Mese: Settembre 2022

[MAESTRI DELLA STORIA] Yamaguchi Gogen “Il gatto”

Yamaguchi Gogen nacque il 20 gennaio del 1909 nell’isola di Kyusho (Isola del sole) a pochi mesi dalla sua nascita, i suoi genitori decisero di trasferirsi nell’isola di Kagoshima.

Lo chiamavano il gatto perché possedeva abilità sorprendenti, il suo sguardo insieme alla sua fama, senza dubbio, gli bastavano per pietrificare o immobilizzare qualsiasi avversario, come il gatto paralizza i topi.

Il motivo di questo spostamento di domicilio era dovuto ad un vulcano

Tutt’oggi attivo, si trovava molto vicino all’isola dove risiedevano, precisamente in quella di Sakarima.

Per questo motivo la prima tappa della sua vita si svolse a Kagoshima, nel seno di una modesta famiglia di commercianti.

Suo padre Yamaguchi Tokutaro, anche se era un piccolo commerciante, discendeva da una famiglia di Samurai, tuttavia i suoi mezzi erano scarsi e non bastavano a mantenere tutta la sua prole, (aveva 10 figli).

Gogen dimostrò sin dall’infanzia un grande entusiasmo per le arti marziali

Gogen era il terzo e come tutti i suoi fratelli, dimostrò sin dall’infanzia un grande entusiasmo per le arti marziali.

I suoi primi contatti con esse furono attraverso il Kendo, poi praticò anche il Judo.

Il suo maestro di Kendo fu Toshiakai Kirino, un grande esperto di quest’arte il quale era famoso in tutto il Giappone per le sue prodezze con la sciabola.

Tale era la sua destrezza con questa arma che era capace di tagliare nell’aria una goccia d’acqua e rinfoderare la sua Katana prima che questa cadesse al suolo.

Tutto faceva prevedere che il Bushido sarebbe stata la sua strada

Rapidamente iniziò ad emergere nel paese per il grande entusiasmo e la dedizione che dimostrava per il Kendo. Tanti furono gli elogi che gli fecero.

Ad Okinawa si accorse di lui il Sensei Maruta

Quest’ultimo era un carpentiere di Okinawa, una persona umile ed apparentemente introversa.

A causa del suo comportamento nessuno sapeva, e nemmeno sarebbe arrivato a sospettare, che sotto quella apparenza di uomo fragile e tranquillo si nascondesse un  grande maestro di Karate.

Un giorno fece partecipe Gogen del suo grande segreto, facendogli una dimostrazione pratica delle sue conoscenze.

Dopo quella dimostrazione, Gogen lo pregò di insegnargli quegli strani movimenti, però il Maestro rifiutò, argomentando che non era ancora preparato per ricevere i suoi insegnamenti (a quell‘epoca il Karate era una disciplina segreta nell’isola e normalmente non si insegnava a chiunque, ogni famiglia aveva il suo stile che, per regola generale, veniva trasmesso solo dai padri ai figli).

Gogen però era un giovane che spiccava per la sua ostinazione e dopo aver superato una dura prova che il Maestro Maruta gli fece fare solamente allora lo considerò degno di insegnargli la sua arte.

il Karate divenne tutta la sua esistenza

In pochi mesi il Karate cambiò la vita del giovane adolescente, a tal punto che divenne tutta la sua esistenza.

Durante il giorno praticava il Kendo nella scuola Jigen, famosa per l’estrema durezza dei suoi allenamenti, la notte si allenava al Karate nella sua casa.

Tale era la sua passione per questa disciplina che più di un giorno allungava i suoi allenamenti fino all’alba.

Nel suo allenamento era inevitabile che causasse rumore, così che presto risvegliò la curiosità della sua famiglia e dei vicini, i quali vedevano sorpresi come quel ragazzo passasse ore a colpire uno strano aggeggio, simile ad un Makiwara, che però ruotava.

Doveva avere molti riflessi pronti, a parte la potenza, per fermare o addirittura bloccare l’altra estremità, Gogen passava ore colpendolo.

Scoprì il piacere di superare se stessi

Presto scoprì quello che significava allenarsi fino a svenire esausti con tutto il corpo dolorante, però scoprì anche il piacere di superare se stessi e di superare tutte queste prove.

Alcuni dei suoi vicini, inclusa la sua stessa famiglia iniziarono a preoccuparsi dello stato mentale di questo giovane che passava il giorno colpendo i muri, gli alberi ecc… fino a finire con le nocche lacerate e ricoperte di sangue, inoltre fu sorpreso in diverse occasioni a realizzare movimenti strani.

Quando questo succedeva, Gogen cercava di dissimulare, facendo qualsiasi altra cosa, per cui tutti iniziarono a temere il peggio.

Suo padre, preoccupato per le sue eccentricità, decise di parlare con lui, al giovane non rimase altro rimedio che confessargli il suo grande segreto.

Durante la sua adolescenza, la sua famiglia lo mandò a studiare alla Università di Kansai

Però gli studi non erano qualcosa che catturava la sua attenzione.

Continuò ad allenarsi con la stessa intensità di sempre, per cui mancava alla maggior parte delle lezioni, per questo motivo fu espulso dal centro.

Suo padre per questo lo rimproverò in maniera dura, Gogen gli promise di cambiare la propria condotta, pregandolo di iscriverlo all’Università di Rytsumeikan per studiare diritto.

Anche se ad essere sinceri, il suo unico interesse ad essere ammesso a quell’Università era il fatto che era famosa in tutto il Giappone per il suo Dojo di Arti Marziali, nel quale era incluso il Karate (bisogna considerare che in quel periodo era praticamente sconosciuto ed inoltre non era considerato come un’arte autoctona giapponese, visto che tutti sapevano che le sue tecniche provenivano dal Kempo cinese, più conosciuto da alcuni come Kung Fu).

Nel 1931 si trasferì a Tokio, per mantenersi in forma entrò in un club di Sumo, dove scoprì che lo spirito e l’Arte in sé non erano compatibili con il Karate, il quel periodo tutto il paese si preparava per la guerra, il partito ultra-nazionalista già controllava il Governo da 11 anni, era l’esercito che dettava le leggi e le decisioni del paese.

Si propagò dal potere una propaganda aggressiva che esaltava la lealtà, il patriottismo e il codice del Bushido (codice del guerriero), il Giappone entrò in guerra con i suoi vicini asiatici, prima di dichiarare guerra agli Stati Uniti.

Note


[AUTODIFESA] Sopravvivere al coltello: I diversi tipi di aggressione

Dopo il nostro articolo precedente, entriamo finalmente nello specifico della questione


Sai cosa può fare realmente questo banalissimo coltello destinato ad usi alimentare?

Esattamente quello che stai pensando, recidere tendini, vene, arterie, muscoli, parete addominale, carotide, oppure perforare il busto o la schiena nella quasi totalità dei casi arrivando a ledere organi vitali.

Sei mai stato colpito da un oggetto tagliente, appuntito o hai subito una ferita da punta, un taglio? Sai cos’è un pneumotorace, una ferita asciutta, quanto sangue esce da una vena recisa? Sai che un uomo senza il minimo addestramento, senza l’ombra della minima attività fisica, senza nessuna conoscenza specifica, può impugnare un coltello e colpire in un corpo a corpo fino a 10 volte in cinque secondi?

Sai quanto ci impiega un aggressore armato di coltello a chiudere una distanza di 2,4,6 metri? Conosci lo stato d’animo nel quale ti troveresti se di fronte a te chi ti minaccia brandisse veramente questo comune coltello da cucina? Sai come ti attaccherebbe, con quale forza può arrivare a colpire,con quanta energia stringerebbe l’arma?

Sai che resistenza è in grado di opporre l’aggressore una volta che hai (eventualmente) preso il suo braccio armato? Riusciresti a fare quello che fai quando ti alleni in palestra con qualcuno fermamente intenzionato a tagliarti o a bucarti con un coltello?


La figura alla quale faccio riferimento non è quella di un esperto

Mentre rispondi alle domande, ricordiamoci che la figura alla quale faccio riferimento non è quella di un esperto.

Stiamo parlando di una qualsiasi persona che in preda ad un raptus violento impugna l’arma in questione (un coltello da cucina diventa arma nel momento in cui è brandito per arrecare danno fisico), con la ferma intenzione di provocare lesioni nei confronti di chi si trova davanti.

Purtroppo oltre ad una fisiologica delinquenza nostrana negli ultimi anni si è costituita una nuova struttura criminale, con connotazioni extracomunitarie (cioè composta da persone che giungono da fuori i confini europei).

Essa ha nella clandestinità, nel totale disinteresse delle leggi italiane e anche nella determinazione ad affermarsi in modo violento i propri fondamenti. Fattori che la pongono al centro di quella che è definita microcriminalità, ma che di micro per chi la subisce ha ben poco.

Non mi compete l’analisi dei fattori contingenti, ne intendo giudicare o esprimere opinioni al riguardo

Questo dato di fatto mi interessa per gli aspetti legati al porto ed utilizzo di armi bianche che sembra essere predominante nella realtà di oggi.

In questa società si è affermato per motivi diversi il coltello per varie ragioni che posso identificare nel costo minore rispetto altre armi e la facilità con cui ci si può approvvigionare di queste armi, ma anche facilità di occultabilità, di disfacimento, praticità d’uso e da non sottovalutare in caso di fermi per controlli, minore o quasi nullo indice di punibilità rispetto alle armi da fuoco.

Per quanto riguarda le figure di potenziali aggressori sono raccontate nei brevi racconti iniziali due sole di queste storie vedono coinvolti per motivi ben diversi esperti di combattimento, negli altri casi si tratta di delinquenti che definisco portatori di coltello, individui che portano l’arma e la utilizzano contro persone disarmate per vari scopi (aggressione,violenza, rapina ecc..)

Oggi è il portatore di coltello che fa la triste storia odierna, storia misera naturalmente di chi senza arte nè parte, si serve dell’arma per colpire persone inermi.

Magari anche alle spalle; il portatore di coltello è l’ultimo stadio al quale si pensa di poter opporre una difesa vitale nell’eventualità di un pericolo.

Egli ha l’arma con se quindi la conosce e premedita, sebbene non sia un combattente di coltello o un esperto, è determinato nell’utilizzarla e ne conosce le applicazioni pratiche.

Vediamo ora questa scaletta di possibili aggressori armati:

Il Rafforzatore

Il rafforzatore prende dall’ambiente (strada, macchina,bar, ecc…) qualunque strumento passi ai suoi occhi come potenziamento della sua azione offensiva.

Cacciaviti, martelli, coltelli da cucina, sono ai suoi occhi armi con le quali colpire spesso in maniera disordinata e ripetitiva la vittima.

I colpi possono essere diretti all’addome, schiena alta, torace e finiscono spesso quando portati con presa sopramano sugli avambracci della vittima che si protegge per ripararsi istintivamente dagli attacchi.

Il Raccattatore

Il raccattatore è colui che in preda ad un raptus si serve di oggetti del luogo trasformandoli in armi.

Pur alterato emotivamente seleziona in maniera analitica/istintiva armi occasionali (bicchieri e bottiglie frammentati, coltelli da banco, cacciaviti, punteruoli ecc…) che gli consentano azioni offensive incisive, colpisce di taglio e di punta sia con presa sottomano che sopra mano e i bersagli sono quelli del rafforzatore.

Il Portatore

Il portatore porta l’arma con sé, la tiene nascosta.

Che sia nei pantaloni, semplicemente in tasca o nella giacca, nel marsupio, infilata nei calzini e se con clip la aggancia spesso anche agli slip o alla cintura sul davanti o di dietro.

Ci sono stati casi di lame ricavate o innestate su fibbie di cintura o fibbie affilate, portachiavi affilati, chiavi di casa, di macchina affilate o appuntite

Nel caso di un coltello vero e proprio si tratta spesso di serramanico con lama dritta con apertura a scatto (molletta) o apribile a due mani, oppure ancora quei pericolosi apribili ad una sola mano sul modello spyderco, con lama diritta o semi-curva, spesso seghettata ed estremamente tagliente .

Il portatore, che ripeto non è un combattente di coltello, conosce comunque la sua arma e ne ha quindi una buona manualità, spesso è in grado di estrarla ed aprirla molto velocemente e non si fa scrupoli ad utilizzarla per colpire frontalmente di fianco o da dietro.

I colpi sono diretti al corpo, alle gambe e ai glutei  come azione di marcatura e in tal caso non sono dati per uccidere, oppure sono diretti di taglio al volto per segnare la vittima.

Anche in questo caso non sono colpi mortali, oppure diretti a zone specifiche come ad esempio il cosiddetto sorriso di “Allah” (bersaglio = gola, colpo di matrice araba) per uccidere come quelli ai naturali bersagli vitali compresi nel busto dalla gola all’addome.

Il portatore tuttavia può differire dalle due precedenti tipologie perché talvolta utilizza l’arma per minacciare e non sempre per colpire.

Mentre i primi due gruppi impugnano l’arma nel momento dell’ira (quando i freni inibitori per diverse ragioni vengono meno) e quindi spesso la utilizzano per colpire subito dopo, il portatore è consapevole dell’arma e la utilizza in contesti anche diversi (minaccia, intimidazione, avvertimento, colpi segnatori e per ultimo azioni letali) e con modalità diverse dai primi.

Ad esempio può estrarre l’arma e minacciare un attacco senza per questo arrivare a farlo, oppure estrarlo durante una colluttazione e colpire senza preavviso.

Queste considerazioni mi portano a valutare attentamente il contesto comparsa di un’arma, perché pur nel grande pericolo al quale ci sottopone quest’eventuale situazione, la stessa si presenta con caratteristiche diverse che vanno analizzate e studiate per conoscere i meccanismi.

Dobbiamo quindi essere in grado almeno da un primo punto di vista teorico/pratico di riconoscere non solo le armi, ma il contesto, le circostanze  e le possibili variabili, per sfuggire il pericolo dobbiamo captarne prima i possibili segnali ed essere pronti ad agire.

Note


Sopravvivere al coltello: Gli scenari di un aggressione

Introduzione al tema

È meglio stare con i piedi per terra con questo argomento, e per stare con i piedi per terra parlando di coltelli e lame in genere, bisogna essere onesti; il che equivale essere crudi.

In questo articolo non troverai indicazioni sempre valide in ogni contesto. Non abbiamo bisogno di verità assolute ma di cose che possibilmente funzionino, e non possiamo neanche dire “ecco questo funziona sempre“.

Possiamo solo proporre e dire “ecco questo è quanto si può fare per tentare di salvarsi la pelle”.

Se si vuole, la tecnica si prova in palestra, adattato,riprovato e messo alla prova anche con amici ma tra le mura domestiche con persone amiche, stai molto attento e se ti risulta molto difficile applicare le tecniche di difesa o non riesci ad applicarle o anche se non si sente a pelle, è meglio passare ad altro.

Per quanto ne possano dire gli esperti, non esiste un programma al mondo sempre valido, esisti tu e la tua soggettività, in barba a tutte le scienze oggettiviste ed ai training ad alta intensità, quando sei davanti al pericolo, tu non sei una tecnica, sei solo tu e tu da solo con le gambe che tremano ed il cuore a cento all’ora, potresti provare una grande paura e sensazioni sgradevoli e potrebbero anche succedere delle cose che in palestra non succedono mai.

è tremendamente difficile proteggersi da un attacco portato con un’arma bianca

Quello che leggerai può farti scoprire che è tremendamente difficile proteggersi da un attacco portato con un’arma bianca, anche se se ne ha le capacità necessarie a respingere questo attacco e che non solo è possibile renderle più efficienti, ma anche che ci si può difendere acquisendo più energia durante gli allenamenti.

Parafrasando Seneca e ribaltando il suo famoso non vitae sed scholae discimus (non impariamo per la vita, ma per la scuola) possiamo dire Non scholae, sed vitae discimus (impariamo non per la scuola ma per la vita)

Così quando impariamo utilizziamolo non per lezioni tra esperti da palestra ma per preservare veramente la nostra vita, in questo campo dove la vita è in gioco, è necessario superare gli ostacoli o i limiti posti da vuote esercitazioni di estetica marziale che si atteggiano in aggressive ed inutili dimostrazioni di forza suprema.

A questo punto una considerazione è doverosa, ritornando alle verità, se nella difesa personale supponiamo che non ne esistono di verità assolute, tanto meno quelle di seguito espresse possono essere considerate tali, tuttavia quanto leggerai, rappresenta uno sforzo legato alla comunicazione non promozionale, ed è quindi inteso come un tentativo concreto di fornire indicazioni per quanto possibile precise ed utili, senza nascondere nulla che possa servire veramente a tutelare il valore insostituibile di una vita umana.


Di seguito elencheremo una serie di scenari utili ad inquadrare una tipica situazione di aggressione con arma bianca

PRIMO SCENARIO: RISSA IN UN BAR

Un gruppo di avventori bevevano tranquillamente in un bar. Tutto era tranquillo, ma improvvisamente fra due di questi avventori, sino ad un attimo prima tranquilli, scoppia una lite.

Il più minuto dei due, forse anche il più alterato, si lancia verso l’altro colpendolo con un pugno diritto. Non c’è tempo di dividerli che i due rotolano furiosamente avvinghiati a terra, ed il più grosso prende facilmente il sopravvento: seduto sopra l’altro lo tempesta di colpi.

Il più piccolo tuttavia non si arrende: sbraccia, scalcia e tenta disperatamente di divincolarsi e fuggire. Fortunatamente non passa molto che altri clienti superato lo stupore iniziale, si precipitano sui contendenti e riescono a dividerli, e solo allora nel rialzarsi il più grosso nota la macchia scura sul suo fianco destro e fatti pochi passi si accascia. Colpito da un coltello che non ha sentito e non ha visto, sopravviverà dopo il ricovero in ospedale e diversi giorni di cure .

SECONDO SCENARIO: TENTATIVO DI RAPINA

Tre malfattori hanno costretto spalle al muro un malcapitato minacciandolo con dei coltelli, esibiti con l’intento di ottenere il bottino desiderato, un portafoglio ben fornito di denari che è stato notato durante gli acquisti fatti poco prima in un negozio.

Il più deciso dei tre, forse il capo, si fa avanti ed allunga il braccio armato di un coltello con la lama leggermente curva verso il viso della vittima per fargli consegnare il portafoglio.

Improvvisamente però l’aggressore, come scottato dal fuoco, ritrae il braccio e con un salto all’indietro si allontana da quello che fino ad un attimo prima era la vittima predestinata.

Il malcapitato infatti ora invece del portafoglio ha nella mano destra un lucente coltello aperto, con il quale ha già colpito all’altezza del polso l’incredulo malvivente, recidendo di netto i flessori della mano.

Non lascia il tempo agli alti di superare lo sbandamento della sorpresa, con due passi rapidi si porta verso l’uomo alla sua sinistra e con un movimento in laterale discendente lo ferisce con un taglio secco e penetrante dietro al ginocchio, facendolo stramazzare al suolo. Quando si volta per fronteggiare l’attacco del terzo aggressore non trova però nessuno, è fuggito a gambe levate nello stesso momento in cui il secondo cadeva colpito.

TERZO SCENARIO: AGGRESSIONE IN DISCOTECA

Un giovane chiacchiera con una coetanea in discoteca circondato da altre persone che attorno a loro ballano e si divertono.

Improvvisamente tra la folla si fa largo un tizio che gli si avvicina con fare esuberante, ma tutto sommato tranquillo. Giunto a due passi dal ragazzo però cambia atteggiamento indicandolo con una mano e apostrofandolo pesantemente come un possibile rivale in amore, con l’altra estrae un coltello e colpisce il ragazzo alla gamba ed alla natica, fuggendo subito dopo tra la calca della folla.

Il ragazzo colto di sorpresa e completamente bloccato dal panico viene trasportato al pronto soccorso dagli amici. Le ferite fortunatamente non hanno prodotto un danno permanente e il ragazzo serberà due piccole cicatrici  e un brutto ricordo della vicenda occorsagli.

QUARTO SCENARIO: UBRIACO VIOLENTO

La birreria paninoteca il venerdì sera è luogo d’incontro per mangiare qualcosa, bersi una birra e ascoltare musica chiacchierando con amici.

Un tizio entra spavaldo quando il locale è già affollato, si appoggia al bancone e chiede da bere. Dopo aver trangugiato una media ne chiede subito un’altra, al rifiuto del barman che intuisce lo stato alcolico del nervoso cliente, inizia ad inveire ed urlare, poi come un lampo spazza con un braccio i bicchieri dal bancone, afferra l’ultimo rimasto, un calice da birra e con un movimento secco ne rompe il bordo sullo spigolo, lanciandosi subito dopo all’inseguimento del barista.

Questi con prontezza d’animo si chiude nel retrobottega sprangando la porta, l’energumeno allora ormai completamente partito prende il primo ragazzo che gli capita a tiro e gli pianta il bicchiere rotto alla base del collo, minacciando di sgozzarlo.

Seguono attimi di terrore, interrotti dall’arrivo dei Carabinieri, alla vista dei quali il delinquente si libera del ragazzo, ma continua a minacciare i militari con il bicchiere rotto in mano, solo dopo una trattativa ben condotta, i due carabinieri riescono a condurlo via  senza colpo ferire, il ragazzo se la cava con un grosso spavento e qualche graffio.


Conclusioni

Questi sono alcuni casi. A volte si sente dire “non ho sentito il dolore solo colpi e qualcosa che entrava nella gamba, qualche attimo dopo con i pantaloni inzuppati di sangue stavo barcollando alla ricerca di aiuto”, spesso si sentono queste testimonianze a conferma che il coltello è facile da nascondere ed essere usato da chiunque.

Una lama non è fredda solo al tatto, è fredda anche quando te la vedi davanti e capisci che può colpirti e penetrare dentro di te

Si fa un gran parlare di lame curve, dritte, corte, seghettate, a doppio filo, a un filo e mezzo, di coltelli a lama fissa, a scatto, clip ad apertura singola, di daghe e pugnali combat, ma tra persone normali, quelle per intenderci che hanno una vita divisa tra casa, lavoro, amici, famiglia, interessi e la palestra, ci si può fermare molto prima, diciamo al coltello da cucina anche piccolo.

A questo gruppo appartiene il 95% della popolazione, escludiamo il rimanente 4 % (forze dell’ordine nei vari contesti operativi) e lo 1% di coloro (e supponiamo sia già una percentuale ampiamente in eccesso) che un coltello in combattimento lo sanno maneggiare davvero, per combattimento intendiamo non una coltellata alla schiena, ma un ipotetico duello alla pari tra due armati svolto secondo delle regole prestabilite.

Nel prossimo articolo entreremo nello specifico della questione.

Note


Le tecniche della Muay Boran: dalla tradizione ai giorni nostri

Ai giorni nostri la Muay Thai tradizionale si è sviluppata fino a diventare un popolare sport da ring, diffuso in tutto il mondo. Nonostante il nome quest’ultimo differisce molto dalla Muay Boran; che andremo oggi proprio ad analizzare.

Questo grande sviluppo ha fatto si che si creasse confusione tra il Muay ancestrale e lo sport della Thai,non tutti ricordano che la Box Thailandese, professionale o dilettantistica, deriva dalla applicazione di regole e limiti tecnici imposti alle forme di combattimento studiate in passato in Thailandia come Arti di guerra.

Un chiaro esempio delle azioni pericolose bandite dal contesto sportivo sono tutte le tecniche in stile marziale impiegate nella Muay Boran, come ad esempio i calci nelle parti basse, i pugni a martello, i pugni con le nocche e il dorso della mano, le pressioni sulle parti molli (occhi- gola-genitali), i colpi di gomito alle vertebre o alla nuca, gli attacchi frustati a mano aperta, i colpi di palmo, le testate, molte prese di lotta come quelle alle gambe, numerosi tipi di proiezioni, le leve agli arti, al collo e gli attacchi alla spina dorsale, i soffocamenti ecc …

In un remoto passato, i Maestri di Muay dell’antico Regno del Siam misero a punto un sistema di lotta adattato alle diverse esigenze locali

Nel combattimento sportivo pur estremamente duro e impietoso, per fini di salvaguardia dei contendenti, “solo” i colpi di pugno portati con il guantone da pugilato, i calci, le gomitate e le ginocchiate ed un numero limitato di prese e proiezioni sono attualmente ammesse come azioni offensive, ritenendo molte tecniche praticate nella Muay tradizionale troppo pericolose e potenzialmente letali.

In un remoto passato, i Maestri di Muay dell’antico Regno del Siam, pur se sparsi in regioni del Regno lontane tra loro, grazie alle occasioni di incontro pubbliche, misero a punto un sistema di lotta basato sui principi comuni, adattato alle diverse esigenze locali con il risultato di ottenere uno stile di combattimento molto variegato e sofisticato.

Gli stessi nomi dati alle tecniche di combattimento potevano differire perché assegnati ad un dato movimento da Maestri provenienti da diverse regioni, ma in realtà si riferivano a principi ed azioni analoghe

I pilastri su cui si fondava ogni corrente stilistica e conseguentemente l’intero “corpus” della disciplina erano e sono tuttora rappresentati dalle forme base dette Mae Mai Muay e le forme accessorie dette Look Mai Muay.

Tutto il bagaglio fondamentale di principi, strategie, tattiche ed azioni offensive e difensive del Muay è contenuto nelle forme suddette codificate nel corso dei secoli nel numero standard di 15 Mae Mai e 15 Look Mai, le forme base ed accessorie vengono sempre studiate con un gran numero di varianti estremamente importanti, portando il numero totale a 108 tecniche.

Oltre alle fondamenta  del sistema, ogni Maestro del passato remoto più recente ha nel tempo affinato, testato ed in seguito codificato un numero variabile di tecniche indispensabili per apprendere l’uso delle armi naturale del corpo, dette Chern Muayed

Un numero in continua evoluzione di difesa e contrattacco avanzate, dette Kol May Muaythai, il livello più alto da raggiungere per ogni praticante di Muay Boran è rappresentato dallo studio e dall’applicazione delle Kon Mai Muay, attraverso le quali è possibile raggiungere le radici di ogni corrente stilistica, sia sotto l’aspetto teorico che sotto quello dell’aspetto pratico.

I colpi particolari portati con varie parti della mano, chiusa o aperta, gli attacchi portati con le anche,le spalle, gli avambracci ,così come le torsioni o le rotture  articolari o i colpi multipli (due o tre attacchi contemporanei) eseguiti direttamente o con salti, sono solo una parte dell’enorme bagaglio tecnico offerto dalle Kon Mai, anni di studio e di pratica appassionata sono necessari per tali movimenti complessi parte integrante degli automatismi del vero combattente di Muay.

Oltre alle difficoltà intrinseche di tali tecniche avanzate, come le forme base ed accessorie, anche per le Kon Mai la nomenclatura può rappresentare in prima battuta un notevole ostacolo all’apprendimento, i nomi complessi utilizzati traggono origine dal poema epico Ramakien (versione Thai del Ramayana indiano) o in altri casi dalle azioni tipiche degli animali reali o mitologici, o semplicemente da atti di tutti i giorni, facili da ricordare.

Certamente non per un thailandese, ma per un appassionato straniero la confusione creata da tali nomi non è da sottovalutare

Inoltre, come avviene per le Mae Mai, anche nel caso delle Kon Mai ad uno stesso nome non necessariamente corrisponde la stessa tecnica, nella interpretazione di due diverse scuole , un esempio per tutte è la Kon Mai detta Narai Ban Sian che, per alcuni Maestri rappresenta un colpo di pugno alla tempia, mentre per altri indica un calcio circolare al collo.

E come detto questo non è un caso unico, da tutto ciò, quindi, deriva la necessità imprescindibile di studiare queste tecniche avanzate sotto la continua guida di un Kru Muay esperto, con il rischio in caso contrario di essere indotti continuamente in errore acquisendo difetti gravi difficili da correggere.

Ai fini di una reale completezza l’lMBA ha da sempre voluto inserire nei propri programmi tutte le impostazioni stilistiche provenienti dalle varie regioni del Siam, al fine di fornire ai praticanti di Muay Boran un panorama completo delle possibilità tecniche offerte dal Muay tradizionale, e le tecniche Kon Mai Muay non fanno eccezione a questa regola.

Come si usa dire in Thailandia, il combattimento interpretato nel Muay è come una cascata di gocce d’acqua che cade sulle foglie di loto, le gocce d’acqua seguiranno il contorno delle foglie in maniera armonica e fluida, giungendo inesorabilmente al loro obiettivo da tutte le direzioni.

È questo che deve fare il combattente di Muay, adottando tutti i micidiali mezzi tecnici di cui dispone per aggredire e sconfiggere l’avversario.

Note