Continua la rubrica di Paolo Algisi dedicata ai luoghi comuni della storia più duri a morire

DANTE DI PROFESSIONE ERA UN POETA



Dante dedicò gran parte della sua vita a scrivere,ma la sua vera professione era un’altra: Quella di medico.

Lo provano le regolari iscrizioni, a partire dal 1295, all’arte dei medici e degli speziali e il fatto che indossasse spesso un vestito lungo rosso, si trattava del “lucco”, che rendeva ragione di una professione di un certo rango.

La sua scelta ebbe uno scopo preciso, a Firenze una legge obbligava chiunque volesse ricoprire cariche pubbliche ad immatricolarsi in una delle principali associazioni di professionisti, e Dante, per poter esercitare la sua grande passione per la politica, scelse la professione medica.

Ma Dante fece mai il medico?

Pare di si, a giudicare dalle fonti storiche, è certo che tra il 1285 e il 1287 frequentò Taddeo Alderotti, docente all’università di Bologna, figura di punta nell’ambiente medico del tempo, ma la vera prova è la familiarità con i termini medici che il poeta dimostra di avere nel suo capolavoro la Divina Commedia, soprattutto nell’inferno, che è anche un viaggio nel mondo del dolore fisico e della malattia.

Ecco qualche esempio, nel XXIX canto, descrivendo la pena a cui sono sottoposti i falsari, riporta con minuzia i sintomi della scabbia, i dannati, pieni di macchie, (dal capo al piè di schianze macolati) e in preda ad un forte prurito (del pizzicor, che non ha più soccorso), si grattano l’un l’altro, ma forse la descrizione più cruda è quella, nel XXVIII canto, del corpo squarciato di Maometto, con tanto di interiora in bella vista tra le gambe pendean le minugia (le budella) , la coratra (gli organi intorno al cuore) pareva e l’tristo sacco (lo stomaco) che merda fa di quel che si trangugia.

NOME DI BATTESIMO DI MOZART ERA AMADEUS



Quando nacque a Salisburgo, in Austria, il 27 gennaio 1756, fu battezzato Joannes Chrysostomus Wolfgangus Theophilus Mozart, ma allora perché oggi lo chiamiamo Wolfgang Amadeus  Mozart, e lui stesso si firmava così.

In famiglia era chiamato Wolfgang, ma presto cominciò a usare il suo terzo nome latinizzato, il greco Theophilus divenne (per seguire una moda diffusa) il latino Amadeus e, dal 1777 , il francese Amadè. Tutti nomi con lo stesso significato, come nell’italiano Amedeo “amato da dio”.

L’AMORE FRA ABELARDO ED ELOISA FU PLATONICO



La storia di Abelardo (chierico e professore di teologia, nato in Bretagna nel 1079) ed Eloisa, diventata celebre per il focoso epistolario amoroso che i due si scambiarono, iniziò che lei aveva appena 17 anni.

Lui l’avvicinò diventandone il precettore, ma ben presto, come scrive lo stesso Abelardo furono “più i baci che le spiegazioni” Dalla loro relazione clandestina nacque persino un figlio, che fu chiamato Astrolabio, seguì un matrimonio riparatore celebrato in gran segreto (per non intralciare la carriera di lui), ma i parenti di lei mal digerirono la faccenda e fecero evirare Abelardo e rinchiudere Eloisa e il figlio in convento.                        

ALBERTO DA GIUSSANO PARTECIPÒ ALLA BATTAGLIA DI LEGNANO



Niente affatto, anche perché Alberto da Giussano pare non sia mai esistito, si tratta, per la maggior parte degli storici, di un personaggio leggendario che sarebbe vissuto nel XII secolo, citato in opere letterarie scritte nel Tardo Medioevo.

Il nome appare per la prima volta in una cronaca storica dedicata alla città di Milano ( XIV) secolo, scritta per compiacere in toni eroici Galeazzo Visconti .

Qui si parlò di Alberto da Giussano come del cavaliere che si distinse nella Battaglia di Legnano (29 maggio 1176).

Da allora il personaggio è rimasto nell’immaginario collettivo  anche perché la battaglia è stata celebrata nel medioevo come esempio di vittoria di popolo contro l’invasore straniero, (al punto che Goffredo Mameli parla di Legnano nel nostro inno) .

Dal 1982 Alberto da Giussano ha conosciuto un’altra inaspettata fortuna, apparve infatti nel simbolo della Lega Lombarda e, dal 1989, in quello della Lega Nord.

HOUDINI MORÌ DURANTE UN SUO NUMERO



La morte del celebre illusionista Harry Hudini, nel 1926, non fu dovuta ai pericoli a cui si sottoponeva durante i suoi numeri (sotto quello in cui si liberava da una vasca d’acqua sigillata).

Fu invece colpa di uno studente appassionato di arti marziali che lo sfidò ad una prova di forza, colpendolo con un pugno al ventre senza dargli però il tempo di preparare i muscoli addominali.

Il giorno dopo Houdini accusò forti dolori, ma andò lo stesso in scena, pochi giorni dopo a Detroit al calare del sipario stramazzò al suolo con la febbre a 40.

La diagnosi fu peritonite, il colpo all’addome aveva forse contribuito a perforare l’appendice già infiammata. Operato d’urgenza Houdini morì il 31 ottobre 1926, a 56 anni.

DOPO L’ABIURA GALILEO AGGIUNSE SOTTOVOCE “EPPUR SI MUOVE”



Nel 1633 Galileo fu condannato dal tribunale dell’Inquisizione perché sosteneva che la terra ruotasse attorno al sole (e non il contrario), in procinto di recarsi a Roma per il processo, lo scienziato scrisse una lunga lettera all’amico Elia Donati definendo il libro in cui spiegava le sue teorie (il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo) “esecrando e più pernitioso per Santa Chiesa che le scritture di Lutero e Calvino“ Era quindi del tutto consapevole della gravità della situazione e del pericolo a cui lo esponevano le sue scoperte.

La storia ci racconta che Galileo non fu condannato a morte perché accettò di abiurare, cioè di disconoscere le sue intuizioni scientifiche e ristabilire la verità voluta dalla Chiesa.

Risulta però difficile credere che (come vuole la tradizione) in un clima di tale ostilità (che pochi anni prima aveva condotto al rogo il filosofo Giordano Bruno) Galileo si azzardasse a soggiungere, seppur sottovoce, la frase  “Eppur si muove”, riferendosi alla Terra, e infatti non andò così, questa ricostruzione fu inventata nel 1757 dal giornalista Giuseppe Baretto, che scrisse un’antologia in difesa della scienziato.

Fu lui a dipingere galileo più audace e temerario di quanto non fosse stato in realtà.

D’ANNUNZIO SI FECE TOGLIERE DUE COSTOLE?



Quella secondo cui il “Vate” si fece asportare due ossa del torace per praticare l’autofellatio è una diceria diffusissima e non solo tra i banchi di scuola, eppure è decisamente fantasiosa.

Intanto, l’idea dell’asportazione delle costole possa consentire l’autofellatio è priva di fondamento dal punto di vista medico.

E poi nessuna biografia di Gabriele D’Annunzio riporta questo dettaglio, è però facile capire perché la diceria ebbe fortuna, era molto credibile per un personaggio noto per l’intensa attività erotica e per l’esaltazione letteraria del piacere sessuale.

EINSTEIN ANDAVA MALE A SCUOLA



Diversamente da una diffusa leggenda (molto tenace perché paradossale) che lo dipinge come un pessimo studente, soprattutto in matematica. Albert Einstein ebbe invece un rendimento scolastico sempre buono.

È vero però che, in giovane età, il futuro scienziato si sentiva a disagio sui banchi per l’autoritarismo imperante anche nelle scuole tedesche e che i suoi atteggiamenti irritarono più di un professore.

Note