e civiltà, Mi. Garzanti 1962
  • Francesco Cossu, Tradizioni popolari di Gallura, SS. Chiarella 1974
  • Mario Atzori, Maria M. Satta, Credenze e riti magici in Sardegna – Dalla religione alla magia, SS. 1980
  • Marua Margherita Satta , Riso e pianto nella cultura popolare – Feste e tradizioni sarde, SS. Asfodelo 1982
  • Nicolino Cucciari, Magia e superstizione fra i pastori della bassa Gallura, SS. Chiarella 1985