La paura, una volta manifestata in sintomi, non è altro che una sindrome che si concretizza in un quadro ben definito di alterazioni psicosomatiche. Vediamo assieme alcuni esempi di questa condizione


Alcuni esempi reali

Primo scenario

NEW YORK, giovedì 3 giugno 2005. I giornali della città riportavano la notizia di una sparatoria nella quale ferirono un poliziotto: si era salvato miracolosamente grazie al suo corpetto antiproiettile.

In quella stessa notizia veniva sottolineato il fatto che, mentre l’ufficiale risultato ferito aveva affrontato il delinquente, il suo collega era fuggito spaventato dalla scena.

Tutti i giornali erano d’accordo nel dare risalto al fatto in particolar modo per l’impressionante atto di vigliaccheria del collega.

Secondo scenario

Tempo fa fece scalpore la notizia che Alex Gong, direttore del Fairtex Gym in California, era stato vittima di alcuni colpi di pistola ed era morto in una delle strade più frequentate di San Francisco.

Gli avvenimenti erano stati i seguenti: un conducente, che viaggiava in una jeep, era andato a sbattere contro la sua auto che era parcheggiata, immediatamente si era dato alla fuga.

Alex lo aveva seguito a piedi fino ad acciuffarlo più avanti, il conducente si era fermato ad un semaforo rosso, nel momento in cui Alex lo aveva raggiunto, l’individuo in questione aveva estratto un’arma ed aperto il fuoco contro di lui, perdendosi poco dopo in mezzo al traffico.

Alex era stato colpito appena sopra il cuore, una ferita mortale. Più tardi ritrovarono il Cherokee abbandonato in un altro luogo.

Per chi non conosce Alex Gong, va detto che era campione del mondo di Muay Thai, il suo nome aveva brillato di luce propria a Las Vegas, in altre parole un artista marziale molto ben preparato.

Terzo scenario

Giovedì 12 settembre 1991, l’ufficiale di polizia Hèctor Antonio Fontanez Diaz morì a causa dei colpi di pistola ricevuti inseguendo in un vicolo cieco un criminale armato.

Gli ufficiali avvistarono Il criminale nella zona su una bicicletta ed in possesso di un’arma da fuoco.

L’ufficiale Fontanez fu in grado di rispondere al fuoco facendo centro almeno cinque volte, ed il criminale fu arrestato alla fine da altri ufficiali.

A suo tempo, questi fatti hanno occupato le prime pagine dei mezzi di comunicazione giungendo a catturare l’attenzione dell’opinione pubblica in generale.


Analizziamo assieme i dati

La ragione per la quale ne parlo è che nei tre eventi si è prodotta una violenza non prevedibile.

Essi rappresentano perfettamente la reazione umana che essa scatena.

Vale a dire le condotte che palesiamo di fronte ad un conflitto inaspettato, quando una persona affronta una situazione di stress come quelle a cui furono esposte le persone di questi esempi.

La reazione “normale, umana” è istintiva di sopravvivenza, e può essere di due tipi, paura (fuga) o rabbia (aggressione).

La fuga

Nel primo caso, cioè in quello del poliziotto in fuga, è facile giungere alla conclusione che la paura si sia impadronita di lui e sia riuscita a dominarlo.

La paura è un’emozione umana naturale, che ci aiuta a focalizzare le situazioni di stress.

Tuttavia essa è generalmente presentata come una debolezza del carattere, la paura può essere provocata da una minaccia reale o percepita come tale, la nostra reazione istintiva sarà quella di intervenire o, al contrario, quella di fuggire.

La condizione di paura una volta manifestata in sintomi non è altro che una sindrome

La paura, una volta manifestata in sintomi, non è altro che una sindrome che si concretizza in un quadro ben definito di alterazioni psicosomatiche quali:

  • Tachicardie o bradicardie;
  • Diminuzione o l’aumento di determinate attività ghiandolari;
  • Cambiamenti della temperatura del corpo;
  • ecc…

A sua volta tutto ciò produce negli individui trasformazioni in determinate parti del corpo, che li spingono ad agire in una direzione o in un’altra.

Nel caso di Alex Gong e del poliziotto Fontanez, furono la rabbia e il coraggio a determinare la loro reazione.

Le tre reazioni umane primarie sono il coraggio o rabbia, la paura e l’amore

Le prime tre esplodono come risultato di una reazione immediata ad uno stimolo esterno, o come risultato di un processo soggettivo indiretto, derivante dalla memoria, dall’associazione o dall’introspezione.

La cosa curiosa di tutto ciò è che le strutture anatomiche dove risiedono i controlli di queste reazioni, si trovano tutte nella stessa porzione del nostro cervello centrale, l’ipotalamo.

L’ipotalamo controlla un’ampia gamma di funzioni vitali del nostro organismo.

Dirige anche la risposta tipica del “correre o lottare” del sistema nervoso autonomo, l’eccitazione o la paura costringono i segnali a viaggiare verso l’ipotalamo, il quale produce a sua volta tachicardia o accelerazione del polso e della respirazione, pupille dilatate ed aumento del flusso sanguigno.

Quando le persone si arrabbiano o hanno paura cominciano a pensare dal cervello centrale invece che dal cervello anteriore

Quando le persone si arrabbiano o si spaventano, cominciano a pensare e, quindi, ad agire dal cervello centrale invece che dal cervello anteriore, che è dove risiede la “mente umana” o il cervello più avanzato.

So che non suona molto attraente, ma nonostante la nostra evoluzione apparente, l’unico modo di avere influenza su questa zona del cervello è usare lo stesso metodo che funziona con i cani: il condizionamento psicologico.

Vale a dire ripetere esattamente lo stimolo che si potrebbe affrontare nella realtà e perfezionare la risposta desiderata una volta dopo l’altra, in modo che nel bel mezzo di un’eventuale crisi il cervello abbia una più alta probabilità di reagire nel modo desiderato, benché ci si trovi in una situazione di stress estremo.

In definitiva, questo è ciò che facciamo quando ci alleniamo ,imparare a condizionare o a controllare queste emozioni primarie, sia se si tratta di allenamenti polizieschi, che di arti marziali.

CONDIZIONAMENTO PSICOLOGICO

Come sappiamo la maggior parte dei dipartimenti di polizia e delle agenzie di sicurezza cerca di educare i loro membri con qualche tipo di allenamento, che li aiuti a fare meglio il loro lavoro, tuttavia le limitate possibilità in termini economici, la perenne mancanza di personale, oltre alla minaccia costante delle procedure giudiziarie, fanno si che, sia i dipartimenti di polizia che le agenzie di sicurezza, limitino in un certo senso le possibilità di allenare il loro personale in modo più realistico.


Un altro esempio pratico: l’addestramento al poligono

Per esempio nella maggior parte dei poligoni di tiro polizieschi si seguono protocolli di sicurezza che vanno a scapito dell’introduzione della pressione psicologica nell’esercizio, cosa che apporterebbe agli esercizi stessi molto più realismo ed efficacia.

  • Si spara dopo aver sentito un suono preciso emesso dagli istruttori;
  • Si usano cuffie per diminuire il rumore degli spari (per prevenire il danno acustico);
  • Si spara da una linea predeterminata, la quantità di pallottole che stabilisce la torre di controllo;
  • Si spara ad un’ora e in un luogo predeterminato, ad oggetti generalmente immobili, che naturalmente non rispondono al fuoco.

In realtà, l’allenamento offerto è generalmente accettabile quanto alla formazione fisica e tecnica dell’allievo, sarà l’atteggiamento del partecipante di fronte all’allenamento che alla fine deciderà la portata e l’autenticità dello stesso.

È l’allievo che deve trovare un modo di integrare la parte psicologica e tattica al suo allenamento, ed adattare i livelli della sua preparazione personale alla realtà.


Ci sono quattro livelli di condizionamento mentale

Tutti rispondiamo agli stimoli in funzione dello stato mentale in cui ci troviamo in quel momento, per questo motivo, per essere capaci di rispondere ad un possibile attacco inaspettato, dobbiamo coltivare l’allerta rispetto a tutto quello che sta succedendo intorno a noi.

Sebbene sia vero che non è pratico né appropriato vivere “col dito sul grilletto”, non lo è nemmeno voler vivere la propria vita in un limbo di spalle al mondo che ci circonda, trasformandosi così in un bersaglio ambulante.

In alcuni corpi militari come nei servizi di pronto soccorso, i differenti livelli di allerta sono insegnati attraverso un sistema che usa un codice di colori, che rappresenta i differenti tipi di coscienza dell’esperienza di un essere umano.

CONDIZIONE BIANCA

È lo stato mentale in cui la maggior parte delle persone vive la sua vita.

Nella condizione “bianca” non ci si aspetta nessun tipo di problemi, né si cercano problemi, in questa condizione ci sentiamo ed agiamo perfettamente fiduciosi e sicuri.

È come se il mondo che ci circonda fosse la nostra stanza, e noi avessimo il controllo di tutto quello che succede attorno a noi.

Pensiamo che niente di male ci può succedere, è la condizione idonea per diventare delle vittime.

CONDIZIONE GIALLA

Questa è la condizione nella quale si dovrebbe stare quando ci si trova in pubblico, cioè in un ambiente che non è intimo o familiare.

Corrisponde all’equivalente mentale del semaforo, cioè, questo stato ci suggerisce di procedere con precauzione, si deve essere coscienti di ciò che accade attorno a noi.

Per esempio chi vi sta dietro, va mantenuta sempre la distanza perlomeno di un braccio dagli estranei.

È conveniente, inoltre, abituarsi a giocare un gioco mentale, analizzando le persone che ci circondano: che tipo di persone possono essere… che situazioni potrebbero prodursi inaspettatamente ecc…

In questa condizione si devono ascoltare i propri istinti, attenti a qualunque eventuale pericolo.

CONDIZIONE ARANCIONE

A questo livello si deve capire che sicuramente… qualcosa non va per il verso giusto.

Si deve ammettere che esiste un pericolo, questo è uno stato d’allarme, essenzialmente la decisione è di allontanarsi o di prepararsi ad agire.

CONDIZIONE ROSSA

In questa condizione l’azione è imminente.

Non appena la minaccia si manifesta, si deve agire, qualunque risposta o colpo che si stia preparando, deve essere portato a compimento immediatamente, con tutta la velocità e l’aggressività possibili.

In questo momento si deve esercitare un controllo sulle proprie emozioni, non sopprimerle.


IN CONCLUSIONE

Allenarsi per partecipare ad un torneo, per migliorare la propria immagine fisica, persino per mantenere la salute sono ragioni adeguate, ma naturalmente non ci si prepara ad affrontare situazioni spontanee di vita o di morte.

Malgrado la paura sia un’emozione così frequente, sono molto poche le persone che si allenano immergendosi in circostanze che evochino questa emozione.

L’obiettivo durante l’allenamento dovrebbe essere quello di considerare seriamente questo tema e lavorare di fatto sullo sviluppo dell’autocontrollo totale della paura e della rabbia, due reazioni tra le più sconvenienti in un conflitto inaspettato, che possono risultare letali.

Note