Quanti Sensei sono realmente qualificati per insegnare una disciplina così difficile?

I lottatori, fuori controllo, ripresero la lotta avventandosi uno sull’altro come in una lotta tra cane e gatto. Varie cinture nere e altri assistenti saltarono allora sul ring. Quando smisero di lottare, la gente che era salita sul ring tentò di attaccare un uomo con la pelle di colore differente, come se un’onda razzista fosse sul punto di esplodere nel Karate americano. Gli organizzatori del torneo a questo punto pensarono di tenere dei tornei separati per bianchi e neri, sperando che lo spirito del Bushido restituisca la saggezza agli atleti di Karate prima che degenerasse tutto nei tornei

La filosofia del Bushido finisce sempre per apparire in discussioni accademiche di questo tipo, l’ideale sarebbe che prevalesse sempre lo spirito del Bushido, così non ci sarebbero problemi, ma quanti Sensei sono realmente qualificati per insegnare una disciplina così difficile?

Quanti oggi possono dire oggi ai loro allievi “Seguitemi ,che io vi indicherò la strada“?

Il mio Maestro “Nakaashi” una volta mi ha detto I pregiudizi sono un atteggiamento della mente, la discriminazione è un’azione”.

Uno può apparire senza l’altro, i comitati e le commissioni possono formarsi per creare un codice di condotta che elimini il pregiudizio di fondo, ma c’è un solo modo per combattere i pregiudizi: un cambiamento di carattere, aiutato ed appoggiato dalla disciplina e dal rispetto.

I Maestri di una volta avevano la risposta. Per loro, nei loro insegnamenti era l’Etica: sapevano che la natura di un uomo non cambiava perchè si vestiva con abiti civili o con il gi.

Il cambiamento del carattere deve essere fatto dall’allenamento, un allenamento con una severa disciplina

La continua ripetizione e revisione delle basi, anno dopo anno, fu pensata per fare una selezione e lasciar fuori gli allievi troppo emotivi e impazienti.

Gli istruttori il cui comportamento si basa più sulla rottura che sulle promesse non dovrebbero parlare, nessuno può negare che l’atteggiamento degli allievi rifletta l’ambiente dei Dojo nel quale si allenano, ogni Dojo è unico, ognuno ha nel suo specifico ambiente la sua specifica personalità, un Dojo è il riflesso dei Sensei, dell’organizzazione e dell’ambiente.

Generalmente, un Dojo attrae e conserva gli allievi che si inseriscono nel suo ambiente

Se un Sensei segue una traiettoria deviata, i suoi allievi seguiranno la stessa traiettoria, c’era una vecchia storia che illustra questo punto:

Perché non cammini dritto figlio mio? Disse un vecchio granchio a suo figlio, devi imparare ad andare dritto!Insegnami come, padre, rispose il giovane granchio, e quando andrai dritto, proverò a seguirti.

Un’immagine vale più di mille parole e finché i Sensei di questo paese non agiscono seguendo questo principio, il Karate sarà come il vecchio granchio che non riuscì a rispondere al proprio figlio.


Era appena finita la guerra del Pacifico e l’occupazione del Giappone era in pieno svolgimento

Una sera, dopo aver visto un film, Arai andò a camminare a Isezaki-cho, la strada principale di Yokohama, da dove provenivano grida, voci, parolacce che ascoltava ed il suono di una rissa a Negishiva, nell’unico luogo aperto tutta la notte.

Quasi tutti i giapponesi che si trovavano per strada a quell’ora erano magnaccia, prostitute, ladri e delinquenti

Era appena finita la guerra del Pacifico e l’occupazione del Giappone era in pieno svolgimento, quasi tutti i giapponesi che si trovavano per strada a quell’ora erano magnaccia, prostitute, ladri e delinquenti, il resto erano uomini delle Forze Armate statunitensi e marinai della marina mercantile che, al crepuscolo, si riunivano nel Ne gishiya per prendersi un ultimo drink o farsi uno spuntino, in questo miscuglio così eterogeneo di gente, le risse notturne erano abituali e il Negishiva era il luogo adatto a questo.

Ci fermammo a guardare e la rissa finì in piazza, di fronte all’entrata, un marinaio della mercantile stava lottando con due soldati e un bullo, il marinaio non riusciva quasi a reggersi in piedi, un gancio sinistro nello stomaco lasciò uno sei soldati a terra e un uppercut destro lasciò l’altro stordito.

Quando stava andando dal bullo, una bottiglia che qualcuno lanciò dalla folla gli colpì alla testa e lo atterrò

La folla corse verso di lui, gli diedero calci violentissimi e, come lupi intorno ad una preda indifesa, riempirono l’ambiente di suoni spaventosi. All’improvviso, Arai si avventò sulla folla per aiutare l’uomo, emise un kiai come non si è più sentito da quella notte di novembre, il suo kiai fece tacere di colpo la folla assetata di sangue e restarono pietrificati, proprio allora apparve la Polizia Militare e, all’improvviso, la folla scomparve.

La mattina seguente, prima dell’alba, Arai andò nel cortile antistante la casa e iniziò a praticare kiaijutsu, il Sensei diceva sempre “Devi tirar fuori il tuo spirito attraverso il suono“ dopo la notte precedente Arai si rese conto che il Kiai che aveva emesso era un Kiai di stordimento, era un buon kiai che utilizzato in momenti chiave del combattimento poteva pietrificare l’avversario o paralizzarlo, doveva essere una vera e propria arma.

In genere il kiai emesso durante la pratica delle arti marziali è un semplice grido dalla gola, ma il vero si tira fuori in modo esplosivo dalla zona addominale, in coordinazione con il diaframma, la posizione della lingua è importante, le diverse posizioni della lingua danno luogo a diversi tipi di kiai.


Muso Gonnosuke affermava che aveva sconfitto in un combattimento l’incomparabile Miyamoto Musashi utilizzando un bastone

La sua affermazione era difficile da credere, poiché nessuno era riuscito a battere Miyamoto in un duello con la Katana, e tanto meno con un bastone, la storia inoltre raccontava che Miyamoto aveva vinto gli avversari in sei duelli a morte, per questo l’impresa di Gonnosuke doveva sembrare incredibile.

Secondo quanto si racconta, accadde una seconda volta, Miyamoto sconfisse Gonnosuke in un primo combattimento ma gli risparmiò la vita, la seconda volta, dopo aver studiato per tre anni come battere  Miyamoto, ci riuscì con un lungo Bo di più di un metro e lasciò che Miyamoto se ne andasse risparmiandogli anch’egli la vita, così come aveva fatto lui con la sua.

Arrivava perfino a dover rifiutare nuovi allievi, poiché il suo Dojo avrebbe potuto correre il rischio di crollare

Il contributo di Gonnosuke ai posteri comunque non è questo fatto rilevante solo nelle arti marziali, ma è stato anche il primo ad introdurre i principi nel mondo dello spettacolo delle arti marziali e le rese attrazioni per un pubblico desideroso di pagare per vederle, riuscì anche a fare del suo modo di vestire un altro spettacolo, si vestiva come un pavone reale e si pavoneggiava come tale, tutti i suoi movimenti erano calcolati, come si dice nel mondo dello spettacolo, nessun artista vale più di ciò che può ottenere al botteghino, la gente accorreva in massa per vederlo lottare e vedere come muoveva il suo corpo.

Arrivava perfino a dover rifiutare nuovi allievi, poiché il suo Dojo avrebbe potuto correre il rischio di crollare, Gonnosuke era inoltre un uomo d’affari sensato ed intelligente, con una mente fredda, non faceva quello che fanno oggi molti professionisti, far salire i prezzi alle stelle.

È un peccato che non si sia scritto molto su di lui, è probabile che i tradizionalisti abbiano detestato il suo lato professionale, ma in quel momento chi poteva prevedere eventi futuri che si sarebbero verificati 500 anni dopo?

Un buon Sensei deve trasformare il potenziale di un allievo in qualcosa di reale, ogni allievo può diventare potenzialmente un Maestro ed è il Sensei che si fa carico di motivare ed indirizzare l’allievo perchè questo possa scoprire se stesso. La motivazione del Sensei ha un effetto simile al processo che fa trasformare una crisalide in una bella farfalla


Narra un atleta

Narra un atleta: eravamo da tre giorni in un programma di allenamento estivo in montagna e si stava rivelando duro, ci restavano davanti sette giorni di un corso di dieci giorni, stavamo imparando allenamento di arti marziali e sopravvivenza in montagna.

Dovevamo adattarci per ottenere cibo da Madre Natura

Era difficile sopportare il rigoroso allenamento che aveva stabilito il professore e, inoltre, dovevamo imparare tecniche di sopravvivenza, dovevamo adattarci per ottenere cibo da Madre Natura, per me non era molto complicato, ma per un mio compagno Tanaka stava diventando molto dura.

Tanaka non era una persona molto comunicativa ma, ogni volta che apriva bocca, l’unica cosa di cui parlava era del buon cibo che c’era nel quartiere cinese di Yokohama “Non credo di essere un Samurai, ora che ci penso, i miei antenati erano agricoltori, una cosa è certa, dovevano avere sempre qualcosa da mangiare “ .

Tutti finimmo col perdere peso, a volte Sensei diceva: “Vi stanno diventando grandi i pantaloni? Ricordate che quanto più lunga è la cintura, tanto più corta sarà la vita“.

Un giorno, dopo aver imparato a catturare pesci nel fiume con un arpione, Tanaka mi disse “Sai ora che ci penso, non ho mai sentito parlare di un Samurai grasso, probabilmente l’obesità gli avrebbe impedito di fare movimenti e avrebbe diminuito la sua resistenza, sto imparando a valorizzare questa esperienza, sto iniziando a capire perché il Sensei ha incluso questo tipo di allenamento.“

L’ultima notte il Sensei di diresse verso di noi e disse: “In tutta la sua vita Miyamoto Musashi partecipò a 60 combattimenti, la maggior parte mortali, il suo primo combattimento fu a 13 anni e l’ultimo quasi a 30, in seguito non tornò più a lottare e morì sul tatami, da vecchio ed in pace“.

Decisamente, fu una delle figure più importanti del Giappone, tuttavia non riuscì a trovare un successore, mentre lo trovarono figure meno abili di lui, Miyamoto ha commesso lo stesso errore che commettono molti bravi Maestri, tentò di formare un allievo a sua immagine e somiglianza.


Un buon Sensei non è colui che forma un allievo come lui, ma colui che trasforma il potenziale del suo allievo in realtà

Io sono io e tu sei tu, quando arriva il tuo momento, dovrai trasformarti in te stesso, e il modo per farlo è insegnare le arti marziali come un’esperienza totale, non come un’arte specializzata.

Note